scritto da Marianna Lucibello - 26 Agosto 2020 12:16

ALIMENTAZIONE & PSICOLOGIA La terapia cognitivo-comportamentale: ritrovare il piacere di piacersi

Tutti noi sappiamo quanto sia frequente, nella vita moderna che conduciamo, essere vittime di stili di comportamento sbagliati e dalle ricadute negative per tutti noi.

Scarsa educazione alimentare,superficialità, pigrizia, vita sedentaria, abitudini malsane, stress…tutto contribuisce a farci diventare- inconsapevolmente e talvolta anche consapevolmente – “carnefici” e nemici di noi stessi. Se tutto questo è un grossissimo errore (come lo è) c’è poi un tipo di errore ancora più grave; una volta deciso di intraprendere un percorso di recupero del nostro peso-forma (di suo, ottima cosa…), infatti, lo commettiamo quando decidiamo di affidarci totalmente ed esclusivamente al “piano terapeutico” indicatoci dal dietologo di turno…magari riusciamo anche a seguirlo alla lettera, animati dalle migliori speranze- sottoponendoci anche a grossi ed ammirevoli sacrifici in termini di correttezza nel seguire quelle indicazioni, attentissimi a tutto…e vediamo anche incoraggianti e splendidi miglioramenti, che ci aiutano a riaccarezzare la speranza di ritornare “snelli e belli” come un tempo…

Acquisiti i nostri traguardi, però… stranamente, tristemente,miseramente…pian piano la “magia” scompare, e un po’ alla volta ritorniamo ad ingrassare, a prendere peso, a ritornare a quei malefici “strappi” alimentari che…diventano sempre più frequenti, e ritorniamo (o quasi) al “punto zero” da dove eravamo partiti!… di qui mille afflizioni, complessi e frustrazioni, nella convinzione oggettiva, atroce, impotente… che non saremo mai più in grado di ritornare a vivere bene, in una dimensione a noi consona ed agevole (anche secondo i canoni spietati e cinici di questa nostra società edonista, performativa, emarginante). Insomma, ci diciamo che una quotidianità almeno accettabile (tanto estetica quanto nello stile di vita) sarà tale per atleti, attori, modelle… ma non per “noi” (condizionati come siamo, tra l’altro, dal peso del giudizio altrui- presunto o reale che sia!), e a quel punto ci rassegniamo ad un’esistenza che percepiamo come inappagante, odiosa ed insopportabile, in cui anche i momenti belli “non esistono più” nella misura in cui noi stessi non li riconosciamo se si presentano, e comunque non siamo in grado di crearcene di nuovi, insoddisfatti della vita che viviamo…di quella vita che (ormai) “odiamo” !…

Ma allora qual è stato l’errore, se c’è stato?… Appunto, il non aver assunto parte attiva in quel “processo di ricostruzione”, affidando a qualcuno e/o qualcosa totalmente altro da noi, “esterno a noi” (“il dietologo” e/o “la dieta”) le sorti del nostro miglioramento fisico, di cui siamo stati solo – pedissequi-  esecutori (con decisioni e prassi operative “confezionate” a priori da qualcun altro- spesso senza neanche spiegarcele)…Esecutori il più delle volte ligi, attentissimi e disciplinatissimi- magari anche in grado di gioire di fronte a tante incoraggianti migliorie… ma appunto solo “meri esecutori”, bisognosi cioè di demandare a qualcun altro l’individuazione della “cura miracolosa” attraverso cui guarire, perché ignari di possedere dentro di sé gli input giusti per tale emancipazione e riscatto… Poi, ritornate le condizioni di disagio quotidiano, i “settings” di vita alterati e controproducenti che viviamo (che in verità non se n’erano mai andati) siamo tornati al braccio di ferro con quei disagi, e lì è fatale perdere la partita se si agisce solo sugli “effetti” (l’obesità indotta da stili di vita ed alimentari sbagliati) ma non sulle “cause” a monte (la nostra condizione psico-fisica di base, che- nel suo mix “esplosivo” di fattori genetici, stile alimentare e condizioni ambientali circostanti- determina quei disagi che ci inducono a “perdere la bussola” della nostra psico-fisicità e a vivere appunto male).

A tal proposito, il correttivo di essenziale efficacia da apportare agendo sulle “cause” a monte, è appunto ricorrere invece ad una terapia cognitivo-comportamentale (a supporto, ma prima ancora, di un corretto intervento di bilanciamento nutrizionale) per affrontare e finalmente risolvere questi nostri molteplici disagi esistenziali; imparare a conoscersi per conoscere i possibili errori passati e presenti del proprio comportamento (individuale, relazionale, sociale, alimentare e di vita) diventando “noi e solo noi” i primi protagonisti del nostro riscatto ed emancipazione (non più demandandolo a terzi ed alle loro “diete” più o meno preconfezionate a tavolino, che poi agiscono solo sugli “effetti”, e non sulle “cause”vere…rivelandosi inutili) è un’autentica (e forse l’unica) possibilità salvifica per imparare a gestirci nel migliore dei modi, pur e proprio entro quelle condizioni di vita, biologiche ed esistenziali, che sovente rappresentano i nostri più silenziosi quanto subdoli ed insidiosi nemici!…

Chi scrive ha appunto sperimentato in prima persona la straordinaria efficacia di questo percorso, iniziato il 16-05- 2016; a 45 anni d’età da poco compiuti, partendo da una condizione di 120 chili di peso iniziale ed un quadro clinico generale alterato (nel dettaglio aggiungere le patologie) ho perso i primi 10 chili in 4 mesi di lavoro ed i successivi 30 in tre “step”durati 3 mesi ciascuno, per un totale di 40 chili entro il 29-5-2017 (praticamente,in un anno di tempo)… e mantenendo a tutt’oggi questo peso (23-8-2020, mentre scrivo), con qualche oscillazione più o meno evidente, ma compresa in ogni caso nel “range” poco significativo di qualche chilo (peso attuale: kg. 83,4) dopo 4 anni e 3 mesi dall’inizio del percorso (senza ricorrere ad integratori, farmaci etc., ma basandosi solo sul “semplice” quanto fondamentale “mix” di due eccezionali ingredienti: un bilanciamento più sobrio e calibrato del quadro alimentare, in base alle mie naturali abitudini di sempre, ed 1 ora al giorno di movimento, condotta con regolarità).

Diversi fattori hanno favorito il raggiungimento di questi risultati straordinari (che più di una voce tra molti specialisti del settore ha definito “miracolosi”- attesa la situazione di partenza emersa, carte alla mano, dal quadro clinico originario): 1) la forte motivazione di chi ha vissuto tale esperienza in prima persona; 2) la raggiungibilità effettiva e concreta dei risultati, tanto già conseguiti- e perciò enormemente motivanti nel proseguire il percorso – quanto ancora da conseguire – posti dunque come “sana sfida” a cui ambire; 3) la costanza nell’applicazione quotidiana in osservanza di quanto stabilito in termini di regole ed obiettivi (rivelandosi, ciascuno di questi punti, vicendevolmente sprono e rinforzo per gli altri due).

Ma su tutto, la “condicio sine qua non” è stato indubbiamente l’approccio quanto mai opportuno e l’adeguatezza di questo tipo di analisi e riflessione cognitivo – comportamentale applicata asiffatte dimensioni “psichiche” (prima ancora che “fisiche”,o “metaboliche” in senso stretto).

Del resto, è fin troppo chiaro quanto l’incidenzapsichica ed emotiva condizioni tutto il nostro vivere, compresa ovviamente la dimensione relativa alla “percezione/accettazione del sé”.Tale dimensione è centrale in dinamiche di questo tipo, legate nell’immediato al nostro aspetto fisico, ciò che –come sorta di “biglietto da visita” nel mondo a cui ci relazioniamo- rappresenta la cartina di tornasole, il “coefficiente primario di accettabilità” o meno nella nostra vita di relazione…

E nonostante sia evidente che per guarire durevolmente “il corpo” si debba guarire definitivamente “l’anima”, esiste ancora una consistente inadeguatezza di approccio a questi problemi in ambito dietologico e nutrizionale, dominato ancorada una metodologia fin troppo semplicistica e “a buon mercato”, tesa a risultati “rapidi e facili”…Questa però(proponendo soltanto percorsi dietologici più o meno preconfezionati, ma non lavorando su una ristrutturazione organica del quadro psicologico di partenza…dunque lasciando “intatti” i disagi iniziali della persona) limita l’efficacia dell’apporto del soggetto coinvolto nel processo di ristrutturazione del sé, e così lo escludeda tale dinamica; inoltre agisce (limitatamente e per un tempoinevitabilmente provvisorio) solo sugli “effetti” esteriori ed immediatamente percettibili…ma non sulla dimensione psico-individuale e psico-ambientale di base, che è invece il ricettacolo vero di quei tanti disagi!).

Tutto ciò, niente ha a che vedere con un lavoro serio e definitivo di rimozione di quelle già menzionate “cause” a monte (le uniche vere responsabili dei nostri disagi esistenziali) in cui il soggetto coinvolto è il primo protagonista del processo di ristrutturazione del sé.

In virtù di quanto finora sostenuto, dunque, solo ed esclusivamente una sinergia tra terapia cognitivo-comportamentale ed un adeguato correttivo dietologico- nutrizionale garantirà il risultato più efficace e duraturo, grazie a cui si ritornerà a ritrovare il piacere di piacersi, di non avere disagi nel guardarsi allo specchio come nello stare con gli altri etc., e soprattutto scoprendo di avere proprio in noi stessi, e non in altri, le potenzialità e la forza di volontà necessarie ad essere cause efficienti (e finalmente felici) di una vita definitivamente vissuta, assaporata, rinnovata, ritrovata. (testimonianza di Giulio Giarletta)

Biologa nutrizionista, Specialista in disturbi alimentari, Laurea magistrale in Psicologia Clinica e della Riabilitazione

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