scritto da Christian De Iuliis - 08 Giugno 2021 10:45

LIBRI & LIBRI Cento poesie (più una)

Dinanzi al viaggio di una vita non è semplice, verso il traguardo, segnare ogni singola tappa.

Torna utile aggrapparsi ai versi, annotati in gioventù e a quelli più recenti, per ricordare i passaggi più intimi, quelli che hanno lasciato una traccia e che meritano di restare.

Maria Teresa Messina, salernitana, nata nel 1930, ci ha messo una vita intera per pubblicare il suo primo libro di poesie, che si affianca alle altre sue pubblicazioni, quasi esclusivamente saggi di psicologia, con la piacevole eccezione di “La città del ritorno, Salerno” (Oedipus, 2019) prosa che mette in fila le sue memorie attraverso una galleria di luoghi e personaggi.

Ma se la prosa è un diario, “Centopoesie” (Oedipus poesia, 2020) raccolta di altrettanti momenti, è un catalogo di visioni. Immagini così ben descritte che paiono dipinte (non a caso la copertina del libro è un suo acquerello) quasi scolpite, nel tempo.

Dai primi versi giovanili del 1951, fino ad un unico, isolato, pensiero, figlio del confinamento della scorsa primavera, Maria Teresa Messina ci trasporta all’interno della sua vita. Un’esistenza percorsa su uno strato strisciante, ma sempre vivo, di tenace nostalgia mista a quel desiderio di sognare che l’autrice rivela fin da giovanissima.

Laddove narra di amori inarrivabili e di parole non dette.

“Fino a te

Ho lanciato

una passerella

Fatta di silenzio

Ascolta”

Più che il titolo, ogni poesia è raccontata da un luogo che, raggiunto come magicamente, offre una cartolina. Il lettore da là, idealmente, si affaccia, mirandone il panorama.

Sul fondo, come una quinta teatrale, una chiara malinconia è ispezionata da differenti punti di vista. Sentimento che fa sempre compagnia all’autrice, mentre ella lo contrasta.

“Hai in quegli occhi devastati

Da un verde cupo

Una tristezza di primo autunno

Che si rotola per le colline

Fino a scoprire quell’enorme distesa di mare” (…)

Quelle di Maria Teresa Messina sono poesie aggrappate quasi disperatamente all’esatto istante nelle quali vennero scritte; non servono le rime, basta il suono delle parole a dettarne il ritmo.

Persone, sogni, rimpianti, notti, passano in queste “Centopoesie” finché sul finire compaiono, e ci sorprendono, verbi al futuro, come d’incanto.

“Soltanto tu

Potrai fermare per sempre

Le cose che amo”.

E conclusa la lettura, ti vien voglia di bussare alla porta di Maria Teresa e chiederle ancora un verso, un ricordo di un’amica scomparsa o del mare d’inverno.

Di quello o, magari, di questo inverno.

Di scrivere adesso, proprio adesso, la centounesima poesia.

Christian De Iuliis – christiandeiuliis.it

Nasce, vive, vegeta in costa d’Amalfi. Manifesta l’intenzione di voler fare l’architetto, nel 1984, in un tema di quarta elementare, raggiunge l’obiettivo nel 2001. Nel 2008 si auto-elegge Assessore al Nulla. Nel 2009 fonda il movimento artistico-culturale de “Lo Spiaggismo”. Avanguardia del XXI^ secolo che vanta già diversi tentativi di imitazione. All’attivo ha quattro mezze maratone corse e due libri pubblicati: “L’Architemario – volevo fare l’astronauta” (Overview editore – 2014) e “Vamos a la playa – Fenomenologia del Righeira moderno” (Homo Scrivens – 2016). Ha ricevuto premi in diversi concorsi letterari. Si definisce architetto-scrittore o scrittore-architetto. Dipende da dove si trova e da chi glielo chiede.

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