scritto da Pasquale Petrillo - 15 Febbraio 2017 08:58

Il Pd di Renzi, un partito di sinistra che guarda al centro

Un normale osservatore esterno al Pd non riesce davvero a comprendere il motivo della pretestuosa minaccia di scissione lasciata intravedere ad ogni piè sospinto dalla minoranza anti-renziana. Non voleva una corsa alle elezioni anticipate, ed è stata accontentata. Non voleva le primarie ma un congresso vero e proprio. Ed è stata accontentata. Sì, però lo vuole in tempi lunghi, ad ottobre-novembre, e non subito. E allora perché non un mese dopo, a dicembre prossimo, ovvero alla naturale scadenza? La verità è che la minoranza Pd non ha argomenti validi, e neanche soprattutto i numeri, per opporsi a Renzi. Bersani sostiene che la scissione è già avvenuta con il popolo del Pd. Forse ha ragione, ma quale migliore occasione di un congresso per far contare ancora una volta quel popolo che ora non si rivede in Renzi? Diciamoci la verità, la minaccia di scissione serve ad alzare eventualmente il prezzo. Di cosa? Del ruolo che la minoranza spera di giocare all’interno del Pd. A Renzi, in fondo, la scissione elettoralmente non fa paura più di tanto, ma deve prendere politicamente tempo e far finta che la cosa lo preoccupi. Non fosse altro perché i conti con la minoranza li vorrà di certo fare alle prossime politiche. E’ solo questione di tempo, altro che scissione. L’obiettivo di Renzi resta sempre uno, ed è grosso modo quello che De Gasperi assegnava alla Dc: un partito di centro che guardava a sinistra. Con una differenza non da poco, però. Per Renzi, infatti, il Pd dovrà sempre più essere un partito di sinistra che guarda a centro. Scommettiamo che sarà così? (foto Giovanni Armenante)

Giornalista, ha fondato e dirige dal 2014 il giornale Ulisse on line ed è l’ideatore e il curatore della Rassegna letteraria Premio Com&Te. Fondatore e direttore responsabile dal 1993 al 2000 del mensile cittadino di politica ed attualità Confronto e del mensile diocesano Fermento, è stato dal 1998 al 2000 addetto stampa e direttore dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi Amalfi-Cava de’Tirreni, quindi fondatore e direttore responsabile dal 2007 al 2010 del mensile cittadino di approfondimento e riflessioni L’Opinione, mentre dal 2004 al 2010 è stato commentatore politico del quotidiano salernitano Cronache del Mezzogiorno. Dal 2001 al 2004 ha svolto la funzione di Capo del Servizio di Staff del Sindaco al Comune di Cava de’Tirreni, nel corso del 2003 è stato consigliere di amministrazione della Se.T.A. S.p.A. – Servizi Terrritoriali Ambientali, poi dall’ottobre 2003 al settembre 2006 presidente del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Statale di Musica Martucci di Salerno, dal 2004 al 2007 consigliere di amministrazione del CSTP - Azienda della Mobilità S.p.A., infine, dal 2010 al 2014 Capo Ufficio Stampa e Portavoce del Presidente della Provincia di Salerno. Ha fondato e presieduto dal 2006 al 2011 ed è attualmente membro del Direttivo dell’associazione indipendente di comunicazione, editoria e formazione Comunicazione & Territorio. E’ autore delle pubblicazioni Testimone di parte, edita nel 2006, Appunti sul Governo della Città, edita nel 2009, e insieme a Silvia Lamberti Maionese impazzita - Comunicazione pubblica ed istituzionale, istruzioni per l'uso, edita nel 2018, nonché curatore di Tornare Grandi (2011) e Salerno, la Provincia del buongoverno (2013), entrambe edite dall’Amministrazione Provinciale di Salerno.

Una risposta a “Il Pd di Renzi, un partito di sinistra che guarda al centro”

  1. 15.02.2017 – By Nino Maiorino – La verità è che la tanto autocelebrativa minoranza del PD (quella che fa capo a Bersani, D’Alema, Fassina, Civati e, in misura minore, Cuperlo) non si è mai identificata in Renzi, non l’ha mai accettato, l’ha sempre considerato un intruso, con l’aggravante della giovane età, cosa che sarebbe stata superata se Renzi fosse stato meno ostile nei loro confronti e più accondiscendente alle loro indicazioni. Giacché non avevano capito che Renzi, proprio perché giovane, era qualcosa di diverso dai “capi storici” del PD (in particolare D’Alema e Bersani), si sono trovati spiazzati e non hanno saputo fare di meglio che ostacolarlo. Bersani dice il vero quando parla della già avvenuta scissione della minoranza PD, ma non ha il coraggio di trarre le conseguenze giacché sa che un nuovo partito fatto dalle minoranze non conterebbe più nulla: conviene di più rimanere nel PD di Renzi che imbarcarsi in una nuova avventura, con tutti i rischi che comporterrebbe.

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