Quando il fascinoso Ministro Dario Franceschini assunse il dicastero dei Beni culturali, disse che lo stesso poteva essere considerato il Ministero dell’economia per eccellenza in quanto con le opere d’arte in Italia si poteva vivere bene, dare impulso all’economia, dare una miriade di posti di lavoro a giovani e meno giovani.
E quando qualche giorno fa, su TGR.Campania di Rai 3, ho visto un bel servizio su Portici e la sua Reggia, mi sono detto che era il caso di andarla a visitare questa famosa bellezza, considerata la prima “creatura” di Carlo III di Borbone e dalla Regina Maria Amalia di Sassonia che la fecero costruire nell’anno 1738, ancora prima della più famosa Reggia di Caserta.
“E’ qui vicino a quattro passi – mi sono detto – è l’occasione per vedere quest’opera tanto bella e così decantata, e magari anche la città che, a dire della troupe del TG3 e delle autorità cittadine, è uno splendore”.
E, approfittando della splendida giornata e della circostanza che i Musei d’Italia sono gratuitamente aperti la prima domenica di ogni mese, domenica 3 maggio mi sono “imbarcato” e, uscito al casello autostradale di Portici-Ercolano, ho seguito il cartello Portici centro e mi sono trovato… al centro di Ercolano, peraltro non segnalato da cartelli.
Avrò sbagliato strada, mi sono detto, magari non ho visto qualche ulteriore cartello, poco male.
Qualcuno mi ha indicato come fare per tornare indietro e andare a Portici e, dopo vicoli, traffico domenicale frenetico, soste di auto in doppia e a volte anche tripla fila, finalmente “mi sono portato” in quel di Portici, fiducioso di poter trovare, finalmente da solo, la famosissima “Reggia”; chi sa quanti cartelli e quante indicazioni ci saranno per pubblicizzarla.
Macchè, di cartelli neppure l’ombra, anzi per giungere alla tanto lodata Reggia ho dovuto chiedere a tanti cittadini di buon cuore i quali, passo dopo passo, mi hanno guidato in un labirinto di strade, vie e viuzze, tutte testardamente prive di cartelli, dopo di che (finalmente, mi sono detto) avrei potuto scorgere da lontano la bella facciata che su Internet avevo già visto.
Macchè! Mi sono trovato dinanzi ad una sorta di vicolo “bloccato” da un mastodontico disco di “divieto di accesso”; ma una gentildonna, alla quale ho chiesto aiuto, mi ha esortato: vada, vada, alla Reggia solo di qua si può andare; poi ho capito perché, ma io, perplesso e riluttante, mi sono immesso e dopo una diecina di metri ho chiesto ad altre gentildonne, le quali mi hanno dapprima sconsigliato; ma frattanto la prima gentildonna, riconoscendomi, nuovamente mi ha esortato a proseguire, e quasi si è dispiaciuta di non averla ascoltata, tant’è che anche le altre due gentildonne hanno dovuto convenire che non potevo fare diversamente.
E così ho proseguito lungo Via dell’Università, e mi aspettavo di trovare una piazza, o uno slargo sul quale si affacciava la facciata della famosa Reggia.
Macchè, Via dell’Università si restringe proprio nei pressi della famosa opera, la cui facciata è costretta tra fabbricati d’epoca e qualcuno anche di minore età, non tutti all’altezza dell’opulenza del Borbone, anzi, a pochi metri dalla facciata, su un balcone, variopinti panni stesi ad asciugare si agitavano mossi dalla brezza quasi estiva, incuranti di fare danno d’immagine (e non la sola) ad un’opera tanto decantata quanto abbandonata all’incuria e alla sciatteria che avrei scoperto di lì a poco.
Superato un arco della facciata della Reggia mi sono trovato in un’ampia piazza, tutta un cantiere: tutto dice che non è un cantiere recente, cosa che un cortese cittadino mi ha poi confermato con un tantino di contrizione, tant’è che mi ha suggerito di parcheggiare proprio a ridosso di una rete metallica che recinge un lato della piazza, per attraversare la quale tra due recinzioni di altre zone del cantiere una sorta di passerella di legno consente solo il traffico pedonale; se non ci fosse stato il cantiere si poteva uscire (e entrare) dall’arco opposto, ecco chiarito il “Mistero” del divieto di accesso; fatto sta che il cantiere è annoso, e il Palazzo pure, ma nessuno ha mai pensato di rimuovere il divieto.
La piazza è circondata da quattro facciate della famosa Reggia, ma solo su una, quella di destra, c’è l’ingresso principale; quella di fronte è chiusa, le altre due sono, appunto, accessi carrabili.
Un portale immette in un ampio androne porticato alla cui destra c’è lo scalone marmoreo, al centro il monumento equestre a Marco Nonio Balbo, proconsole di Ercolano (come recita una insegna marmorea ai piedi del cavallo) che, originario della “Nuceria-Alfaterna”, si era poi trasferito in quel di Ercolano divenendone benefattore. La statua è stata ritrovata durante la costruzione della Reggia ed è stata poi posta lì a ricordo; in fondo si accede ad un ampio terrazzo dal quale, a destra e a sinistra, si diramano due ampi viali che discendono ai “famosi giardini” della Reggia, abbandonati tra annose erbacce, vecchie macchine agricole arrugginite, bidoni della spazzatura buttati in un angolo con “rifiuti indifferenziati” accatastati accanto. Su quell’ampio terrazzo impera la facciata interna della Reggia, bella e recentemente restaurata, con un grande orologio sulla cima e, dietro, un piccolo campanile.
Il pesante, antico, cancello metallico che porta allo scalone principale è distrutto dalla ruggine e regge solo perché costruito con profilati enormi, anche ben lavorati, che la ruggine non è riuscita (ancora) a danneggiare irreparabilmente.
Di fronte, una guardiola di legno è presidiata da due efficienti vigilanti, dipendenti di una ditta esterna, che si premurano di darmi tutte le indicazioni che possono: pochine, in verità, giacché si affrettano a dirmi che gli ambienti visitabili sono solo alcune sale, sei o sette (delle centinaia che la Reggia enumera) giacché tutte le altre sono chiuse.
Prima di arrampicarmi sullo scalone profitto dei “servizi igienici” (sic!) del sottoscala: sporchi, ammuffiti dall’umidità, pure umidi e maltenuti gli armadietti metallici giacenti a ridosso di una parete antistante.
E per ora fermiamoci qui. In un prossimo articolo completerò il racconto di questa visita dove la storia ha lasciato campo libero al degrado…