Dinanzi al viaggio di una vita non è semplice, verso il traguardo, segnare ogni singola tappa.
Torna utile aggrapparsi ai versi, annotati in gioventù e a quelli più recenti, per ricordare i passaggi più intimi, quelli che hanno lasciato una traccia e che meritano di restare.
Maria Teresa Messina, salernitana, nata nel 1930, ci ha messo una vita intera per pubblicare il suo primo libro di poesie, che si affianca alle altre sue pubblicazioni, quasi esclusivamente saggi di psicologia, con la piacevole eccezione di “La città del ritorno, Salerno” (Oedipus, 2019) prosa che mette in fila le sue memorie attraverso una galleria di luoghi e personaggi.
Ma se la prosa è un diario, “Centopoesie” (Oedipus poesia, 2020) raccolta di altrettanti momenti, è un catalogo di visioni. Immagini così ben descritte che paiono dipinte (non a caso la copertina del libro è un suo acquerello) quasi scolpite, nel tempo.
Dai primi versi giovanili del 1951, fino ad un unico, isolato, pensiero, figlio del confinamento della scorsa primavera, Maria Teresa Messina ci trasporta all’interno della sua vita. Un’esistenza percorsa su uno strato strisciante, ma sempre vivo, di tenace nostalgia mista a quel desiderio di sognare che l’autrice rivela fin da giovanissima.
Laddove narra di amori inarrivabili e di parole non dette.
“Fino a te
Ho lanciato
una passerella
Fatta di silenzio
Ascolta”
Più che il titolo, ogni poesia è raccontata da un luogo che, raggiunto come magicamente, offre una cartolina. Il lettore da là, idealmente, si affaccia, mirandone il panorama.
Sul fondo, come una quinta teatrale, una chiara malinconia è ispezionata da differenti punti di vista. Sentimento che fa sempre compagnia all’autrice, mentre ella lo contrasta.
“Hai in quegli occhi devastati
Da un verde cupo
Una tristezza di primo autunno
Che si rotola per le colline
Fino a scoprire quell’enorme distesa di mare” (…)
Quelle di Maria Teresa Messina sono poesie aggrappate quasi disperatamente all’esatto istante nelle quali vennero scritte; non servono le rime, basta il suono delle parole a dettarne il ritmo.
Persone, sogni, rimpianti, notti, passano in queste “Centopoesie” finché sul finire compaiono, e ci sorprendono, verbi al futuro, come d’incanto.
“Soltanto tu
Potrai fermare per sempre
Le cose che amo”.
E conclusa la lettura, ti vien voglia di bussare alla porta di Maria Teresa e chiederle ancora un verso, un ricordo di un’amica scomparsa o del mare d’inverno.
Di quello o, magari, di questo inverno.
Di scrivere adesso, proprio adesso, la centounesima poesia.
Christian De Iuliis – christiandeiuliis.it