Gli sprechi della spesa pubblica locale “costano” più di 5 miliardi
L’Ufficio Studi Confcommercio ha presentato un’analisi della spesa pubblica rapportata alla qualità e alla quantità dei servizi erogati ai cittadini.
Il direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, ha presentato un’analisi sulla spesa pubblica locale rapportata alla qualità e alla quantità dei servizi erogati ai cittadini.
“Parlare di tasse è facile – ha detto Bella – dove prendere risorse è più complicato. Oltre la spesa abbiamo calcolato un indice sintetico di beni e servizi offerti ai cittadini da tutte le amministrazioni locali per una valutazione comparativa dell’efficienza della spesa pubblica locale. Le regioni a statuto speciale spendono di più rispetto alle regioni a statuto ordinario. Le regioni più piccole spendono di più di quelle grandi. Tre sono i macro-effetti che determinano l’eccesso di spesa pubblica locale: lo statuto speciale, le economie di scala e il Mezzogiorno”.
“Si potrebbero risparmiare -si legge nell’analisi- oltre 5 miliardi di euro pur portando tutti i cittadini residenti a fruire di un livello di servizio pari al benchmark (Trentino Alto Adige), avendo l’accortezza di produrre e offrire l’output pubblico locale ai prezzi della Lombardia.
Resta, comunque, indubitabile, l’evidenza di ampie possibilità di risparmio di risorse pubbliche su base locale, anche in concomitanza con un’azione di rilancio dei servizi pubblici”.
L’analisi dell’ufficio Studi ha analizzato anche la questione dell’effetto delle clausole Iva sul Pil e sui consumi. In caso di neutralizzazione delle clausole, il Pil nel 2020 si attesterebbe sullo 0,3% mentre se aumentasse l’Iva il Pil scenderebbe a -0,2%, cioè entreremmo in recessione.
Per i consumi lo scarto passerebbe dallo 0,3% senza aumento e a -0,5% in caso di aumento con una “stangata” da 834 euro a famiglia e 375 euro pro capite. Ma i 23,1 miliardi di euro che costerebbe l’aumento dell’Iva sono calcolati in base ai consumi attuali.
“Probabilmente – ha osservato Bella- un aumento dell’imposta determinerebbe un calo dei consumi delle famiglie, quindi non si arriverebbe alla cifra necessaria, con la necessità di reperire ulteriori risorse nel 2021”. (fonte Confcommercio)