Non era uno stinco di santo, Giorgio Rosa, l’ingegnere bolognese classe 1925 che il primo Maggio del 1968 dichiarò la sua piattaforma artificiale, una sorta di isola nel mar Adriatico, stato indipendente col nome di “Repubblica esperantista dell’Isola delle Rose”.
Con la sua moneta, il “Mill”, la sua bandiera (tre rose rosse su scudo bianco), l’inno “l’olandese volante” opera di Wagner e la lingua ufficiale, l’esperanto.
Non si trattava di un’utopia urbana, né era un sogno romantico quello di Rosa che da giovane si era arruolato nella Repubblica di Salò, condannato per diserzione, quindi aveva aderito al Movimento Sociale Italiano per poi svolgere la professione di ingegnere prettamente da consulente.
Ingolosito dall’enorme mole di turisti che raggiungevano la Romagna, ma infastidito dalla burocrazia e dalle imposte dello Stato italiano, Rosa costruì la sua isola 500 metri fuori dalle acque territoriali italiane in nome di una libertà più economica che ideologica.
Nessuna tensione urbanistica, né esperimento sociale. Zero concessioni all’estetica, un’architettura primitiva, su palafitte, piantata in mezzo al mare.
Approfittando di una certa compiacenza iniziale e di un ingenuo scetticismo delle autorità, nonché della possibilità di sollevare il fondale giù piuttosto basso, Rosa riuscì a costruire una piattaforma di circa 400 metri quadrati, sollevata di 8 metri dal livello del mare a 11,6 km. (6 miglia marine) dal litorale di Rimini. Fondata su pali e retta da piloni in acciaio, la piattaforma fu di fatto dichiarata conclusa quando Rosa vi trascorse la prima notte, il 21 Maggio del 1966.
Nell’agosto del 1967 l’isola aprì al pubblico, col suo ristorante e l’ufficio postale.
L’isola iniziò a divenire popolare, il traffico tra la costa e l’approdo fatto con tubi in gomma divenne fitto. Centinaia di turisti, ogni giorno, si mettevano in fila per andare a vedere la “Repubblica delle Rose” ed acquistare i francobolli celebrativi. Le navi da crociera cambiavano la rotta, pur di mostrarla ai passeggeri.
Fiutato il malcontento delle autorità, Rosa dichiarò l’indipendenza dell’Isola delle Rose, formando una sorta di governo.
Nessun altro stato riconobbe l’Isola delle Rose e il governo italiano non fu tollerante. Dopo aver operato un blocco navale, le forze dell’ordine occuparono la piattaforma mettendo fine di fatto, dopo solo 55 giorni, all’esperimento.
Dopo una breve disputa giudiziaria, nel Febbraio del 1969 i sommozzatori della marina militare minarono le fondamenta della piattaforma, che si inabisserà il 26 Febbraio, a causa di una mareggiata.
In un’intervista successiva, Rosa dichiarò che quella contro il suo stato fu l’unica guerra che l’Italia era riuscita a vincere. “Dopo le figure da cioccolatai fatte in Africa e in Albania”.
La storia dell’Isola delle Rose, che sembra appartenere all’epoca delle città stato greche o medioevali, ci riporta invece solidamente al clima degli anni sessanta, dove uno spirito imprenditoriale anarchico, misto alla follia e ad una genialità spregiudicata, fu in grado di creare una micronazione dal nulla. Seppur per poco tempo.
A parte i libri che si sono ispirati alla vicenda e i documentari dedicati, a fine anno, Netflix trasmetterà una serie dal titolo “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose” per la regia di Sidney Sibilla. Nel ruolo di Giorgio Rosa ci sarà Elio Germano.
L’isola delle Rose, la nazione che visse solo 55 giorni di C. Giambene https://www.youtube.com/watch?v=XKTxTNaqgzE
Isola delle Rose a “Minoranze del mondo” (Rai Alto Adige) https://www.youtube.com/watch?v=R7kngxpm91E
Foto tratte da: https://terraincognita.earth/isola-delle-rose/ e da https://living.corriere.it