Ho atteso con una certa ansia l’uscita del secondo film di Paolo Sorrentino su Berlusconi in quanto, come dicevo nel mio precedente articolo, nel primo, “Loro 1”, rimaneva tutto sospeso e si attendeva la conclusione nel secondo lavoro.
Preliminarmente penso sia opportuno andare all’etimologia dei due titoli, l’individuazione della quale non è priva di difficoltà. Tantissimi si sono chiesti: perché Loro, e perché 1, e perché 2?
Forse il secondo titolo, almeno con un poco di fantasia, spiega il tutto.
Come avrebbe potuto, Paolo Sorrentino, intitolare le due opere? Giacché il suo intento era di parlare di “quei due”, Silvio e Veronica, ma senza riferimenti espliciti, certamente non poteva intitolare “Silvio e Veronica 1”, e poi “Silvio e Veronica 2”: troppo banale e fuorviante, anche perché lo spaccato di vita di “loro due” è il pretesto per ricordare un ventennio della nostra storia politica.
Avrebbe potuto intitolare i due lavori “Loro due – parte prima” e poi “Loro due – parte seconda”? Ancora più banale e macchinoso.
Nel linguaggio comune si dice spesso, riferendosi ad una coppia di amici o conoscenti: “quei due” oppure “loro due”; Sorrentino ha elaborato il concetto e per non abbandonare l’idea di parlare di “Loro due” nel primo e secondo lavoro, ha pensato bene di usare i due numeri per individuarli entrambi ma senza sminuire il secondo che, in definitiva, è la vera esplicitazione e conclusione della vicenda del personaggio che ci interessa e della sua adorabile moglie.
Resa adorabile non solo dalla magnifica interpretazione di Elena Sofia Ricci, che ben si affianca a quella di tutti gli altri attori -pure distaccandosi un tantino dal camaleontismo di Toni Servillo, ancora una volta dimostratosi insuperabile- ma anche per la spiegazione di una vicenda umana che si conclude come si è conclusa (pure non essendosi ancora conclusa del tutto in quanto pendono giudizi di “quantum”, ma che tristezza scendere a tali bassezze dopo una vita tanto idilliaca) e che trova nel drammatico discorso tra i due, che probabilmente è solo una finzione scenica ad uso e consumo dello spettatore, lo scopo dei due film e dei due titoli: voglio parlare proprio di loro-due, sembra dire Sorrentino, e lo ha fatto come meglio non poteva.
In “Loro 2”, a differenza del primo, la presenza di Berlusconi è fissa, tutto gira intorno a questo personaggio da quando, comprati sei parlamentari, fa sfiduciare Prodi per ricevere nuovamente il tanto agognato incarico di “premier”, il quarto mandato, pure se chi glielo conferisce gli raccomanda, ma inutilmente, di avere un aspetto più consono al rappresentante di uno Stato sovrano, specialmente in ambito internazionale, e non atteggiarsi a clown, con i cucù, le pacche sulle spalle e tutto il repertorio al quale Berlusconi ci ha abituati durante il suo ventennio di governo.
Il film parte dalla svolta che un buon amico dell’ex Cavaliere gli suggerisce: parliamo di Doris, della Banca Mediolanum, che appunto gli suggerisce l’acquisto di sei senatori per avere in Senato la maggioranza che gli manca, e lo convince che, da buon venditore, non avrà difficoltà ad ingaggiare i sei parlamentari, e lo stimola a ritrovare lo spirito antico del venditore, di colui che dal niente ha costruito una città, un impero (con i capitali di chi? la risposta la si intravede); e Berlusconi, che probabilmente non ricordava più le sue capacità di venditore, dimostra ancora di essere all’altezza nel corso di un memorabile colloquio telefonico notturno con una sconosciuta cliente che rimane affascinata dall’ignoto venditore.
E Berlusconi ricorda a Doris di essere uno dei suoi migliori consiglieri nel gruppo dei personaggi della sua corte, e di essere onorato di far parte di quella schiera.
Tutto il resto del film è coreografia, riempitivo, comprese le scene dei festini, dei banchetti con una miriade di ragazze, di ogni età, che, assente la moglie in lunghi viaggi all’estero, lo circondano, lo circuiscono, lo intrattengono, ma delle quali poche sembrano veramente interessare il loro anfitrione, che sembra più soddisfatto di vedersi circondato da giovani e belle donne, piuttosto che di esserne quell’ “utilizzatore finale” come, con una infelice ma esplicita espressione, un suo legale, l’avvocato Ghedini, da Berlusconi tanto beneficiato, ebbe a definirlo.
Berlusconi sembra un anfitrione che si diverte a divertire, ad essere ammirato ed osannato sia per le sue qualità di ricchissimo e munifico attore, cantante e benefattore, ma anche per i suoi comportamenti di bambino ricchissimo che si può permettere di tutto e di più, come mostra in tante scene, in una delle quali, deluso per non aver potuto farsi ammirare per un vulcano fatto costruire in una delle sue tenute, lo fa esplodere ed eruttare quando è solo nelle ore di una solitaria e grigia notte.
E di tutte quelle belle ragazze delle quali si circonda, solo una è quella che veramente lo ha colpito e per la quale veramente egli mostra un vivo interesse, e che sembra sfuggirgli e gli rifiuta i suoi favori: una specie di riscatto del personaggio, come l’altra figura della ragazza che probabilmente veramente teneva sentimentalmente all’ex Cavaliere, ma che a quest’ultimo sembra non interessare, pure se la premia con cariche istituzionali ben retribuite, oltre che con fiabeschi doni che alla ragazza lasciano comunque l’amaro in bocca.
Nulla trascura Sorrentino dei pregi e dei difetti di Berlusconi uomo e politico, dal privilegiare le minorenni, dalla Naomi Letizia, sulla quale vi sono frequenze, alla Ruby Rubacuori, che però non viene menzionata né filmata -privilegi che costituirono uno dei motivi di bisticci e poi di divorzio dalla moglie- fino all’arrogante mancata rinuncia agli atteggiamenti clowneschi in sede internazionale.
E nemmeno è trascurato l’aspetto munifico dell’ex Cavaliere, appalesatosi in tante circostanze, ultima, almeno nel film, in occasione del terremoto dell’Aquila del 2008/2009 e della successiva costruzione delle casette prefabbricate per la sistemazione dei terremotati, che formarono la famosa “new-town” della quale si gloriava: del resto da buon costruttore ed ex palazzinaro, cosa gli veniva meglio se non costruire un villaggio di prefabbricati che lo riscattasse dai tanti insuccessi che la politica gli aveva riservato?
E dell’epilogo del film, appunto il terremoto dell’Aquila, due cose rimangono impresse: la dentiera che Berlusconi promette ad una donna che, durante il terremoto, nella fuga aveva perso, e che Berlusconi, impegnatosi a donargliela, le fa trovare nella casetta prefabbricata che le assegna; e il recupero di un famoso crocifisso che i Vigili del Fuoco fanno con una lunghissima gru, con molta cautela e forte apprensione, attraverso il tetto inesistente di una chiesa terremotata, e che poi delicatamente depositano sulla macerie esterne dinanzi alla chiesa caduta.
Simbologia dell’epilogo della carriera politica di un personaggio che ha mantenuto qualche promessa, non molte in verità, e che con il terremoto dell’Aquila, che sembra coincidere con la sua “debacle” per aver perduto peso politico e sociale, giunge alla sua conclusione, e sembra essere divenuto un oggetto quasi “sacro” da recuperare con molta delicatezza, un pezzo unico da ammirare nella staticità della morte nel mentre tutto il contorno, pure se terremotato, sembra fremere per risollevarsi e andare avanti senza arrendersi.
Ma non è forse, questa immagine, la stessa che appunto in questi giorni Berlusconi sta dando ancora di sé? L’immagine di un vecchio lottatore che non vuole abbandonare l’arena, sia perché, appunto, è un lottatore, sia perché il suo ancora fiorente e sterminato impero perderebbe le protezioni necessarie se egli abbandonasse (o lo costringessero ad abbandonare) la scena politica.
Paolo Sorrentino, con questi ultimi due film, consolida il suo ruolo di regista storico che, come Federico Fellini, lascia con i suoi film la testimonianza della storia e dell’evoluzione del nostro prostrato eppure vitalissimo paese.