INTERVISTA SULLA CITTA’ Maria Olmina D’Arienzo: “Bisogna essere operativi, costruire, badare alla sostanza”
Prosegue il viaggio di Ulisse con le interviste sulla città con una donna di cultura: Maria Olmina D’Arienzo, saggista, docente di Materie letterarie, Latino e Greco, dal 2007 Dirigente scolastico, prima del Liceo scientifico “don Carlo La Mura” di Angri, poi dal 1° settembre 2009 del Liceo scientifico “A. Genoino” di Cava de’ Tirreni e solo da oggi, per raggiunti limiti di età, collocata a riposo.
Personaggio poliedrico, di alto profilo intellettuale e culturale, ha lasciato il segno in tutte le attività svolte: oltre a quelle strettamente professionali ed alle giurie letterarie, si è distinta come relatrice profonda, precisa e coinvolgente nelle presentazioni di libri e di mostre d’arte e nei convegni. Le due pubblicazioni più originali e significative sono state Spicchi … di limone (Ippogrifo 2000) e La zampogna nel mito e nella tradizione (Ippogrifo 2002), in cui il succosissimo frutto nostrano e il fascinoso strumento a fiato vengono “dipinti” attraverso la storia, la letteratura, il mito e le scienze in uno stimolante e coinvolgente mélange. Molti gli articoli e i saggi presenti su giornali e riviste specializzate. Ha rivestito incarichi presso l’Università degli Studi di Napoli e di Salerno. E’ formatrice di docenti e dirigenti scolastici.
Il 14 marzo 2015 l’Amministrazione Comunale di Cava de’ Tirreni le ha conferito la civica benemerenza – Classe III: Benemeriti del Mondo della Scuola e della Formazione “perché, Dirigente Scolastico del Liceo Scientifico A. Genoino di Cava de’ Tirreni, ha saputo essere, soprattutto, maestra di vita, capace con la Sua dolce fermezza, con la profondità della Sua cultura e con la Sua alta professionalità, di stimolare i docenti ad impegnarsi pienamente nella quotidiana attività di insegnamento e di incitare gli allievi allo studio, per raggiungere, tutti insieme, traguardi sempre più alti”.
Quali sono a suo avviso i punti di forza della città?
La posizione geografica, la bellezza del paesaggio, delle sue colline, dei borghi, il verde dei boschi, la vegetazione, la sua storia, le tracce del suo passato, le tradizioni, i monumenti, la capacità di accoglienza, lo spirito imprenditoriale e il senso di appartenenza dei suoi abitanti.
E i punti deboli?
Una certa patina di provincialismo, la mancanza di un’autentica coesione sociale, la tendenza dei cittadini alla polemica e alla critica non costruttiva, l’eccessiva cura del proprio “particulare”, a discapito della “res publica”.
In prospettiva cosa serve alla città per crescere?
Una maggiore collaborazione, una cultura più vera, indirizzata nel senso della civiltà, una politica più incisiva e più autenticamente umana, più concreta e lungimirante.
Una cosa che su tutte lei ritiene sia per la città una piaga da curare, un male da debellare?
L’improvvisazione.
Guardando oggi la città, cosa vorrebbe che tornasse dal passato?
Che il passato fosse davvero “magister vitae”.
E del presente cosa salverebbe? Cosa invece butterebbe del passato e anche del presente?
Non si tratta di salvare o buttare: tutte le esperienze, positive o negative, servono per imparare, crescere, migliorare. Bisogna essere operativi, costruire, badare alla sostanza, lasciando da parte il culto dell’immagine e dell’apparenza.
Ad un politico che si accingesse a governare Cava lei quale consiglio, suggerimento, indicazione si sentirebbe di dare?
Di essere concreto, di costruire utilizzando e valorizzando tutte le risorse disponibili, al di là delle divergenze ideologiche (sempre che ci siano), evitando chiusure mentali, pregiudizi, autoreferenzialità.
E agli attuali amministratori comunali quale consiglio, suggerimento, indicazione si sentirebbe di dare?
Soprattutto ai più giovani: di rispettare i ruoli, di prepararsi seriamente a “fare politica”, quella vera ed autentica, di studiarne le tecniche e le strategie, di capirne le motivazioni profonde e le necessità, di evitare l’utilitarismo personale e la supponenza, di imparare “osservando, concatenando e deducendo”, di convincersi che amministrare la cosa pubblica è un servizio e non un potere.
In una stagione politica senza partiti ideologici, ha ancora senso dirsi di destra, di centro o di sinistra? Se sì, cosa significa per lei essere di sinistra, di centro e di destra?
Non ha senso, se dirsi o essere di destra, di centro o di sinistra significa divisione, chiusura, esclusione, scontro a priori, alibi per i propri limiti e la propria incapacità.
In un’epoca come questa in politica contano più gli uomini o i programmi e le idee?
Sia gli uni che gli altri.
Un’ultima domanda. Per definire Cava quali sono l’aggettivo qualificativo e/o il sostantivo che utilizzerebbe? E perché?
Cava è “donna”, nel senso semantico di domina = signora, con tutta la carica di fascino, mistero e, perché no, l’ambiguità e l’oscillazione pendolare che caratterizza l’essere femminile.