scritto da Nino Maiorino - 26 Giugno 2017 11:24

LA FINESTRA SUL CORTILE Perché non dare una chance a fra Gigino?

Confesso che quando devo parlare di Fra Luigi Petrone del Santuario di S. Francesco e Sant’Antonio di Cava, mi assale sempre una specie di timore, non è paura, piuttosto imbarazzo, legato probabilmente alla complessità del personaggio: il saio francescano ispira sempre l’idea della povertà, e tanti a questa idea sono legati, e perciò lo bersagliano con aspre critiche; ma come non riconoscere che sotto quel saio c’è una personalità di una forza incredibile e che ha saputo imporsi con le tante opere realizzate?

In questi giorni si sta ampiamente parlando dell’intervista rilasciata da fra Gigino a una emittente televisiva locale, con la quale il frate ha detto di volersi candidare a fare il Sindaco della città alle prossime elezioni amministrative che si terranno nell’anno 2020.

Molti hanno subito pensato ad una delle sua uscite estemporanee, derivante dagli ultimi screzi con l’amministrazione metelliana per i festeggiamenti civili e religiosi in onore di Sant’Antonio, per i quali il frate voleva luminarie in tutta la città, bancarelle per le principali vie del centro storico, e fuochi dal Castello; il Comune ha negato le luminarie e le bancarelle, consentendole solo nei dintorni del monastero, ed ha fatto qualche timida apertura per i fuochi, ma non dal Monte Castello, individuando siti alternativi i quali, sebbene predisposti dalla comunità francescana, sono stati poi rifiutati dal Comune; alla fine è giunto, all’ultimo momento, il divieto definitivo della Prefettura.

“Perché -si chiedono i fedeli- per la festa di S. Adiutore vanno bene fuochi dal castello e per Sant’Antonio no?”; e una risposta logica non si trova: forse Sant’Antonio è un Santo di serie b, oppure, più plausibilmente, c’è chi briga per relegare fra Gigino e i francescani in un cantuccio sempre più angusto?

Alla fine sembra che qualcuno abbia suggerito un compromesso: di abbinare i fuochi per S. Antonio a quelli per la festa di Castello; proposta a dir poco indecorosa, non solo per i tempi, ma principalmente per l’assurdità di voler abbinare i due spettacoli in una sola serata!

Quale sia la logica di tutto ciò è francamente difficile comprendere: la conclusione è che per Sant’Antonio niente illuminazione, niente bancarelle, niente fuochi.

Probabilmente questa è stata l’ennesima goccia che ha fatto traboccare il vaso, e fra Gigino, avvertendo una sempre maggiore emarginazione, è uscito con quella intervista, con il concomitante annunzio sulla sua pagina Facebook, e ha ufficializzato la sua prossima candidatura a Sindaco anche durante le funzioni di Sant’Antonio.

Rientrata da poco la richiesta di trasferimento da Cava, fra Gigino torna alla carica con questa nuova “provocazione”.

Ma è poi una provocazione? O questa nuova iniziativa di fra Gigino segue una logica ben precisa e, tutto sommato, coerente e conseguenziale?

Il ventennio trascorso dal frate a Cava, segnato da un susseguirsi di successi, derivanti prima di tutto dalla “incredibile” ricostruzione del Santuario, alla quale hanno fatto seguito innumerevoli iniziative collaterali, tutte di successo, rimarrà, volenti o nolenti i detrattori dal frate, nella storia della città e non solo; in Campania e in parecchie parti dell’Italia il Santuario cavese e fra Gigino sembrano un mito, e le folle di pellegrini che, ancora oggi, giungono a Cava sono la più concreta testimonianza.

Ma fra Gigino, nel bene e nel male, è un personaggio particolare, che si è fatto amare da tanti, e si è fatto odiare da altrettanti.

Coloro che lo apprezzano e l’hanno seguito sono convinti che, se non avesse avuto quel carattere, quel piglio, quella determinazione, non avrebbe potuto realizzare ciò è sotto gli occhi di tutti. E non hanno torto: per fare grandi opere occorrono grandi capacità, che fra Gigino ha dimostrato di avere e grazie alle quali ancora oggi il monastero attira tanti pellegrini.

E lo stesso Papa Giovanni Paolo II, allorquando durante la ricostruzione del monastero, ricevette la visita di fra Gigino e i suoi confratelli e gli venne riferito che il frate aveva un carattere non facile, il Papa, poi Santo, disse al frate: “Vai avanti, e che Dio ti benedica”. E fino a questo momento sembra che Dio non si sia tirato indietro.

Ma i detrattori cinguettano sulla mancanza di “francescanità”, di povertà, di umiltà che da quando c’è il frate imperano nel monastero. E, complici anche le spigolosità del carattere del frate, non tralasciano occasione per criticarlo, punzecchiarlo, sminuirlo, tentare di emarginarlo.

In tutto questo, essendo emerso qualche incidente di percorso nella ricostruzione del monastero (incidenti che non mancano mai di colpire chi lavora e realizza, specialmente opere di grande importanza e spese e notevole impegno), i superiori del frate hanno ritenuto di metterlo da parte affiancandogli confratelli che hanno preso in mano le redini della comunità, salvo, nella sostanza, a confermargli la loro fiducia, a incentivarlo a proseguire nella sua opera, giacché, a loro dire, fra Gigino può e deve dare ancora molto alla comunità.

Percorso ineccepibile, che però a fra Gigino va stretto, e più volte l’ha confermato, in tutte le sedi e a tutti coloro con i quali ha parlato.

E quando, a fronte delle motivazioni non infondate che il frate ha dato per la sua candidatura a Sindaco, gli è stato Obiettato che amministrare un monastero è cosa ben diversa dall’amministrazione di una città, candidamente ha risposto di non condividere, di avere dalla sua parte già migliaia di elettori, di aver già gettato le basi per costituire una compagine amministrativa forte e determinata, di avere anche il sostegno di numerosi precedenti Sindaci, di avere alle spalle personaggi politici e amministrativi di levatura nazionale, di avere le idee chiare sui percorsi da fare e sulle opere da realizzare per far emergere la città da un immobilismo nel quale essa è relegata.

Come dargli torto in merito all’immobilismo, ed emarginazione della città, che sembra fuori da tutti i circuiti importanti, per esigenze storiche economiche ma anche per insipienza e pavidità di tanti amministratori?

Mi sono dunque chiesto: ma è proprio un pazzo fra Gigino?

Ma non sono stati tanti pazzi personaggi che hanno costruito imperi, cattedrali, opere monumentali sulle quali si è fondata l’umanità intera?

Ma è stato un pazzo quel Poverello d’Assisi che abbandonò gli agi della casa paterna, si spogliò persino delle vesti che il padre gli aveva dato, quasi a simboleggiare di non avere più nessun legame nemmeno con chi gli aveva dato la vita, per seguire quella pazzia della povertà e della ricostruzione della casa di Dio?

Ma è da pazzi andare a soffrire sul Monte della Verna, dove ricevette le stimmate e dove dormiva in una fredda e umida caverna sul Monte Penna, che ancora oggi scuote l’anima di chi ha avuto il privilegio di pregare in quel luogo?

Ma non è da quella pazzia che à nato il francescanesimo con le innovazioni e i benefici che esso ha portato, che ha cambiato l’Italia e parte dell’intero mondo?

Ma è un pazzo Papa Francesco che sta tentando in tutti i modi di riportare la Chiesa alle origini, di sfrondarla da orpelli ed inutili ornamenti per avvicinarla agli umili, ai poveri, facendo sentire che essa è parte attiva della loro vita, è vicina alle loro sofferenze ed ai loro disagi, ispirandosi proprio a quel Santo dal quale ha voluto prendere il nome?

Ma è stato pazzo Giovanni Paolo II quando raccomandò al frate di andare avanti per la gloria del Signore?

Ma sono tutti pazzi gli innovatori?

Ma se da quelle pazzie sono venute fuori tante opere e tanti benefici per l’umanità, perché non dare fiducia ad un frate, il cui unico sogno è di mettersi a disposizione di una comunità più estesa di quella di un monastero, per portare una ventata nuova a questa città vittima anche di tanti suoi detrattori?

Perché non dare a fra Gigino, che pensa di non poter dare più nulla alla comunità francescana, la possibilità di fare qualcosa per la sua città?

E in fondo cosa ci rimette la città con questo tentativo? Se andrà bene non potrà che gloriarsene e trarne vantaggio? Se dovesse andar male chi sarebbe responsabile se non il frate che testardamente ha voluto tentare?

In conclusione, non vedo perché non dare questa “chance” a fra Gigino: se il frate riuscirà a fare ciò che ha in mente la città ne uscirà cambiata e fra Gigino diventerà il neo-monarca cavese; se fallirà, poco male, tanto peggio di così…

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

Una risposta a “LA FINESTRA SUL CORTILE Perché non dare una chance a fra Gigino?”

  1. L’aspirazione di Padre Gigino a concorrere per la carica di Sindaco è piu’ che legittima a condizione che sia sciolta in modo netto la contraddizione di essere nel contempo curatore di anime e personaggio politico . Non si possono confondere i due piani. Su questa materia abbiamo già dato nel secolo scorso.Ve l’immaginate una campagna elettorale fatta a colpi di omelie? Mi fa inorridire come cittadino e come cristiano.

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