scritto da Rosa Montoro - 29 Novembre 2024 19:53

LIBRI & LIBRI L’origine del nostro pensiero non è autodistruttivo e immorale

Vi invito a leggere questo libro, può aiutarci molto in questo momento di visioni angoscianti, di guerre di cui non avremo facilmente chiare le motivazioni

Spero di non sembrarvi esagerata, dicendo che questo libro è arrivato a me per sua volontà. A volte capita sapete. È come una energia che attrae, magnetica, una luce che inquadra lasciando tutto il resto fuori dalla nostra vista.

È quello che rimane a Egor, uno dei protagonisti del romanzo, Il Signor Mani di Abraham B. Yehoshua – Einaudi 1994, quando perde gli occhiali da miope: il mondo si definisce in una nuova visione. Una versione in cui viene paracadutato (letteralmente), nel 1939, a Creta, durante la seconda guerra mondiale, ma lui continua a cercare la sua versione delle cose, quella che lo faceva sentire al sicuro.

Questo è stato per me Il Signor Mani Abraham B. Yehoshua che ha incrociato il mio sguardo miope sul banco di un mercato di libri usati. Sono entrata così per volere di chissà quale divinità nel cuore di domande che circolavano nella mia testa, senza uscire, da quando è cominciato lo scontro in Palestina. Sono entrata in una narrazione che mi ha portato fuori, facendomi vedere oltre il contingente, un umanità rimescolata, che, come già successo molte volte, è incollata ad una visione miope e continua a provare decine di occhiali senza trovare una visione chiara, fermandosi al qui e ora.

 

 

Il romanzo viene raccontato dal presente al passato, dai nostri giorni, il nipote del signor Mani, che anni prima è affogato insieme ad altri ebrei mentre venivano trasportati in Germania dopo l’arresto sull’isola di Creta. Ad arrestarlo è Egon Brunner che ha appena 22 anni ed è stato  paracadutato sull’isola. Il ragazzo si è salvato perché è rimasto incastrato su un albero, tutti gli altri sono morti.  La nuova visione di Egon, a cui sono volati via gli occhiali, lo porta fuori dalla storia ” uscire una volta per tutte dalla storia e non importa se dal davanti o dal didietronon importa più se è passato o presente…” perché è il momento magico in cui ci si chiede cosa ci viene mostrato di più profondo, davvero significativo per l’umano. Il Signor Mani di Abraham B. Yehoshua – Einaudi 1994 cit. p. 118

 “…sembri proprio quello strano uccello, sembri quell’Icaro che cercò di volare via qui da Creta. Ma devi sapere, Brunner, che le tue ali sono fatte d’acciaio, e non si scioglieranno al calore del sole… E allora, nonna, mi sono ricordato di quella storia, e mi sono venute le lacrime agli occhi dalla gratitudine che provavo verso quel nostro comandante così colto, che pochi minuti dopo è stato ferito a morte …” (op.cit. p. 112). È di loro che avremmo bisogno comandanti colti, almeno a sufficienza, capaci di poter guardare oltre anche nel momento più terribile, più vicino al rischio di morte.

Ho trovato la struttura del romanzo molto particolare. È un dialogo che ha un interlocutore muto, che non perderemo mai di vista perché fa da controparte. È un interlocutore difficile da convincere, incardinato e convinto di essere dalla parte giusta della storia e, come tutti quelli che cecano di guardare lontano, i protagonisti di questo romanzo devono convincerlo, aprire l’orizzonte sul tramonto meraviglioso di Creta e della nostra storia occidentale.

Vi invito a leggere questo libro, può aiutarci molto in questo momento di visioni angoscianti, di guerre di cui non avremo facilmente chiare le motivazioni. All’inizio questa tipologia di narrazione sembra faticosa da seguire ma con lo scorrere delle pagine si entra in un intimità che non sarebbe la stessa se ci fosse l’altro interlocutore in primo piano. Scorrono i pensieri, scavano in una verità che è rimasta velata da una visione sovrapposta e miope. A poco a poco ho scoperto che questo libro riesce a raggiungere l’obiettivo che ci promette: farci uscire da una storia individuale e collettiva di un popolo, in questo caso ebrei, per spostarci alla radice più profonda dell’origine umana.

la testa calva sbucava fuori dall’antico orcio come un saggio serpente, e anche se il suo tedesco era così povero, è riuscito, con l’arte di un vero narratore, a raccontare la storia di coloro che avevano costruito il palazzo… la storia del re Minosse e dei suoi cortigiani, una storia di tremila cinquecento anni fa. A sentirlo raccontare sembrava che Minosse fosse stato un vecchio amico, io sono rimasto impressionato e mi sono convinto, che se mai vincessimo questa guerra… i tedeschi verranno da ogni parte del Reich a visitare il labirinto per ritrovare le proprie origini; e vedere qual era la forza di un’altra antica civiltà riuscirà a consolarci, nonna, dei dispiaceri e delle delusione che ci provoca a volte la nostra civiltà…”  (Cit.p. 129/130)

Andare alla ricerca dei Padri, farsi guidare verso l’anima delle cose e delle persone ci libera lo sguardo e ci fa vedere lontano, non importa se agli occhi dei più risultiamo ridicoli o pazzi, quello che siamo, ci dice il signor Mani, non è nelle piccole beghe quotidiane, quello che siamo non si vede viene da lontano “…da quell’uomo la cui foto illumina le tenebre, ed è più placida dello scaffale su cui è posata immobile, immutabile, e quel morto, quel nostro impossibile morto che è più vivo di tutti noi in quella sua unica fotografia che è la pietra di paragone che ci accompagna sempre, guarda insieme a me nel buio come uno spirito e non è un fantasma, e forse si trova anche dentro di me adesso, e non so se è oscilla tra la vita e la morte…” (op.cit. p. 90)

Questo dice Hogar, la ragazza che sente dentro di sé quella piccola forma di vita che sta nascendo e che proseguirà la storia antica, non del singolo popolo, non della singola etichetta culturale, ebreo, arabo, tedesco, inglese e così via, ma cercherà la radice lontana dell’umano.

Egon, Hogar e gli altri protagonisti di questo libro vanno all’indietro, fino alle origini, nel cuore dell’Europa, nella piccola isola di Creta, nel palazzo di Cnosse, nel labirinto del Minotauro, simbolo della mente umana, di quello spazio dove ci si può perdere in cerca di un’uscita. Il labirinto in cui ora ci troviamo, in piena guerra, nel 2024, è paragonabile a un auto in corsa, come diceva Abraham B. Yehoshua in un altro libro (Il lettore allo specchio). Il “motivo per cui non mi piace il post moderno è che secondo questo atteggiamento non si può assolutamente parlare di questioni morale che non si possa dire che cosa è giusto e che cosa non lo è.  Come in un certi film americani, quando le macchine si inseguono all’impazzata e distruggono tutto ciò che si trova sul cammino. Il pubblico ammira la destrezza del protagonista che guida così bene, ma non pensa nemmeno per un istante ai danni, ai feriti, l’argomento morale è inesistente“. (Il lettore allo specchio tascabili Einaudi 2003 cit. p. 21)

Alla fine è questo il problema del nostro momento storico: cercare il limite, l’uscita dal labirinto, andare all’origine del nostro pensiero che non può essere autodistruttivo e immorale. E, come il signor Mani, dovremmo cercare lontano una radice morale che ci porta fuori dal labirinto dove siamo finiti.

Rosa Montoro è nata a Sarno e vive a Cava de’ Tirreni, laureata in Sociologia lavora in un ente pubblico, è sposata e ha due figlie. Ha ricevuto vari premi per la poesia, nel 2017 ha pubblicato "La voce di mia madre", una raccolta di poesie inserita nel catalogo online “Il mio libro” – Gruppo editoriale Espresso. Per la narrativa è stata premiata nel 1997 per il racconto "Il cielo di Luigino" pubblicato nel testo collettaneo “Nuovi narratori campani” dell’editore Guida di Napoli. Lo stesso editore ha pubblicato nel 2000 il romanzo breve "Il silenzio della terra" premiato nel 2001 al Concorso Europeo di narrativa “Storie di Donne” FENAL circoli europei liberi, secondo premio. Infine, "Il Circolo degli illusi", edito da Oedipus - 2018.

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