La conversione alimentare americana: dall’hamburger al pomodoro, vino e olio
Gli Stati Uniti sorpassano l’Italia e conquistano la leadership nella dieta mediterranea con il primato mondiale nei consumi di vino e di conserve di pomodoro, mentre salgono addirittura sul podio per quello di olio di oliva, dopo Italia e Spagna. E’ quanto emerge da un’analisi di Coldiretti, dalla quale si evidenzia come la rivoluzione in atto nei consumi mondiali, stia sovvertendo i luoghi comuni anche con l’affermarsi di stili alimentari estranei al patrimonio culturale e produttivo storico in diversi Paesi.
Da patria degli hamburger, il mercato Usa è diventato anche quello a più forte consumo di vino e con 30,7 milioni di ettolitri sorpassa Francia e Italia, che si attestano rispettivamente sui 27,9 e 20,4 milioni di ettolitri.
Nel 2015, con un consumo di ben 308 milioni di kg gli americani salgono a sorpresa anche sul podio dei consumi di olio di oliva, dietro solo ad Italia in calo a 580 milioni di kg e Spagna, anch’essa in flessione a 478 milioni di kg. Negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti sono esplosi i consumi di vino del 15% e quelli di olio del 38%, mentre a differenza in Italia si è verificato un calo rispettivamente del 24% per il vino e del 31% per l’olio di oliva.
Gli Stati Uniti sono anche saldamente in testa nella classifica dei consumatori mondiali di conserve di pomodoro. Un risultato acquisito in realtà soprattutto grazie all’abitudine – tutta americana – di condire i cibi con il ketchup anche se è in forte crescita il mercato dei derivati tradizionalmente tricolori come passata, polpa o pelati.
L’Italia ne ha esportati in Usa un quantitativo record di circa 115 milioni di chili nel 2015, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Non è un caso che gli Stati Uniti fanno registrare il record mondiale dei consumi di pizza con una media di 13 kg per persona all’anno, quasi il doppio di quella degli italiani che si collocano al secondo posto con una media di 7,6 kg a testa.
L’anticipazione della decisione italiana di candidare questo prodotto simbolo della dieta mediterranea come patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco si è infatti resa necessaria anche per anticipare una analoga richiesta che veniva dagli Stati Uniti che avrebbero scippato all’Italia, il prodotto forse più rappresentativo dell’identità nazionale.
Nel tempo della globalizzazione si assiste alla presenza di un numero crescente di consumatori che nel mondo è attento alla propria dieta, premiando i principi della dieta mediterranea il cui ruolo importante per la salute è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco che è avvenuto oltre 5 anni fa, il 16 novembre 2010.
Un’attenzione che in realtà si deve proprio ad un americano. Lo scienziato del Minnesota (U.S.A.) Ancel Keys, che da Acciaroli nel Cilento, dove visse per 40 anni, studiò per primo gli effetti benefici della dieta mediterranea.
La dieta mediterranea fondata principalmente su pane, pasta, frutta, verdura, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, ha consentito agli italiani fino ad ora di conquistare il record nella longevità: nell’Unione Europea l’Italia si colloca al primo posto con 80,3 anni per gli uomini e al terzo per le donne con 85,2 anni.
Un primato che è messo a rischio dal cambiamento delle abitudini alimentari, come dimostra la presenza di 27 milioni di italiani obesi (quasi sei milioni) o in sovrappeso (21 milioni), poco meno del 60% del totale. (fonte Coldiretti Giovani Impresa)