scritto da Paolo Landi - 11 Maggio 2020 16:25

L’ANGOLO DELL’ANIMA Il disagio di riprendere la vita nella fase 2

I casi di fobia sociale e da terrore da contaminazione

La seconda fase dell’emergenza Coronavirus, Fase 2, iniziata lo scorso 4 maggio, segnerà il graduale ritorno ad una condizione di normalità nella vita di molti cittadini.

Questo nuovo momento si sta presentando per ognuno come una conquista di libertà verso cui andare, un traguardo auspicato, ma anche temuto.

Il periodo di quarantena, con quella sensazione di sospensione dal tempo e la modifica dei ritmi quotidiani, ci ha permesso di recuperare degli aspetti trascurati di sé e della relazione con le persone care. (E’ stato possibile riscoprire il piacere, tante volte negato dalla fretta, dalla stanchezza degli impegni di ogni giorno, di giocare con i propri figli; oppure quello di trovare il tempo di leggere finalmente quel libro chiuso e riposto sul comodino tante volte, dopo giornate di intensi impegni; o recuperare passioni abbandonate; o ancora poter dedicare del tempo alla famiglia; e, non in ultimo, la possibilità di ritagliarsi spazi personali di contatto più intimo con se stessi.)

Allo stesso modo però, la permanenza in questa condizione, ha acuito un senso di auto-protezione dai fattori esterni, particolarmente rappresentati dalla pericolosità del virus.

Con l’ingresso in questa nuova fase, invece, siamo entrati in una condizione di attesa, verso la ripresa di una nuova quotidianità.

In questa situazione di incertezza, di continuo cambiamento e di attesa del ristabilirsi della normalità, siamo stati chiamati ad adattarci ad un nuovo ritmo di vita e a norme di comportamento atte alla prevenzione.

Riprendere però una vita solo parzialmente normale mentre ancora c’è un virus in giro, certamente non aiuta a pensare positivamente.

Tutto questo sta generando naturalmente dei risvolti dal punto di vista psicologico, con preoccupazione, ansia, angoscia, tristezza. In particolare, con la ripresa delle relazioni, si è andata a sperimentare intensamente la fobia di essere contagiati.

Mentre la quarantena, con l’evitamento e la protezione, dal fatto di dover rimanere in casa, ha ridotto almeno temporaneamente il timore della contaminazione, la graduale ripresa della normalità sta accentuando la paura del contagio.

E’ probabile quindi che il timore del contatto e di un possibile contagio, si venga a stabilizzare dentro di noi, con conseguenze comportamentali ed emotive.

Le strategie di evitamento conseguenti possono essere pervasive, causando difficoltà relazionali e sociali profonde e disfunzionali.

Il sentirsi eccessivamente preoccupati della possibilità di contrarre il virus può essere considerato però come un tratto caratteristico attualmente, ma transitorio.

Elemento importante in questa fase sarà dunque quello di attribuire centralità ai fattori di protezione personale e altrui attraverso il rispetto delle norme sanitarie; continuare a mantenere costanti le relazioni significative e sociali sempre nel rispetto delle indicazioni fornite gradualmente; nutrirsi di informazioni attendibili sulla pandemia senza lasciarsi sopraffare da una sovraesposizione inadeguata.

Ricordiamoci che siamo persone resilienti, capaci di fronteggiare le difficoltà in modo positivo, per cui, avere delle preoccupazioni per la nostra salute in questo momento è normale, purché non diventino eccessive.

Una strategia utile, potrà essere “un giorno alla volta”, facendo programmi per domani, cercando comunque di concentrarsi nel tempo attuale di ogni giornata.

E vivere questo tempo, insieme a molte altre persone nel mondo, come una sorta di prova sociale universale.

 

Direttore La città della luna- cooperativa sociale. Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale dr.paololandi@gmail.com www.paololandipsicologo.it 3939366150

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