MUSICA Gianmarco Silvetti: la musica, la techno, l’artista
Questa sera, 8 dicembre 2023, si esibirà al DISSONANZA di Baronissi Gianmarco Silvetti, dj romano, cultore della techno: scopriamo insieme cosa lo ha portato a diventare un grande esponente di questo genere.
Gianmarco Silvetti, nato e cresciuto a Roma, si potrebbe definire un anticonformista musicale “la cui passione per la techno non conosce limiti.” Nel 2014 decide di andare a Londra e fondare la propria etichetta, per trasferirsi un anno dopo a Berlino, dove vive tutt’oggi. Gianmarco è quello che definirei “artista a tutto tondo” e spero che grazie a questa intervista possiate comprenderne la portata.
Questa sera, 8 dicembre 2023, suonerà al DISSONANZA di Baronissi, occasione perfetta per venire a conoscenza del suo mondo e del suo modo di vedere la musica.
La nostra chiacchierata parte da una domanda semplice, forse scontata, ma che ci permette di inquadrare la sua figura:
“Come è iniziato il tuo percorso musicale?”
Bella domanda, sicuramente non scontata perché per ognuno esiste un percorso differente, soprattutto nella musica. Diciamo che sono partito un po’ avvantaggiato, in quanto mio padre, amante dei dischi e dei vinili, mi ha cresciuto con i Dire Straits, Queen, Def Leppard, insomma tutto ciò che era rock. Da bambino avevo la fissa dei giradischi, avevo una copia di INNUENDO e l’ho tutta graffiata per giocarci. Crescendo, soprattutto nel periodo della scuola, ascoltavo molto hip-hop, soprattutto della scuola romana, da Noyz Narcos, passando per i Kaos, Ice-One, ai Colle der Fomento, che ho conosciuto proprio la settimana scorsa: roba da brividi per me.
Ho iniziato a frequentare a 18 anni i primi club come il Suburbia, il GOA, il Rashõmon (mia seconda casa per quattro anni) in cui ho ascoltato tanta musica che ha portato poi a questa evoluzione del suono in me. Ho inoltre incontrato tanti amici, che vivono ancora a Berlino, con cui ho scambiato tante conoscenze in questo ambito, arricchendo continuamente il mio bagaglio culturale.
L’elettronica mi ha sempre affascinato, già da bambino provavo a capire come, attraverso i sintetizzatori, i Pink Floyd riuscissero a riprodurre quei suoni. La svolta nel 2014: mi sono trasferito a Londra, dove ho lavorato tantissimo per aprire la mia etichetta; dopo un anno, invece, mi sono trasferito a Berlino. Qui è cambiato il mio modo di “fare techno”: finché ho vissuto a Londra, ero ancora “ricercatore” sotto tanti aspetti, ma in Germania ho capito finalmente quello che mi interessava davvero. Da lì è iniziato il mio sviluppo psicologico verso la ricerca musicale di questo genere, che credo non finirà mai…
Hai parlato di “ricerca” e “studio”. Si sa bene quanto facile sia al giorno d’oggi far emergere un proprio brano, lo è molto meno invece mantenere un livello alto nel tempo. Quanto è importante questo aspetto per chi fa musica?
Sinceramente credo che il mio modo di pensare la musica debba rimanere autentico e fedele a quel che ho imparato e imparerò, senza cercare di andare sul mainstream solo per fare soldi. Chi suona, soprattutto nel mio campo, non può pensare ad un successo facile: per stare 6 ore dietro una console, per reggere oltre 500 persone in pista, devi trascorrere un’infinità di ore a casa, da solo, a studiare e provare. Questa è la concezione di Dj che ho sempre avuto, devi essere in grado di far ballare le persone.
Proprio riguardo questa cosa, rispetto ad un cantante che effettua una performance fatta di canto e ballo, come riesce un DJ a far trasparire la propria personalità, a imporsi sulla folla?
Questo viene effettuato proprio grazie alla musica, attraverso la ricerca e l’inserimento di pezzi particolari, che magari non ti aspetteresti di trovare in un dj-set, ad esempio a Berlino feci una chiusura con una traccia dei Queen. Bisogna cercare e sperimentare: se in una giornata riesco a trovare dieci dischi buoni mi sento la persona più fortunata del mondo!
Stasera sarai al Dissonanza a Baronissi. Hai già suonato altre volte al Sud?
Guarda, io ho sempre voluto suonare a Roma ma non me lo hanno mai concesso! Continuo a puntarci in futuro, più per rivalsa personale, per dimostrare a me stesso di avercela fatta. Anche se, vista la chiusura di tanti locali, la vedo dura ma mai dire mai. Per il resto, ad agosto sono stato a Trapani: in Sicilia un clima stupendo, mi sono divertito tantissimo. Qualche anno ho suonato a Vieste. Prevalentemente, però, suono a Berlino. La capitale tedesca (e della techno, ndr) mi ha dato la forza di continuare a spingere su questa strada: il Tresor club, il primo club europeo, grazie a cui si balla ancora la techno in tutta Europa nel 2023, mi ha dato tantissimo.
Alla mia domanda, sull’impressione che questo genere si stia espandendo sempre di più soprattutto fra i giovani, Gianmarco mi risponde quasi con delusione. Credo infatti di aver toccato un tasto dolente per i puristi del settore:
Non si stanno appassionando al genere giusto purtroppo! Nel 2023 qualsiasi cosa viene ormai chiamata Techno, è una concezione errata, mi fa incazzare! Significa che non c’è ricerca, non c’è grande cultura al riguardo. Ci si concentra su trend come l’Eurodance o l’attuale Rave Techno. Adesso è diventato tutto più popolare, forse troppo, ma mi rendo conto che tante persone lavorano grazie a questo, quindi va accettato, con buona pace da parte mia.
Confessandogli la mia passione per Paul Kalkbrenner, famoso dj berlinese, Gianmarco mi lancia una chicca che solo un cultore di tale genere poteva aver intuito: Kalkbrenner, grazie al film Berlin Calling, ha fatto da apripista alla commercializzazione di questo genere musicale e dei locali berlinesi presenti nella pellicola, rendendoli appunto “popolari”.
Da artista giramondo, invece, gli domando quali siano le differenze tra la platea inglese, tedesca e italiana, avendo suonato in ognuna di queste nazioni.
Guarda, più che dalla platea dipende dal tipo di festa in cui vai a suonare. Già l’ambiente ti dà uno stile da seguire. A Londra ovviamente preferiscono qualcosa di più english. A Berlino però devi suonare la techno berlinese, devi adattarti a loro per forza, altrimenti ti fanno scappare via! Tuttavia, Inglesi e Italiani non sono così diversi. In realtà negli ultimi anni i club londinesi somigliano di più agli italiani, in quanto molto più “restrittivi” rispetto al passato: ad esempio non si può fumare all’interno, gli spettacoli durano molto di meno, forse sono rimasti due/tre locali a Londra che lasciano suonare per ventiquattro ore di fila.
Tornando invece a stasera, cosa suonerai e come intratterrai la folla del Dissonanza?
Questa è una domanda che mi fanno spesso, prima di un’esibizione, e ti risponderò allo stesso modo: di solito conosco la track di apertura e di chiusura, quel che c’è nel mezzo andrà molto a sensazione, verrà fatto al momento, com’è giusto che sia…
Qui il link per vedere Gianmarco Silvetti all’opera, al Pattern di Berlino: CLICCA QUI