LIBRI & LIBRI La giustizia virtuosa. Manualetto del detenuto dilettante di Roberto Racinaro
Ci ho pensato molto prima di scrivere questa recensione al libro del professor Roberto Racinaro che, prematuramente, un mese fa ci ha lasciati. Quel che mi tratteneva di più è il non voler cavalcare la retorica classica dell’elogio post mortem. A mia difesa confesso un’ignoranza: non conoscevo questa pubblicazione del professor Roberto Racinaro, che risale al 1996 ed è arrivata alla quarta ristampa. La spinta, invece, a dargli rilievo è legata all’attualità che gli argomenti trattati continuano ad avere.
Nel consigliarlo non mi sono soffermata sull’analisi filosofica, che accompagna ogni riga del libro, mi sono proposta di portare in evidenza l’esperienza umana e tragica che mi ferisce.
Ma prima vorrei aprire una parentesi generale. La mia idea dell’Università è che, a differenza del Liceo, ci ha insegnato (e insegna ai nostri figli) a investire su se stessi, a trovare, in unamappa infinita, il coraggio di scegliere una strada. E, si badi bene, non esistono strade “sicure”, oggi più che mai, lo sanno i nostri figli. Quante considerazioni e dubbi si possono fare sulle cosiddette professioni “sicure”: medici, avvocati, ingegneri eccetera? Allora la guida da cercare è una sola: la passione. Compito di un professore universitario è scoprire intelligenze appassionate, aiutarle a svelarsi, caricarle con il carburante giusto e lasciarle partire come razzi.La gratificazione professionale in questo lavoro è poca (per questo spesso si trovano professori frustrati e aggressivi), l’investimento è nel futuro, è nella comunità che cresce. Dunque, solo persone generose, come il professor Racinaro, possono essere adatte al compito.
Leggendo il libro a tratti sono stata pervasa dall’amarezza e ho pensato (come sempre in questi casi): il male esiste e la cosa peggiore è che, chi lo fa, è permeato da una logica interpretativa che non glielo fa vedere. È proprio il professor Racinaro ad avermi insegnato (temi che ho ritrovato in questo scritto) la “Fenomenologia dello spirito”, il pensiero di Husserl e Heidegger, lo stato d’innocenza precede quello della colpa, la bontà della creazione è originaria e la malvagità dell’uomo è puramente legata alla sua storia, ci diceva. Non avrei mai immaginato di ritrovare tale nemesi nella sua vita, non avrei mai immaginato che l’avrei visto bere la sua cicuta virtuosa (è una pianta della stessa famiglia considerata curativa) con tanta fierezza fino alla fine.
Ha cercato fino alla fine lo “scopo giusto”, i principi etici che lo univano alla sua comunità, perché quando la libertà si ripiega su se stessa diventa delirio di onnipotenza. “Che sciocchezze! Ma chi l’ha detto? Dove sta scritto, che il “terrore” è il prodotto di una coscienza infame, di un’anima imbarbarita o indurita dalla consuetudine col crimine? Non è affatto così. Altrettanto bene il terrore può essere il risultato e il prodotto della coscienza che si vuole “pura”, “incorrotta”, incontaminata;può essere il risultato e il prodotto della coscienza virtuosa.” (Roberto Racinaro – La giustizia virtuosa – p. 59 ed.liberilibri)
Come avrete capito il libro racconta i ventiquattro giorni che il professor Racinaro passa in carcere di cui sette in isolamento (nel 2012 dopo 15 anni la sentenza definitiva l’ha dichiarato innocente), con l’accusa di abuso d’ufficio e corruzione. Durante questi quindici anni ha rifiutato la prescrizione, scegliendo di percorrere tutti i gradi di giudizio certo di non aver commesso quei reati. Una scelta il cui costo è stato enorme e sostanziale (anche per la sua salute) per l’uomo e per la comunità.
Mi commuove l’essere umano che ho ritrovato in queste pagine, la sua capacità di conservare un controllo emotivo e, soprattutto, dignità (durante la sua permanenza in carcere viene rieletto Rettore dell’Università di Salerno e si dimette dando la precedenza al suo senso delle Istituzioni). Mi colpisce la lucidità di analisi che segue il tema “giustizia” nella sua visione più generale e ambiziosa, ovvero: trovare regole che garantiscono la libertà del singolo, mantenendo i principi scelti democraticamente dalla comunità. E qui matura il dubbio sui confini labili che i giudici ogni giorno cavalcano, spesso con leggerezza o con fini non proprio generali e istituzionali. C’è un passaggio nel libro che trovo molto interessante. Il professor Racinaro ritorna alla distinzione weberiana tra etica della convinzione e etica della responsabilità, perché in carcere sta leggendo il libro di Noberto Bobbio “Etica e Politica”. E si domanda se i giudici, un po’ come i medici, si rendono conto che hanno in mano la vita di un altro essere umano. Il dubbio è quello di trovarci davanti all’ennesimo caso dove il “fine giustifica i mezzi”, davanti “all’etica dell’intenzione (o dell’interiore convincimento) di chi è persuaso già dalla bontà assoluta del suo fine, che va realizzato ad ogni costo. Il suo fine è così giusto e santo da essere in grado di “riscattare” anche i peggiori mezzi, se servono a raggiungere quel fine.” (Roberto Racinaro – La giustizia virtuosa – p. 75 ed. liberilibri)
Ma il giudice, il politico, il medico eccetera non dovrebbero mai dimenticare gli “effetti collaterali” della propria “cura” e dunque essere guidato da un etica della responsabilità, che sappia conciliare libertà individuale, bravura, onesta e regole. E qui vi assicuro la discussione si fa interessante e intensa e vi invito a leggerla. “Perché”, dice ilprofessor Racinaro “giusto per restare in tema, io avrei qualche timore ad affidarmi ad un penalista bravo e abile quanto si vuole, ma poco onesto (che potrebbe stringere strani accordi con l’altra parte e mettermi nei guai).”(Roberto Racinaro – La giustizia virtuosa – p.89 ed. liberilibri)
Tante cose ci sarebbero ancora da dire e, ripeto, è un libro che merita di essere letto, perché non è solo filosofico ma, anche, grande letteratura per la testimonianza umana. Se è vero e non retorica, che l’uomo è nelle sue azione, nella sua eredità, lui ha molto da insegnare a chi è rimasto (sano e forte) a pretendere di indicare la “strada etica” e ancor più l’etica politica.
In fine concedetemi di esprimere la mia stima e la mia gratitudine per le scelte e l’insegnamento che ci ha dato, pagando un prezzo molto alto.
Roberto Racinaro ha insegnato storia della filosofia presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Salerno. Dopo aver ricoperto la carica di Preside della facoltà è stato Rettore dal 1987 al 1996. Tracce di questo suo impegno sono nel volume “Dentro l’istituzione: cronache di un ateneo meridionale” (1995). È stato autore di numerosi saggi filosofici, nonché traduttore di grandi autori come Hans Georg Gadamer, Jurgen Habermas e tanti altri. I testi che, in questa occasione, ci piace citare perché attinenti al tema sono: “La crisi del marxismo nella visione di fine secolo” (1978) “Il futuro della memoria” (1985), Rivoluzione come riforma” (1995), Colonne infami: presente e passato della questione giustizia” (2000), “C’era una volta la prudenza” (2002).