scritto da Rosa Montoro - 30 Luglio 2024 14:40

LIBRI & LIBRI L’apprendimento è un atto di fede

Scelse di lasciare l'insegnamento e lavorare come operaia, sperimentando la condizione di una classe inferiore e un lavoro che metteva a rischio la sua salute già precaria

Simon Weil è un autore che per me resta molto enigmatico, nata da una famiglia ebraica, si convertì al cattolicesimo. Mi colpisce la sua storia e il percorso, oso dire, rocambolesco di conversione, spinto del suo rapporto con il corpo (aveva una salute molto precaria fin da bambina) e dalla sua capacità di astrazione filosofica e mistica.

Scelse di lasciare l’insegnamento e lavorare come operaia, sperimentando la condizione di una classe inferiore e un lavoro che metteva a rischio la sua salute già precaria. infatti peggiorò fino a portarla alla morte. La sua vocazione religiosa si incrociò con l’impegno politico attraverso l’attenzione costante ai problemi degli esclusi. La sua figura è accostabile ai santi, se ci soffermiamo su quello che, dall’esterno, sembra puro sacrificio. Invece la sua ricerca intellettuale sul senso della vita è filosofica e occupa tutta la sua breve vita.

Come potete immaginare, tanto è stato scritto su questa autrice. Nel nostro caso mi limiterò ad avere l’obiettivo di sempre: solleticare la vostra curiosità, legando il tema del libro all’attualità. Nel libro che vi presento, Attenzione e Preghiera ed. Meltemi 2024 (prefazione di Chiara Giacardi), ci sono brevi saggi che possono essere letti anche da non esperti di filosofia delle religioni.

Nel primi saggi, Sulla nozione di lettura e sul buon uso degli studi scolastici in vista dell’amore di Dio, colpiscono la distinzione che Simon Weil fa tra lavoro e apprendimento. Nel voce lavoro inserisce tutta l’opera umana che richiede uno sforzo fisico per produrre un solo risultato: guadagnare abbastanza per sopravvivere.

In altre parole il lavoro è un prodotto di scambio, come ci dice Carlo Marx,e la stanchezza che proviamo è legata alla mancanza di coinvolgimento emotivo e intellettuale. Mentre l’apprendimento non ha nulla a che fare con lo sforzo fisico e non stanca mai, perché è legato al desiderio di migliorare se stesso e “c’è davvero desiderio quando c’è uno sforzo di attenzione”. Attenzione e Preghiera – ed. Meltemi 2024 – p. 42

Quindi l’attenzione non va mai confusa con uno sforzo muscolare, questo tipo di sforzo è piuttosto sterile, anche se è fatto con le migliori intenzioni. L’attenzione è originata dalla consapevolezza dell’errore e solo “dalla contemplazione della propria stupidità, che è più utile del peccato, perché ci costringe con violenza a fissare… L’evidenza di essere qualcosa di mediocre. Non c’è conoscenza più desiderabile. Se si giunge a conoscere questa verità… Si è saldamente sul cammino giusto”. (op.cit. p..44) Il passo successivo per avanzare verso il desiderio di migliorarsi è un puro atto di Fede, come nella preghiera “… È una condizione indispensabile. È la certezza che se si chiede pane al padre non ti darà pietre”. (op.cit. p. 42)

Allora mi chiedo c’è spiritualità senza fede? E il significato della parola fede va separata dal significato religioso? Simon Weil non pretende di avere risposte, ma le sue riflessioni sono molto interessanti.

Ci dice che il senso della vita umana è costruito sulle cose visibili e invisibili, a prescindere dall’essere religioso o appartenente a una particolare religione. Dunque la spiritualità è costruita dall’attenzione, dalla capacità di svuotarsi di ogni certezza, dalla capacità di affidarsi all’intelligenza umana “allo stesso modo di quando si disegna una forma su una carta non vedendola affidandosi all’idea che ne abbiamo”. L’invisibile ha bisogno di fede per mostrarsi agli altri. Uno sguardo attento è uno sguardo che si svuota ed è pronto ad accogliere “senza cercare nulla, pronto a ricevere la nuda verità …” (op.cit. p. 48)

Tutto questo ha alla base “l’intelligenza che può essere guidata solo dal desiderio. Perché ci sia desiderio devono esserci piacere e gioia. L’intelligenza cresce e porta i suoi frutti solo nella gioia. La gioia di imparare è essenziale nello studio come la respirazione lo è nella corsa “(op.cit. p. 46).

Mentre leggevo questo libro, pensavo alla prima volta che ho sentito parlare dell’intelligenza artificiale, del machine learninge del diffondersi della definizione di computer ad apprendimento autonomo. I primi algoritmi sono stati ideati negli anni ’70 e ’80.

Machine learning a è per me una formula magica, e, nella mia mente non digitale, è diventata la barba di mago Merlino, nel libro della giungla, è rimasta chiusa nella porta della mia resistenza, mi è tornata in faccia arricciata e confusa. Quindi rinuncio a comprendere la parte tecnica, ma qualcosa mi diceva che non ha nulla a che fare con intelligenza umana. La riflessione di Simon Weil me lo conferma. L’intelligenza umana è legata al desiderio di apprendere e migliorarsi e dubito che possiamo trovarla in una macchina, per quanti dati e informazioni possiamo immettere. C’è poi una questione che riguarda la nostra anima “che respinge la vera attenzione molto più violentemente di quando la carne respinge la fatica. Ecco perché quando prestiamo attenzione, distruggiamo il male dentro di noi. L’attenzione consiste nel sorprendere il pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto, permeabile all’oggetto…” (op.cit. p. 47)

Anche senza un preciso credo religioso, ogni volta che un essere umano diventa capace di prestare attenzione riesce a cogliere la verità, “apprende” anche quando non c’è nessun atto visibile, come non lo è la preghiera. Nello scritto Sul Padre nostro, Simone Weil si concentra proprio sulla preghiera, dicendoci che la fede intesa come apertura all’apprendimento è necessaria per tutte le azioni umane e soprattutto è un atto di umiltà simile all’ammissione dei propri limiti e della propria stupidità, premessa indispensabile per apprendere.

Di questo piccolo saggio mi colpisce la poeticità e la considerazione che non dobbiamo cercare nulla nell’aldilà, tutto è già in noi, nella nostra anima a immagini e somiglianza del padre; siamo noi il mare che specchia il cielo e per vederne la profondità dobbiamo svuotare l’orizzonte, rendere lo sguardo infinito.

Rosa Montoro è nata a Sarno e vive a Cava de’ Tirreni, laureata in Sociologia lavora in un ente pubblico, è sposata e ha due figlie. Ha ricevuto vari premi per la poesia, nel 2017 ha pubblicato "La voce di mia madre", una raccolta di poesie inserita nel catalogo online “Il mio libro” – Gruppo editoriale Espresso. Per la narrativa è stata premiata nel 1997 per il racconto "Il cielo di Luigino" pubblicato nel testo collettaneo “Nuovi narratori campani” dell’editore Guida di Napoli. Lo stesso editore ha pubblicato nel 2000 il romanzo breve "Il silenzio della terra" premiato nel 2001 al Concorso Europeo di narrativa “Storie di Donne” FENAL circoli europei liberi, secondo premio. Infine, "Il Circolo degli illusi", edito da Oedipus - 2018.

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