Preoccupàti di perdere il primato tra i devastatori della costiera, insidiati dalle mire distruttive dei bucatori, i piromani sono tornati all’attacco.
Con puntualità svizzera, i boschi della costa d’Amalfi sono tornati ad ardere. I roghi sono stati appiccati in decine di punti tra Positano, Conca dei marini, Tramonti e Maiori.
Come sempre, ogni incendio, spento con grande dispendio di mezzi, fatica e uomini, lascia dietro di sé scene spettrali, cagione di future frane, interruzioni di strade, disagi per lavoratori e studenti, perdite per commercianti e imprenditori.
La precisione, periodica, con la quale si ripetono gli incendi e l’inerzia di chi potrebbe evitarli, fanno pensare che il fuoco sia un business al servizio di un’economia sommersa. Sia pubblica che privata. L’innesco, lo sanno tutti, è innanzitutto il denaro. Seguito dalla follia e dall’ignoranza.
Secondo le stime, in media, dopo l’incendio, ad un bosco occorrono circa quindici anni per ritornare quello di prima, anche se la macchia mediterranea ha una fenomenale capacità di resilienza e già dopo qualche anno è in grado di ritrovare un suo equilibrio naturale.
La vegetazione, per fortuna, ha la meravigliosa capacità di rigenerarsi.
Per questo motivo, i piromani fanno fatica a gareggiare con i bucatori, che per distruggere l’ambiente naturale non utilizzano cerini e fuoco ma la dinamite e la fresa.
Mossi dai medesimi stimoli, agiscono con differente tempismo. I piromani sono costretti a offrire repliche ricorrenti, ai bucatori basta impegnarsi una volta sola.
Una galleria, come un diamante, è per sempre.
Inoltre, ma questo ci avvantaggia, mentre i piromani sono sempre sconosciuti, dei bucatori conosciamo perfettamente le generalità.
In particolare, in questo periodo, alcune delle loro facce paciose ammiccano sui depliant elettorali, ci sorridono dai manifesti. Il cognome ci viene suggerito dal nuovo sistema di stalkeraggio politico: quello del whatsapp. O tramite volantinaggio stradale, dove, sul facsimile della scheda, è marcato da un enorme ics.
Coloro che paiono mobilitarsi per prevenire il dissesto idrogeologico, che indicono convegni e tavole rotonde per promuovere apparenti riqualificazioni ambientali, sono gli stessi che si accodano ad interessi politici ed economici, ponendosi a capo della lista dei devastatori.
Riconoscerli è facile.
Dietro l’espressione rassicurante, i bucatori chiedono voti spacciando gli affari del cemento e la devastazione del fronte mare di una cittadina, per un’opera necessaria a migliorare il nostro futuro.
Una pugnalata mortale, che non godrà delle virtù della natura. Nessuna resilienza, la roccia non si rigenera, la ferita non guarirà.
Dura è la lotta, delittuosa, tra piromani e bucatori, ma, nonostante l’incessante attività degli incendiari, i bucatori restano sempre i più pericolosi.
Specie per quell’ambigua capacità di mimetizzarsi e mentire, presentandosi alle elezioni fingendosi benefattori.
Ma se nessuno voterebbe dei piromani, figuriamoci i bucatori.
Per sabotarli, iniziamo così.
Christian De Iuliis – christiandeiuliis.it
14.09.2020 – By Nino Maiorino – Perché chiamarli bucatori? Sono bombaroli e basta.