scritto da Redazione Ulisseonline - 13 Ottobre 2018 00:15

INTERVISTA SULLA CITTA’ Maria Teresa de Scianni: “Cava è un gioiello”

Il viaggio di Ulisse con le interviste sulla città metelliana prosegue quest’oggi con una professionista, cavese di adozione: Maria Teresa de Scianni. Avvocato cassazionista specializzata in diritto di Famiglia e Tutela dei Minori, con studio a Salerno e Cava de’ Tirreni Maria Teresa de Sicanni  originaria del Cilento, precisamente di San Nazario, frazione molto antica del Comune di San Mauro La Bruca, a pochi km da Palinuro, vive da 23 anni a Cava de’ Tirreni. Presiede a Salerno, da oltre 15 anni, la sezione dell’ O.N.Di.F. (Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia – Avvocati di Famiglia)  una tra le più importanti Associazioni Nazionali di Avvocati Familiaristi, riconosciuta dal CNF (Consiglio Nazionale Forense) tra le Associazioni Forensi e Specialistiche maggiormente rappresentative di cui Ella è Formatrice Nazionale e con la quale contribuisce a fare formazione tra i giovani colleghi, con il patrocinio del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno e, spesso, della Scuola Superiore dell’Avvocatura di Roma, relazionando spesso anche in eventi del Consiglio dell’Ordine nell’ambito del POF locale o presso altri Fori Nazionali.

Con studio a Salerno e Cava de’ Tirreni, si occupa, pertanto, di separazioni, divorzi, modifiche di separazioni e divorzi, negoziazioni assistite, affidamenti, riconoscimenti e disconoscimenti di paternità, curatele e tutele dei minori, amministrazioni di sostegno, interdizioni, adozioni, azioni a tutela dei minori o dei nonni, tutela dei patrimoni familiari, diritto ereditario e successorio, ma anche di penale minorile e di reati endo-familiari. Ha collaborato alla stesura di un Trattato su “Amministrazione di Sostegno, Interdizione e Inabilitazione” e, come docente a contratto presso l’Università di Salerno, alla Cattedra di Diritto Privato Comparato dove ha tenuto un corso di Diritto di famiglia, delle relazioni sociali e tutela dei minori. Collabora con associazioni di volontariato ed è socio fondatore di un’Associazione di famiglie di ragazzi disabili, sul territorio Cavese, che rappresenta anche nella Commissione Pari Opportunità del Comune di Cava de’ Tirreni, nell’ambito dell’Osservatorio sulle disabilità. Già Presidente della Consulta Cittadina delle Associazioni Cavesi per tre mandati, è Socio Lions dal 2003 ed ha rivestito il ruolo di Presidente del club Cava de Tirreni-Vietri nell’anno 2010/11, e avuto diversi incarichi di “servizio” circoscrizionali e distrettuali. Insomma, una donna molto impegnata, intelligente e preparata, il cui motto, non a caso, è: “nella vita tutto dipende”.

Quali sono a suo avviso i punti di forza della città?

Cava è una gran bella cittadina, gradevole e ben attrezzata anche rispetto alla domanda di svago e di comunità conviviale. Si è sempre detto che ha la vivibilità di un paese del centro-nord, i portici di Bologna e la ricchezza di un Paese d’oltralpe. Tutto questo la distingue rispetto al circondario e fa di Cava un ambito borgo abitato da bella gente.

E i punti deboli?

Proprio quelli che sarebbero i suoi punti di forza, purtroppo, costituiscono il suo tallone d’Achille in quanto, proprio questo suo essere “diversa” rispetto ai paesi limitrofi e per certi versi “signorile” rappresenta il suo limite. A Cava, infatti, i costi delle case sono pari se non superiori al centro della vicina Salerno, capoluogo di Provincia, e che per estensione e prossimità con le due coste, ha una fruibilità turistica naturalmente maggiore; la mentalità ne risente in quanto, essendo pur sempre un insieme di tante frazioni tutte intorno ad un centro, sede dei maggiori affari, ha conservato la mentalità tipica di chi sa tutto di tutti e si ricorda i natali di tutti e conserva antichi rancori o dissapori. Insomma nonostante sia una città dalle dimensioni di tutto rispetto ha conservato i comportamenti di un paese con tutti i suoi pregi e difetti.

In prospettiva cosa serve alla città per crescere?

In prospettiva Cava dovrebbe “aprirsi all’esterno”, uscire dai confini del proprio “grande paese”, dove ancora Peppone e Don Camillo si contendono il controllo dei cittadini e del territorio e attrezzarsi non solo per accogliere bene, come già fa, “lo straniero” ma anche per considerare amico e non “straniero” chi non ha natali Cavensi.

Una cosa che su tutto lei ritiene sia per la città una piaga da curare, un male da debellare?

La gelosia “di quartiere”, la gara a chi ottiene più “servigi” dall’Amministrazione di turno o più visibilità sul giornale locale, l’inciucio, la chiusura a ciò che è nuovo e la tendenza a conservare uno status quo ante.

Guardando oggi la città, cosa vorrebbe che tornasse dal passato?

Io non ho vissuto la città in quel passato a cui probabilmente Lei si riferisce. Vivo qui da poco più di 20 anni e in fondo in questo tempo non ho notato grandi cambiamenti, se non dal punto di vista organizzativo e architettonico. Credo che ancora prima, cioè 30/40 anni fa, ciò che di buono c’era era molto simile a ciò che di buono c’è oggi ma che per quei tempi era un’eccezione e un fiore all’occhiello mentre al giorno d’oggi rappresenta solo un “vecchio modo d’essere” non più al passo con i tempi e le necessità di una società più veloce e meno “classista” o autoreferenziale. Sono convinta che il passato è prezioso e deve essere d’esempio al futuro ma non si può vivere legati a vecchi schemi e vecchi modi di pensare in un mondo che corre alla velocità della luce.

E del presente cosa salverebbe?

Del presente salvo di certo il rispetto per le dimensioni, cioè la cura del territorio e l’attenzione ad evitare troppo cemento e grandi altezze. I progetti, fino ad ora, sembra che rispettino il senso e la storia del grande paese a misura d’uomo. Eviterei i “progetti metropolitani” che poco si addicono al territorio e alla storia di questa città e valorizzerei, piuttosto, il recupero di immobili abbandonati restituendoli alla cittadinanza e, soprattutto, ai giovani e agli anziani, perché sui giovani si costruisce il futuro e con gli anziani si valorizza il passato per migliorare il futuro.

Cosa invece butterebbe del passato e anche del presente?

Non mi piace l’idea di buttar via qualcosa, diciamo che preferisco “differenziare” e soprattutto “trasformare” se possibile in punti di forza quelli che di primo acchito sono punti di debolezza di un territorio. Non butterei niente, né del passato né del presente, piuttosto farei buon uso dell’esperienza fatta, degli errori come dei successi e rafforzerei ciò che di buono e bello c’è in questa città, il territorio, la storia, le tradizioni, con un occhio in più e una porta aperta sul mondo   che circonda questa cittadina e a quello che ci può essere offerto da chi ha tradizioni diverse ma non per questo peggiori.

Ad un politico che si accingesse a governare Cava lei quale consiglio, suggerimento, indicazione darebbe?

Direi di essere più attento alle esigenze dei “piccoli” cioè di coloro che forse contano di meno, numericamente ed economicamente parlando, ma che invece sono umanamente e socialmente più fragili oltre che determinanti il valore aggiunto di una città. Mi riferisco ai giovani, agli studenti, ai disabili, agli anziani piuttosto che a chi ha il peso specifico del denaro a fare la differenza.

E agli attuali amministratori comunali quale consiglio, suggerimento, indicazione si sentirebbe di dare?

Agli attuali amministratori suggerisco di non essere distratti da logiche di “partito” e di “interessi di parte”. Cava è un gioiello spesso sprecato e non valorizzato come merita.

In una stagione politica senza partiti ideologici, ha ancora senso dirsi di destra, di centro o di sinistra? Se sì, cosa significa per lei essere di sinistra, di centro e di destra?

Credo che questa stagione sia esattamente il frutto di una cattiva semina, di una perdita costante di riferimenti certi, di principi, di valori, forse anche di “famiglia”. Vivere negli ultimi 30 anni con la sensazione che tutto fosse consentito e che ognuno avesse il diritto di chiedere qualsiasi cosa senza considerare che ogni cosa ha un prezzo, in termini di doveri, impegno, responsabilità e coerenza, ha determinato una classe politica sempre più superficiale e di poco valore, una politica senza grandi principi e ideologie in quanto l’unico vero obiettivo, per ogni fantomatico  schieramento, è stato “il potere al solo fine di un profitto”, piuttosto che il perseguimento di un vero e reale “bene comune”; la visibilità piuttosto che il valore. In parte, con le ultime elezioni politiche, gli Italiani hanno dato un segno tangibile della loro sfiducia rispetto alla vecchia politica e di desiderio di rinnovamento, da tutti i punti di vista, abbandonando vecchie logiche di scelta tra questo e quel partito e, in particolare, candidato. A torto o a ragione, lo sapremo solo vivendo, come recita una vecchia canzone, ma comunque gli Italiani hanno chiesto una svolta ben precisa e hanno dato fiducia ad una nuova politica, fatta di persone e di idee in parte “rivoluzionarie”, per certi versi “poco ortodosse” ma di certo non allineate con la vecchia logica di partito. Credo che gli effetti di questa domanda di “nuova politica” si faranno sentire anche nel nostro piccolo borgo che, seppur amministrato da una coalizione nata, oramai, da qualche anno ad ampia connotazione PD, non potrà non tenere conto dell’onda lunga di una politica nazionale che, per forza di cose, influirà anche a livello locale.

In un’epoca come questa in politica contano più gli uomini o i programmi e le idee?

Contano le idee ma, perché siano condivise, è necessario che ci siano grandi uomini e, naturalmente donne, a farle proprie e farsene portavoce, non solo a parole ma nei fatti, con l’esempio e con la coerenza di una vita, pubblica e privata, perché come non si può essere buoni educatori se non si dà l’esempio, così non si può essere buoni rappresentanti del popolo se non si vive seguendo e rispettando per primi quei principi e quelle regole di buona cittadinanza e buono Stato che tanto si declamano prima di un voto. Le idee camminano sulle gambe degli uomini, come si diceva un tempo, e sono convinta che non basta avere buone idee se non si è buoni uomini e soprattutto uomini buoni!

Un’ultima domanda. Per definire Cava quali sono l’aggettivo qualificativo e/o il sostantivo che utilizzerebbe? E perché?

L’ho detto prima: Cava è sicuramente “un gioiello” e per me rappresenta “una casa” anche se la seconda, rispetto alla mia terra, che di certo mantiene il primato in quanto parte del mio DNA.

Rivista on line di politica, lavoro, impresa e società fondata e diretta da Pasquale Petrillo - Proprietà editoriale: Comunicazione & Territorio di Cava de' Tirreni, presieduta da Silvia Lamberti.

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