INTERVISTA SULLA CITTA’ Marco Salerno: “Cava? Città vivace e corrosiva”
Il viaggio di Ulisse per capire il presente e intravedere il futuro della città metelliana quest’oggi continua con l’avvocato penalista Marco Salerno, che nella sua attività professionale si è occupato in particolare di reati contro la Pubblica Amministrazione e del diritto penale dell’impresa. Dal 1996 ha assunto il patrocinio di società ed enti, maturando una competenza specifica sulla responsabilità penale e civile dei pubblici ufficiali nell’esercizio delle proprie funzioni, nonché sui reati e sulla responsabilità penale degli enti. Cassazionista, presidente dell’Istituto di Ricerca e Formazione Giuridica ISPEN, Marco Salerno è cultore di Procedura penale e docente presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l’Università degli Studi di Salerno.
Quali sono a suo avviso i punti di forza della città?
Cava de’ Tirreni è una città straordinaria sotto diversi aspetti. In primo luogo, essa è collocata in una posizione strategica rispetto alle costiere Amalfitana e Cilentana e molto vicina ai siti archeologici di Paestum, Pompei ed Ercolano, in una Regione davvero unica. Con un’offerta integrata, costituita da Alberghi, B&B, appartamenti vacanze e aziende agrituristiche, coordinata da un’efficiente struttura organizzativa, magari centralizzata, che pubblicizzi offerte e raccolga prenotazioni, potrebbe rappresentare un’ottima occasione per un adeguato sviluppo turistico.
Non può trascurarsi, inoltre, il vero e proprio volano rappresentato da “Luci d’Artista”, evento che raccoglie ormai migliaia di visitatori nel periodo invernale e che, vista la vicinanza con Salerno, potrebbe essere un irripetibile occasione per drenare risorse, attraverso una migliore organizzazione del trasporto pubblico o affidando il servizio di transfert a privati, aumentando, così, le occasioni di profitto.
Anche la particolare geografia del territorio di Cava deve inserirsi tra i punti di forza, offrendo occasione di espansione, ad esempio, nella diffusione delle colture biologiche.
Il commercio, infine, anche se negli ultimi anni profondamente indebolito, rimane un vero e proprio punto di forza dell’economia cavese, potenzialmente rinvigorito da una strategia complessiva che curi anche una diversa immagine della città.
E i punti deboli?
Probabilmente negli ultimi anni è venuta meno una strategia condivisa di sviluppo, conseguenza di una forte frammentazione politica e scarsa coesione sociale che ha determinato, in ragione dei continui contrasti e avvicendamenti nella leadership, un sistematico rallentamento delle decisioni importanti e il rinvio di scelte di lungo respiro. Credo sia mancata una visione; l’indicazione della direzione che la città avrebbe dovuto percorrere, purtroppo, proprio in periodi che, al contrario, richiedono rapidità di azione e una pronta capacità di risoluzione di problemi.
In prospettiva cosa serve alla città per crescere?
Rispondere ad un quesito così complesso implica, innanzitutto, una profonda capacità di analisi e un’accurata riflessione, pena l’affermazione di meri enunciati apodittici e affermazioni di principio.
Fatta questa ineludibile premessa e con un senso di doverosa umiltà, ritengo, innanzitutto, come peraltro affermato in precedenza, che il superamento di una situazione di contrasto permanente tra le forze politiche, da tempo incapaci di orientarsi verso una leadership condivisa, possa essere il viatico per la selezione della migliore classe dirigente possibile, senza la quale nessuna comunità può espandersi.
Riterrei, poi, assolutamente necessario destinare risorse per la crescita culturale della cittadinanza, anche mediante la riqualificazione e riutilizzazione di spazi e strutture già esistenti.
Da anni, del resto, la città chiede aree espositive, centri multimediali e polifunzionali, un teatro, per avviare un percorso di crescita potenziando l’offerta formativa, implementando l’organizzazione di eventi e manifestazioni. L’esperienza del Marte, sotto questo aspetto, rappresenta un chiaro modello di sviluppo culturale ed economico poiché, oltre ad essere un luogo dove indubbiamente si è diffusa cultura nelle più svariate forme, ha segnato una ricaduta positiva anche sul comparto dell’intrattenimento, rivitalizzando una zona, quella del Borgo Scacciaventi, che negli anni è andata arricchendosi di locali che richiamano presenze da tutta la Regione.
Una cosa che su tutto lei ritiene sia per la città una piaga da curare, un male da debellare?
Il senso di resa e il sistematico allontanamento delle forze migliori della città dall’impegno sociale e dalla partecipazione.
Guardando oggi la città, cosa vorrebbe che tornasse dal passato?
In tutta onestà non amo parlare di ciò che Cava era in passato e, rispondendo anche alle due successive domande, ritengo che ogni fenomeno debba essere contestualizzato per cui è difficile per me esprimere considerazioni in termini assoluti su ciò che è bene o male o meglio o peggio, in un malinteso rapporto tra passato e presente. Mi piacerebbe, però, che la mia città, alla quale sono visceralmente legato, recuperasse un forte senso del decoro e di appartenenza che, d’altra parte, è stato da sempre uno dei tratti distintivi della nostra comunità.
Auspicherei, inoltre, un sensibile aumento dei servizi che, invece, la città sta perdendo: mi riferisco al Tribunale, all’Ospedale e al sistema dei Trasporti.
Ad un politico che si accingesse a governare Cava lei quale consiglio, suggerimento, indicazione darebbe?
Francamente non mi sento all’altezza di esprimere suggerimenti o indicazioni al personale politico.
Credo, in tutta onestà, che l’azione politica che si traduce nell’azione amministrativa e di indirizzo di una città sia, allo stato, uno dei lavori più complessi e usuranti. L’impegno della classe dirigente, dunque, merita rispetto.
Attività, oltretutto, svolta in un clima di diffidenza e svalutazione dell’impegno dei singoli amministratori, spinti, loro malgrado, verso un pericoloso auto-isolamento. Questa condizione induce, come detto, molti ad allontanarsi dalla vita politica.
In una stagione politica senza partiti ideologici, ha ancora senso dirsi di destra, di centro o di sinistra? Se sì, cosa significa per lei essere di sinistra, di centro e di destra?
Mi sembra evidente che le categorie classiche del pensiero politico che conducevano ad una separazione manichea tra destra e sinistra devono ritenersi definitivamente superate. Siamo, del resto, in presenza di una, così detta, società “fluida” che impone soluzioni meno nette, più sfumate, che contemperino diverse e più articolate istanze. Rimane, in ogni caso, ineludibile ricostruire nuove categorie ideologiche o, in alcuni casi, riproporre, con i necessari adeguamenti, schemi e modelli sempre attuali. D’altra parte, per vivere insieme è indispensabile dotarsi appunto di modelli senza i quali la convivenza risulta impossibile. Giustizia sociale, lotta alla disuguaglianza, gestione delle risorse, sicurezza sociale, sviluppo economico sostenibile,
miglioramento del rapporto tra pressione fiscale e servizi complessivamente intesi, protezione del territorio e dell’ambiente, contenimento della deriva criminale, insomma, come vede, la soluzione di continue emergenze sociali ed economiche implica il costante sviluppo del pensiero e l’intellezione di categorie diverse e innovative.
In un’epoca come questa in politica contano più gli uomini o i programmi e le idee?
Credo moltissimo nell’impegno delle donne e degli uomini.
Individui illuminati, con uno spiccato senso del dovere e della misura, con una sviluppata capacità di lavoro e spirito di sacrificio, possono spingere un’intera comunità verso il benessere, elevando la qualità della vita.
Un’ultima domanda. Per definire Cava quali sono l’aggettivo qualificativo e/o il sostantivo che utilizzerebbe?
Vivace e corrosiva. (foto Vincenzo Giaccoli)