scritto da Silvia Lamberti - 23 Febbraio 2017 14:16

L’odio virtuale

La comunicazione sui social

“Parole_Ostili”. E’ già il tema della manifestazione -organizzata a Trieste nei giorni scorsi, per confrontarsi sullo stile da usare in in Rete, contrastando la violenza dei linguaggi- a dare il senso profondo di un dibattito cresciuto nelle ultime settimane.

Secondo una graduatoria stilata da Swg sulle categorie più colpite dall’odio online, sono i migranti (32%), i politici (30%), i gay (30%), le donne (27 %), le minoranze (21 %), i musulmani (15 %), ad essere presi a bersaglio dell’odio verbale in rete.

Una community trasversale di oltre 300 tra giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori e influencer hanno discusso per contrastare l’ostilità in Rete. Parole O_Stili è un progetto collettivo nato per far riflettere sulla non neutralità delle parole e sull’importanza di sceglierle con cura. Questo dibattito ha dato vita ad un “Manifesto della comunicazione non ostile” scritto a più mani dalla community con l’obiettivo di ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi della Rete.

La comunicazione sui social media e sul web si presta a rischi multipli legati alla frenesia di “farsi ascoltare”, ai vincoli strutturali delle piattaforme, all’assenza di percorsi di alfabetizzazione digitale efficaci per nativi e non, alla difficoltà di sedimentare memoria, fino al vero e proprio odio ”virtuale”.

È per questo che Parole O_stili parte da questa consapevolezza: tentare una ricognizione delle casistiche e delle principali problematiche associate a questi fenomeni, in diversi domini (pubblicità, marketing, giornalismo, business, turismo, social media, politica, PA, religione).

Confrontarsi sulla possibilità di gettare le basi per una sorta di autoregolazione, un vademecum che indichi come e in che modo le parole possono diventare ostili.

Va detto, per completezza, che l’informazione è un passaggio unidirezionale di un insieme di dati, considerati utili da chi li utilizza. Negli ultimi anni lo sviluppo della tecnologia ha reso possibile uno scambio sempre più ampio e veloce dell’informazione, soprattutto grazie alla varietà di mezzi a disposizione per il passaggio e lo scambio di dati di ogni genere. Televisione, giornali, radio e soprattutto internet hanno fatto si che si sviluppasse una sorta di cultura di massa, accessibile a tutti in ogni momento. Tuttavia, avere a disposizione molte informazioni non garantisce il fatto di essere informati. L’informazione non consiste in un agglomerato indistinto dei dati, perché questi sono appunto solo dati. L’informazione, per essere tale, deve apportare una conoscenza effettivamente utile e utilizzabile a chi la riceve, una sorta di valore aggiunto al dato, che di per sé è privo di utilità. Quando si parla di informazione bisogna sempre tenere conto del contesto di riferimento a cui i dati si riferiscono e solo in base a tale contesto è possibile decodificarli e assegnare loro un particolare significato.

La comunicazione, invece, non è solamente uno scambio oggettivo e impersonale di informazioni e non è mediata dai mezzi di informazione (giornali, radio, televisione). Al contrario, la comunicazione può essere considerata come una forma di relazione che si instaura tra gli individui quali costruiscono attivamente nel discorso i significati con cui si muovono nell’ambiente sociale. Il processo comunicativo è sempre un processo di cooperazione, in cui due o più persone negoziano una certa visione della realtà, attribuendo dei significati soggettivi ai contenuti della comunicazione stessa.

Ad ogni modo, questo il decalogo:

1 Virtuale è reale
Dico o scrivo in Rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona

2 Si è ciò che si comunica
Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano

3 Le parole danno forma al pensiero
Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso

4 Prima di parlare bisogna ascoltare
Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura

5 Le parole sono un ponte
Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri

6 Le parole hanno conseguenze
So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi

7 Condividere è una responsabilità
Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi

8 Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare
Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare

9 Gli insulti non sono argomenti
Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi

10 Anche il silenzio comunica
Quando la scelta migliore è tacere, taccio.

Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione pubblica in un Piano sociale di Zona. Amo leggere, sono appassionata del mare e nei miei consumi culturali ci sono il cinema, la musica e i beni artistici. Sono il presidente dell’Associazione Comunicazione&Territorio che pubblica Ulisse on line e organizza da undici edizioni la rassegna letteraria Premio Com&Te, che rappresenta, tra l'altro, un momento di confronto tra giovani studenti e scrittori del panorama letterario italiano. Ho collaborato per molti anni con testate giornalistiche a diffusione locale e regionale, quali Confronto, l’Opinione, il Giornale di Napoli, Il Mattino, il Corriere del Mezzogiorno, e curato uffici stampa ed attività di comunicazione pubblica ed istituzionale presso comuni, aziende pubbliche ed il Conservatorio statale Martucci di Salerno. Ho insegnato teoria e tecnica della comunicazione presso alcuni istituti superiori della provincia di Salerno. Seguo con grande attenzione le evoluzioni della comunicazione pubblica in Italia ed in particolare il gruppo dell’Associazione #PASocial. Credo che la Pubblica amministrazione debba stare là dove sta il cittadino e quindi anche utilizzare, con la dovuta accortezza, i canali social.

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