L’esempio e l’estremo sacrificio di Giancarlo Siani è tale non solo perché la sua fu una battaglia contro un clan o contro una parte malata di un territorio come quello di Torre Annunziata, ma perché il suo modo di fare giornalismo sul campo finiva per delineare una lotta per la verità, per la libertà di stampa.
È questo il tema più interessante trattato nel tributo narrativo di Gildo De Stefano, “Caro Giancarlo – Lettere tra amici” (IOD Edizioni, Napoli 2023, pagg. 120, 12 €.). In questo romanzo epistolare l’autore ripercorre i momenti di vita trascorsi insieme a Siani chiedendosi quale sia stato il più profondo insegnamento lasciato dal giovane cronista nella sua lotta contro le mafie e per la libertà di stampa, decretata, almeno sulla carta, dalla Costituzione».
Tra De Stefano e Siani c’era un rapporto di amicizia, e a tratti queste lettere assumono toni intimistici, con uno stile che più di una volta lascia trasparire la commmozione.
«Tra noi c’era un rapporto speciale. Non solo dal punto di vista dell’amicizia, ci legava anche la stessa idea di giornalismo come missione, come impegno civile». Un romanzo scritto in forma epistolare, in cui traspare l’ombra che quello di Siani non sia stato un “normale” omicidio di camorra bensì un omicidio voluto dalla criminalità organizzata d’accordo con i poteri forti, quei poteri collusi che ancora oggi non si riesce a denunciare apertamente. L’Italia è tra le terre più martoriate da questa collusione, ed iI problema oggi per chi indaga da giornalista o da giudice, è riconoscere quella borghesia camorristica e mafiosa oggi infiltrata nelle istituzioni con metodi sofisticati e poco riconoscibili, una fetta di società sulla quale chi scrive di camorra deve imparare a gettare lo sguardo per riuscire a distinguerla nitidamente.
È come dire in disperata sintesi: ‘Caro Giancarlo, noi siamo ancora qui e vogliamo credere al tuo insegnamento, pur nell’ariditù di un tempo che non è quello bramato insieme e che mortifica e vanifica ogni giorno il tuo e il nostro lavoro’. E solo in questa “Babele dei sogni” è possibile far riemergere poi in tutta la sua immacolata purezza la figura incorruttibile di un grande amico perduto.
Daniele Panico