LIBRI & LIBRI “Tutta n’ata storia”: una canzone che sa di casa e di felicità possibile
LIBRI & LIBRI “Tutta n’ata storia”: una canzone che sa di casa e di felicità possibile
Nei vichi di Napoli, quelli dove i palazzi sono così alti e la strada così stretta che non vi batte mai il sole, vive una umanità verace, dove da sempre miseria e nobiltà si mescolano in una sintesi lirica e tragica.
È tra questa umanità che Paolo Degli Esposti ambienta il suo primo romanzo, dando vita all’undicenne Ciro e alla sua numerosa e sgarrupata famiglia composta di madre, padre e otto tra fratelli e sorelle. Il lettore ne segue le sorti attraverso il racconto in prima persona di Ciruzzo stesso al pubblico che è avvertito: lui parla “in indialetto” e perciò il lettore ci deve “fare un poco di abitudine”, anche se Ciro stesso promette “quando vi dico una cosa in indialetto, poi ve lo spiego in italiano, così mi potete capire.” Il risultato è una prosa diretta e accattivante, che fa sorridere per la sua semplicità e disarmante tenerezza.
Sembra proprio di sentire la voce di Ciruzzo e di vederlo, come uno dei bambini che hanno reso indimenticabile “Io speriamo che me la cavo”, libro bestseller e poi film campione di incassi di Lina Wertmuller. Anche se Ciro ha il telefonino “sansun” e gioca alla “pleistetion”, la sua voce ha la medesima malinconica ingenuità di quella dei temi raccolti da Marcello D’Orta: adulti bambini in cui la durezza della realtà non è ancora riuscita a scalfire l’innocenza dell’infanzia. Anche l’ambiente ricorda proprio quello della Napoli anni Ottanta, sarà per la presenza nostalgica della lira al posto dell’euro o forsesemplicemente che l’immaginario comune ha fissa in mente un data rappresentazione di napoletanità: la camorra, lo spaccio, la prostituzione, il degrado. È la ferocia della piazza, quella raccontata anche da Angela Vecchione nel suo La piazza, dove, tra lo scorrere indifferente delle vite dei pendolari, si consuma la tragedia del degrado dei tossicodipendenti e al tempo stesso germina il seme della speranza di una umanità che sa riconoscersi e fraternizzare.
Parlandone con Paolo Degli Esposti in una bella chiacchierata telefonica con cui l’ho raggiunto a Roseto degli Abruzzi, dove vive, scopro tuttavia che le sue ispirazioni sono state altre: da “Natale in casa Cupiello” a “Così parlò Bellavista”. Mi confida che soprattutto la figura della madre di Ciro nel libro è ispirata a quella di Pupella Maggio ed in effetti davvero mi sembra di vederla questa donna partenopea che “tiene un sacco di pacienza” ma che poi non ce la fa più e scoppia a piangere le “lascia cadere tutte le lacrime che si stava cercando di tenere negli occhi”, perché ci sono pesi che pesano sull’esistenza.
È il peso della precarietà economica e del disagio sociale, delle sciagure che sembrano abbattersi tutte insieme sempre sulle stesse persone. C’è l’abbrutimento dell’uomo che si fa pedofilo e trova scampo alle proprie nefandezze solo togliendosi la vita, la mancanza di lavoro e i soldi facili, che sanno di sporco, e c’è lo sguardo di un bambino che solamente si domanda: “Perché?”
Paolo Degli Esposti chiarisce “Alle sue domande senza risposta, Ciro, pur se confuso, risponde col candore e la speranza di chi ha intuito che uscire dal tunnel è possibile. Sulla sua strada ci sono degli esempi “positivi”: sua sorella Lucia che “vo fa’ a scrittrice” e la prof.ssa Vitolo, omaggio al prof. Vitolo, con le sue storie e il parlare pulito, entrambe sono il modello di una strada da seguire virtuosa che Ciro sa riconoscere.”“E poi c’è un personaggio chiave, Annalisa che con la sua musica e il suo sorriso illumina il vicolo di casa di Ciro, un po’ come fa Beatrice nel Paradiso di Dante”, sottolinea Paolo. È lei, insieme a donn’Aniello, il chianchiere, il deus ex machina della storia. “Lei mi ha accompagnato fino a casa e quando mi ha visto arrivare mi ha cantato la sua canzone per farmi stare sicuro che lei c’era e che tutto era normale là”. La normalità, per tanti banalità senza valore, per Ciro è invece la condizione a cui tendere. La sua storia che potrebbe essere una storia di disgrazie e pena è invece “tutta n’ata storia”, come la canzone dell’immortale Pino Daniele che si diffonde in tutto il vicolo dalla casa di Annalisa, conferma che vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto è una questione di punti di vista.
“Tutta n’ata storia” sarà presentato a Cava il 29 settembre alle 18 presso la Sala d’ Onore del Comune con l’introduzione di Franco Bruno Vitolo e un necessario – considerato il titolo del romanzo – preludio musicale, che riserva sorprese agli spettatori.