In un’intervista del 2001 l’architetto Tobia Scarpa, figlio del più famoso Carlo, disse: “In questo ultimo periodo l’attività progettuale si è trasformata per me quasi in un hobby (…) partecipo a concorsi per assecondare un amico ingegnere (…) Stiamo portando avanti alcune opere (…) Il Palazzetto dello sport di Salerno assegnatoci per concorso e di cui stiamo elaborando i disegni esecutivi; se la politica non fa scherzi si dovrebbe realizzare”.
Sono passati vent’anni e la politica, si sa, ama scherzare.
Tobia Scarpa, classe ’35. ha legato la sua attività professionale a numerosi e fortunati oggetti di design (Compasso d’oro nel 1970 per la poltrona “Soriana” di Cassina) e a commesse legate a gruppi industriali (Benetton su tutti) per i quali ha realizzato la maggior parte delle sue architetture. Da buon veneziano ha mantenuto un legame forte con l’acqua, dedicandosi a case private e spazi industriali senza mai scendere, o quasi, sotto la “Linea Gotica”.
Il Palazzetto dello sport di Salerno sarebbe stato senza dubbio un oggetto esclusivo all’interno di un curriculum non certo modesto.
Specie perché concepito “per hobby”.
Abbondano, inevitabilmente, i condizionali per un’architettura della quale oggi esiste solo un’angosciante scheletro in cemento armato che sbuca dalle sterpaglie di un cantiere abbandonato.
Inquietante e vagamente funebre nel suo rigido volume simmetrico con bucature circolari (vi fu ritrovato persino un cadavere di una donna nel gennaio del 2018).
Una struttura che avrebbe dovuto sostenere due gigantesche vele, le ali di una sorta di coleottero gigante, a copertura di un’arena da 8000 posti per creare “ un polo a fortissimo impatto di immagine e prestigio, competitivo nel mercato nazionale ed internazionale” e molte altre cose, come da proclami.
Nel 2013, alla sospensione dei lavori, si disse che i costi fossero lievitati troppo e il progettista refrattario a rivedere il progetto, nel frattempo l’impresa costruttrice fallì.
Non si può discutere di architettura in assenza dell’architettura.
Circondata dalle lamiere, oggi l’area è preda dell’abbandono.
Un immagine desolante, testimone di rimpianti d’architettura e sprechi (o scherzi?) della politica, mentre la città invoca disperatamente spazi per lo sport.
Nel 2010, nuovamente intervistato, Scarpa dichiarò: “Ho sempre pensato che ogni azione che realizza un manufatto destinato a durare nel tempo diventi di per se stesso immagine del suo creatore. L’architettura, o la moda del nostro tempo, è il perfetto ritratto di chi siamo”.
Appunto.
P.S.: Nell’autunno scorso, finalmente, è stato annunciato un nuovo progetto per il palazzetto dello sport, da costruire sulle spoglie di quello vecchio. Ma la concomitanza dell’annuncio con le elezioni regionali non lascia molti margini alla speranza.
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Le interviste a Tobia Scarpa alle quali si fa riferimento sono su:
http://architettura.it/files/20010809/index.htm
http://www.archimagazine.com/ariggitoscarpa.htm