Se c’è una via diversa per la letteratura israeliana, allora è quella dello scrittore Eshkol Nevo (Gerusalemme, 1971), nipote di uno dei padri fondatori dello stato d’Israele e successivamente anche primo ministro, Levi Nevo.
Un modo di raccontare le storie che fuoriesce dalla tradizione novecentesca dei Yehoshua, Oz e più avanti di Grossman, liberato dalle pene di un popolo che sa di essere, e per questo si sente, perennemente in conflitto, e maggiormente concentrato sugli aspetti umani della narrativa.
D’altronde Nevo, figlio di due professori di psicologia, è il prodotto di un’educazione laica, libera dall’affermazione dell’ebraismo come condizione sociale e certamente influenzata da un periodo adolescenziale trascorso negli Stati Uniti.
Un approccio intimo e sognante alle storie comuni, affine a quello del suo coetaneo Etgar Keret (1967), considerato il capostipite della nuova scuola letteraria, che pure prova a sfuggire al dramma della guerra “casalinga”, seppur attraverso l’ironia ed il surreale.
La via diversa di Nevo ha incrociato il pubblico italiano per la prima volta nel 2004 grazie al romanzo “Nostalgia”, ma il successo è arrivato con il libro successivo “La simmetria dei desideri”, entrambi (come tutti gli altri) editi da Neri Pozza. La storia di quattro amici che rincorrono i propri desideri dandosi come scadenza la finale dei campionati del mondo di calcio e che si ritrovano a raggiungere, sorprendentemente, ognuno quello di un altro.
Il suo libro del 2015 “Tre piani” ha folgorato Nanni Moretti, che ne ha chiesto i diritti per realizzarne un film, omonimo, uscito nel 2021.
Singolare è anche il caso del romanzo sotto forma di intervista, dal titolo appunto “L’ultima intervista” (2018) dove sono proprio le risposte che lo scrittore formula ad un ipotetico intervistatore, a farsi struttura del racconto.
In questi giorni Eshkol Nevo è in Italia per una serie di incontri coi suoi lettori, porta con sé il suo nuovo romanzo “Le vie dell’Eden”, una ricerca singolare del piacere, con la consueta radiografia sugli umori e sulla sofferenza dei protagonisti; l’animo umano scandagliato fino al più profondo dei suoi abissi. Il tutto attraverso tre storie solo apparentemente indipendenti, che, viceversa, hanno la capacità di connettersi (come in “Tre piani”) e appartenersi per lasciarci, infine, esitanti dinanzi al mistero della felicità.
E siccome “Felicità e rivoluzione” è il tema della X^ edizione di “Salerno Letteratura” (18/25 giugno), non poteva esserci ospite più adeguato per aprire simbolicamente la rassegna, nell’ultimo appuntamento del “fuori festival” che si è tenuto il 19 maggio scorso presso il museo archeologico di Pontecagnano, dello scrittore israeliano.
Nevo, disinvolto, accolto con grande calore dai suoi lettori, ha parlato del suo bisogno di scrivere, delle difficoltà dell’insegnamento in pandemia, della necessità di avere passione per sviluppare l’ingegno e l’arte. Della sua necessità di esprimersi tramite la scrittura e anche del suo amore per la musica e per l’Italia.
Una lezione di stile, un breviario di concretezza, però magicamente leggera.
Consiglio da lettore: se state cercando qualcosa che vi spalanchi una via diversa, leggete Eshkol Nevo.
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