scritto da Redazione Ulisseonline - 11 Aprile 2018 09:58

Quirinale, da domani al via altre consultazioni per il nuovo governo

Al via il secondo giro di consultazioni: si riparte giovedì e venerdì, ma stavolta il Quirinale ha deciso di convocare prima i partiti e poi le alte cariche dello Stato. 

Al via il secondo giro di consultazioni: si riparte giovedì e venerdì, ma stavolta il Quirinale ha deciso di convocare prima i partiti e poi le alte cariche dello Stato.

I Cinque Stelle di Luigi Di Maio e la Lega di Matteo Salvini, tra chiusure e aperture di dialogo, hanno deciso di prendersi questo tempo tempo, almeno fino alla prossima tornata delle amministrative.

Di Maio, dal Molise, si dice addirittura “fiducioso” sulla formazione di un “governo del cambiamento”, che comunque sottintende l’assenza di Forza Italia, punto dolente sulla strada di un esecutivo.

Il Pd ribadisce la linea di indisponibilità a ogni accordo. Anzi, il Nazareno conferma che a suo giudizio l’intesa Lega-M5s è cosa fatta, come testimonia – afferma Graziano Delrio – “l’accordo spartitorio” alla guida della Commissione Speciale che dovrebbe andare, alla Camera, al leghista Giancarlo Giorgetti. E lavorare non tanto sul Def ( che dovrebbe essere appannaggio del nuovo Esecutivo) ma sul decreto che proroga le cariche dell’autorità per l’energia ( varato dal Cdm)e sulla spinosa questione Alitalia.
“Al netto delle sceneggiate – sottolinea comunque il presidente dem, Matteo Orfini – la maggioranza Salvini-Di Maio-Berlusconi c’è già”.

Come accaduto in occasione del primo giro, Sergio Mattarella, ha deciso che riceverà prima i rappresentanti del centrodestra, stavolta in una delegazione unica, e come ultima forza politica, quella più numerosa, nel pomeriggio di giovedì, i Cinque Stelle. Mattarella, ragionano fonti parlamentari della Lega, correttamente affida al gruppo più numeroso in Parlamento un’ultima parola sul delicato tema delle alleanze. Ma questo, spiegano alcuni ‘lumbard’, vorrebbe dire che il Colle prima o poi chiederà al M5s risposte concrete, insomma, una maggiore assunzione di responsabilità, magari già dal prossimo giro.

I due ‘vincitori’ delle elezioni sembrano accettare di buon grado questa fase di surplace, ambedue impegnati in campagna elettorale: una sorta di tacito accordo tra Lega e M5s nell’aspettare l’esito delle prossime amministrative, le regionali in Friuli e in Molise, per tornare nella partita della formazione del governo – sarebbero convinti – più forti di prima.

Una fase interlocutoria, in cui ognuno tiene il punto: dal un lato M5s insiste con Riccardo Fraccaro che “Berlusconi rappresenta il passato e non può rappresentare il futuro”. E Di Maio, che su questo fronte, rincara la dose: “Salvini mi propone di fare un governo con Berlusconi e Meloni. L’unica cosa che insieme potremmo fare sarebbe sederci su una poltrona a non fare nulla: l’immobilismo. Ma io a Salvini l’ho detto: ci sediamo intorno ad un tavolo per cambiare le cose, per cambiare ad esempio la legge Fornero, o per Berlusconi?”.

Sul fronte opposto, Salvini evita ogni scontro e pacato ribadisce che se Di
Maio lo chiama lui è pronto a rispondere: “è buona educazione”, commenta a margine della festa della Polizia. Del resto la posizione della Lega è abbastanza chiara: Di Maio non può più di tanto tirare la corda rivolgendosi al Pd.

Sia la Lega, sia M5s, ragionano fonti leghiste, hanno vinto proprio grazie al fatto che non hanno mai governato con il grande sconfitto, Matteo Renzi. Semmai quello che preoccupa la Lega è la ‘solitudine’ di Di Maio. Tra i dirigenti leghisti c’è chi vede il rischio che il giovane capo politico M5s faccia troppe parti nella stessa commedia, sia il poliziotto cattivo, quello che attacca, sia quello buono, in grado di cucire e sancire un accordo. Il rischio, ragionano nella Lega, che “vada troppo oltre” e alla fine non sia in grado di fare la sintesi.

A quel punto, anche in caso di rottura e ricorso alle urne, ovviamente, il partito di Salvini non avrebbe alcun problema a rilanciare la sfida davanti agli elettori contro chi “ritiene che Lega e Pd pari sono”. (fonte Confcommercio)

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