Cava de’ Tirreni, intervista a Fabio Polverino: “Il bello del calcio è quello che non si vede!”
Intervista a Fabio Polverino, match analyst vicino all'ambiente aquilotto, che ci illustra l'importanza del suo ruolo per una squadra.
Questa settimana, presso i microfoni di TuttoCavese, abbiamo intervistato Fabio Polverino, match analyst vicino all’ambiente aquilotto. Approfittando delle conoscenze di Fabio, abbiamo deciso di improntare questa intervista su un aspetto decisamente più tecnico, portando alla luce qual è il ruolo dell’allenatore e sdoganando anche alcuni luoghi comuni.
Fabio, descrivi innanzitutto la tua professione: di cosa ti occupi?
Allora praticamente il mio ruolo di match analyst non è altro che una figura nata da pochi anni (almeno ufficialmente) per la Federazione. Si occupa prevalentemente dell’osservazione e dell’analisi delle partite: partendo dalla propria squadra, nel day-after alla gara si analizzano i 90 minuti di gioco, cercando i vari errori e gli aspetti da migliorare, oltre a cosa invece è stato positivo. Si procede inoltre analizzando anche l’avversario, dal suo modo di impostare le partite fino ai singoli calciatori, passando poi anche per gli obiettivi di mercato.
Compreso il ruolo di Fabio, passiamo ad un argomento decisamente più pungente, che ha diviso i tifosi in questi mesi. Si è discusso tanto riguardo il modo di giocare della Cavese, almeno nella parte iniziale del campionato. Spieghiamo però che la bellezza del gioco non va ricercata solamente nel calcio champagne o in un gesto tecnico spettacolare e una figura come un match analyst può spiegarci il perché:
Certo, è assolutamente così, anche se il concetto credo sia più relativo: uno spettatore può intendere la partita come spettacolare in base alle conoscenze possedute e a ciò che balza immediatamente all’occhio, come una buona azione, con svariati passaggi, che si conclude in gol. Io credo però che nel calcio, il bello è proprio quello che “non si vede”: un insieme di movimenti senza palla dei calciatori, l’attaccare uno spazio, effettuare uno smarcamento o una sovrapposizione. Questi sono tutti elementi che pesano in una partita e che portano, poi, all’obiettivo finale, il gol (o quantomeno la conclusione in porta). Per un occhio poco esperto tutto ciò è difficile da notare. Incide, tra l’altro, anche il fatto che spesso ci si concentra solo su dove viaggia la palla, mentre dall’altro lato del campo magari un giocatore effettua una mossa decisiva (come uno smarcamento o un attacco della profondità) che porta poi alla conclusione dell’azione. Siamo anche abituati a vedere le partite in Tv, dunque l’inquadratura ci impone questa concentrazione costante sulla palla. Ripeto, il bello di questo sport spesso si nasconde in quello che è invisibile.
Concentriamoci allora sull’argomento Cavese: quali sono alcuni tatticismi di mister Troise?
Sicuramente alcuni sono di difficile individuazione, ma provo a renderli in maniera semplice: Troise è un tecnico camaleontico. Riesce a camuffare bene le sue squadre, che partono con un modulo ma sanno trasformarsi in base agli avversari e alle situazioni da affrontare. Ad esempio, la Cavese in fase di possesso e di non possesso si dispone in maniera differente, non dando punti di riferimento precisi agli avversari. L’attenzione alle palle inattive, poi, gestite con una marcatura a zona e non a uomo, rappresentano una sua peculiarità. Nonostante i tifosi spesso non siano d’accordo, la marcatura a zona si rivela efficace, soprattutto se c’è intesa tra i calciatori. Poi ovviamente l’errore può sempre capitare, dovuto magari ad una cattiva interpretazione della propria area di marcatura.
Un altro aspetto che caratterizza Troise è la sua bravura nell’osservare l’avversario e cambiare il modo di gestire la partita: quando ad esempio la Cavese si difende, si raccoglie prevalentemente nella sua metà campo, per attaccare poi in contropiede. Ciò accade quando l’altra squadra è forte tecnicamente e cerca il possesso costante della palla. Quando invece chi c’è di fronte possiede doti tecniche meno pronunciate, il pressing cambia totalmente risultando altissimo: questo è fatto proprio per indurre l’avversario all’errore, recuperare palla e cercare una transizione offensiva.
La Cavese è in lotta per la promozione in Serie C, obiettivo che dista solo 4 partite. Quali potrebbero essere i cambiamenti principali, sempre a livello di gioco, che si riscontrano in C e non in D?
Le novità sostanzialmente iniziano già dal regolamento: in D hai l’obbligo di tenere in campo almeno 4 under per tutti i 90 minuti, cosa che in Serie C non esiste. Di conseguenza, molte squadre che mirano ad un campionato di vertice puntano spesso sull’esperienza (nonostante ci siano incentivi per lanciare i giovani). Un ragazzo proveniente dalla D potrebbe trovarsi di fronte calciatori che hanno calcato i campi della B o addirittura della A, con magari centinaia di presenze e reti all’attivo e ciò comporterebbe diverse difficoltà. Un’altra grande differenza, forse più scontata, è rappresentata dagli stadi in cui si va a giocare. Con tutto il rispetto, nel girone della Cavese di quest’anno poche piazze possono considerarsi di categoria superiore. In C invece lo scenario cambierebbe drasticamente: immagina trasferte come Pescara, Crotone, Taranto, Foggia, Catania e chi più ne ha più ne metta. La pressione sarebbe fortissima, il fattore testa gioca qui un ruolo decisivo. Speriamo di viverli però questi problemi!