Uscirà proprio a San Valentino, il prossimo 14 febbraio, il CD Marco Rovelli, figura poliedrica ma anche intellettuale multiverso che spazia dalla poesia alla scrittura, autore di fortunati reportages sociali e di memorabili spettacoli teatrali. Rovelli è anche musicista e cantante oltre che docente di filosofia, che ripone il suo quarto album all’ombra tutt’altro che consolatoria di Samuel Beckett che dà il titolo al primo brano del CD, comparendo nell’immagine di copertina, opera dell’artista cileno Alfredo Jaar, e persino nel nome che l’autore si è dato, ossia Marco Rovelli & l’Innominabile. “I can’t go on, I’ll go on -nell’opera di Jaar- sono proprio le ultime parole de ‘L’innominabile’, il romanzo che chiude la ben nota ‘Trilogia’ di Samuel Beckett: la chiude, la riapre, la spalanca all’infinito. Nessuna fine corsa, mai! Se non possiamo andare avanti, allora andiamo avanti: suggestioni che emergono fortissime anche dal video realizzato da Francesco Bartoli in una cava dismessa delle Apuane in una mattina freddissima, in un luogo senza sole, per provare a raccontare l’inumano al cuore dell’umano, cercando, beckettianamente, di “distruggere l’immagine”.
La scrittura di Rovelli è assimilabile ai cosiddetii “reportage narrativi”, forse è il caso di considerarla una sorta di narrazione sociale, veri e propri ibridi tra saggio e narrazione, su questioni dell’emarginazione sociale, nella convinzione che è dal margine che si vede meglio il centro. A differenza del precedente lavoro, “Tutto inizia sempre”, che era prevalentemente acustico, “Portami al confine”, pubblicato dalla romana Squilibri nella collana Crinali, è un album decisamente elettrico in cui risaltano le architetture spaziotemporali della chitarra ‘drone’ di Paolo Monti (The Star Pillow) che dissemina svariati spettri sonici, il violoncello di Lara Vecoli con le sue ariose e profonde tessiture, il basso poderoso e le varie stanze sonore di Rocco Marchi (ex Mariposa), e, infine, la batteria ‘avantjazz’di Massimiliano Furia, con la sua incredibile presenza ritmica, che fa parlare i suoi strumenti percussivi, riuscendo a dare un nome e un volto a ogni sequenza ritmica. Ne viene fuori un sound potente che conferisce una trama unitaria a canzoni con strutture diverse, animando così una sorta di concept album dedicato al confine, che è il tema fondamentale del mondo quotidiano.
Il confine, va da sé, è quello politico che separa gli “Stati” e che i cittadini del mondo, che hanno come patria il mondo intero, cercano a buon diritto di valicare senza posa. Ma il confine è anche quello dei rapporti personali, dei rapporti d’amore, dove il confine è mobile, dove è in perpetuo messo in questione; lì, anzi, non c’è che confine. Il confine, inoltre, è quello della morte, che non bisogna temere, maledicendo chi la infligge, e benedicendo la vita. E a chiudere il disco, ma per aprire altri mondi, il dono straordinario della voce di Claudio Lolli nella cover a due voci di una delle sue canzoni più potenti, ‘La giacca’, commovente lascito del cantautore bolognese in quella che è stata purtroppo la sua ultima incisione su disco.