Manifestazione ad Avellino contro il “mostro costituzionale” partorito dal Governo Renzi
La riforma costituzionale è un ibrido, un brutto pasticcio politico che andrebbe a incidere profondamente e negativamente sulla nostra vita politica se venisse approvata. Dunque quando saremo chiamati alle urne a ottobre, dovremo dire NO a questo “mostro” che è stato partorito dal Governo Renzi.
Questo è il messaggio che è stato lanciato dal convegno che si è tenuto l’altro ieri ad Avellino per il NO al referendum costituzionale. Un pensiero che ha visto concordi tutti i partecipanti convenuti: l’on. Gianfranco Fini, l’on. Giuseppe Gargani e l’on. Pietro Di Muccio de Quattro. Un parterre politico estremamente variegato e di diversa estrazione e tradizione che si è ritrovato unito per ribadire le ragioni della propria scelta.
A presentare il consesso Sabino Morano di Primavera Irpinia e Massimo Passaro di Libera Destra Irpinia.
L’avvocato Passaro ha fatto una breve introduzione: “Il referendum parte da un governo che doveva essere solo di transizione e fungere da traghetto alle elezioni e che invece si è sedimentato, quindi è un referendum imposto da un governo non votato dagli Italiani. Un altro paradosso”, ha continuato Passaro, “sono i messaggi antitetici che ci sta mandando questo governo: al referendum sulle trivelle ci ha chiesto di astenerci, di rinunciare a un nostro diritto/dovere di voto, ora invece ci chiede di andare a votare. Non mi pare un atteggiamento corretto. In Inghilterra, ad esempio, tutti i cittadini stanno ricevendo a casa le informazioni in previsione delle votazioni per il Brexit, e così dovrebbe fare ogni politica seria. Si vuole cambiare oltre 1/3 della Costituzione, il 35%, esautorando di fatto il Senato dei suoi poteri. I quesiti andrebbero invece presentati ai cittadini in maniera separata in modo tale che essi possano ben comprendere cosa andranno a votare. Non ci sono dubbi che siamo di fronte a un’oligarchia di potere”.
A prendere la parola per primo è stato Di Muccio, che ha evidenziato l’importanza del referendum definendolo uno snodo storico dopo il quale la politica italiana non sarà più la stessa e, senza mezzi termini, ha indicato questa riforma istituzionale come un “renzino”, o meglio, un ronzino che sovverte il principio democratico della Costituzione. “Il ridimensionamento del Senato non semplificherà i rapporti tra le istituzioni”, ha continuato Pietro Di Muccio, “perché solo la Camera potrà concedere la fiducia al governo e il Senato sarà un ente territoriale che non potrà più porre la questione di fiducia.” “La riforma”, ha terminato, “non è nell’interesse degli Italiani, ma nello specifico interesse di Renzi, tant’è che l’ha personalizzata”.
Affondo forte anche da parte di Gargani che ha palesato la sua preoccupazione per l’insensibilità del Parlamento di fronte alle anomalia portate avanti dal Governo.
“Un presidente che lega la sua esistenza politica a un referendum che riguarda tutti, offende gli Italiani”, sono state le sue parole, e ancora “L’art. 138 cost. prevede che la Costituzione si possa modificare, ma non si può pensare di riscrivere 47 articoli. Il rinnovamento presuppone un miglioramento, non un peggioramento”. “Il fronte del NO deve diventare un fronte politico per difendere lo stato di democrazia; bisogna aggregarsi, il collante è la difesa dal renzismo, dall’autoritarismo”, sono state le sue battute conclusive.
La scena finale del convegno è stata tenuta da Gianfranco Fini, che ha saputo calamitare l’attenzione della sala con le sue argomentazioni di profilo istituzionale. Fini ha posto l’accento sul fatto che la battaglia contro la riforma è trasversale, non ha, cioè, colore politico, e non sarà facile vincerla perché stiamo assistendo a una propaganda politica martellante in merito.
“Renzi chiede un plebiscito sulla sua azione”, sono state le parole di Fini, “Addiruttura sulla sua persona, e continuerà a farlo con slogan del tipo: volete un’Italia nuova o il conservatorismo? sempre ragionando nella logica della rottamazione. La verità è che la sua è una riforma pasticciata, un ibrido informe: non è il cancellierato di tipo tedesco, non è il semipresidenzialismo francese, né il premierato britannico. Si esce dalla repubblica parlamentare per entrare nella terra di nessuno” .
Fini ha poi affondato contro l’Italicum, la legge elettorale che, di fatto, introduce in Italia un sistema di governo basato sul partito unico e sul premier-padrone, intaccando il principio di pluralità voluto dai Padri Costituenti.
“Persino la Legge Truffa del ’53 era migliore perché il premio di maggioranza era previsto per chi raggiungeva il 50,01% di preferenze”. L’Italicum infatti prevede l’attribuzione del premio di maggioranza a una sola lista anziché alle coalizioni. Per legge viene attribuita la maggioranza politica e la guida del governo a un solo partito, a prescindere dalla volontà del popolo sovrano.
In questo modo viene reintrodotto nel nostro Paese un sistema di governo basato sul partito unico.
“Se passa il SI’ sarà modificata radicalmente la Costituzione da un governo che doveva restare in carica pro tempore”, sono state le parole dell’Onorevole Fini, “Questo è un paradosso che è stato dimenticato. La crisi della politica è qualcosa di più profondo della crisi dei partiti”, sono state le sue battute finali”, La battaglia sulla Costituzione è di grande interesse generale e per questo la partecipazione deve essere quanto più alta possibile”.