In un anno 31mila laureati sono andati all’estero o al Centro-Nord. Negli atenei di queste regioni gli iscritti meridionali sono un esercito di 168mila persone. Con un costo economico per il sistema universitario del Sud, per le famiglie e per il Paese. Con i giovani che se ne vanno, in dieci anni il Sud perde 3,3 miliardi di euro di investimento in capitale umano e 2,5 miliardi di tasse che emigrano verso le università del Nord
L’«esodo» degli studenti del Mezzogiorno. Nell’anno accademico 2014-2015 si sono spostati dal Mezzogiorno verso le regioni del Centro-Nord quasi 23.000 giovani universitari. Nel 2010-2011 il flusso aveva interessato 27.530 immatricolati e nel 2006-2007 già superava le 26.000 unità. Nei tre anni accademici considerati la quota di immatricolati «emigrati» per studiare al Centro-Nord si è attestata intorno all’8-9% del totale delle immatricolazioni. Per quanto riguarda gli iscritti, nell’anno accademico 2014-2015 gli studenti meridionali che frequentano le università del Centro-Nord hanno raggiunto la cifra di 168.000.
È quanto emerge da uno studio realizzato dal Censis per Confcooperative presentato in occasione dell’assemblea nazionale che si è tenuta ieri a Roma.
La perdita di risorse per il sistema universitario meridionale. Considerando il valore medio delle tasse universitarie pagate dalle famiglie, l’«esodo» degli studenti del Mezzogiorno nell’ultimo anno ha prodotto una perdita di risorse per il sistema universitario meridionale pari a 122 milioni di euro.
Le università del Centro-Nord hanno beneficiato di un valore aggiuntivo, determinato dal pagamento delle tasse universitarie, pari a 248 milioni di euro, creando in questo modo una spesa aggiuntiva per le famiglie del Mezzogiorno pari a 126 milioni di euro, visto che le tasse universitarie negli atenei del Centro-Nord sono mediamente più alte. La proiezione di questo trend a dieci anni porta un effetto di impoverimento delle università meridionali che supera il miliardo di euro, un aumento della spesa per le tasse universitarie sostenute dalle famiglie pari a 1,2 miliardi e una disponibilità di risorse aggiuntive per le università del Centro-Nord che raggiunge quasi 2,5 miliardi.
La «fuga dei talenti» dal Sud. C’è anche un effetto economico negativo per il Mezzogiorno dovuto alla «fuga dei talenti», cioè alla perdita netta di persone laureate che il Mezzogiorno ha subito negli ultimi anni. Nel 2013 ben 26.000 laureati hanno preso la strada delle regioni centro-settentrionali (l’età media di questa componente era di poco inferiore ai 34 anni), nel 2008 erano stati 19.000 (e l’età media si attestava sui 31 anni).
Sempre nel 2013 altri 5.000 laureati hanno lasciato il Mezzogiorno per andare all’estero. Quindi in un anno 31.000 laureati hanno deciso di spendere altrove l’accumulazione di competenze acquisite sul proprio territorio di origine, determinando in questo modo un ulteriore impoverimento degli asset disponibili per il Mezzogiorno.
Un investimento senza ritorno per il territorio. Considerando che per l’Italia la spesa per studente sostenuta dalle istituzioni pubbliche durante gli anni necessari a completare il ciclo dell’istruzione, a partire dalla scuola primaria fino alla laurea, è pari complessivamente a 108.000 euro (stima Ocse), il mancato ritorno dell’investimento realizzato dal nostro Paese, con riferimento ai 5.000 laureati meridionali che nel 2013 hanno lasciato l’Italia, è pari a 540 milioni di euro in un anno. Con riferimento ai 26.000 laureati meridionali che oggi vivono nel Centro-Nord, l’impatto economico può essere valutato in poco più di 2,8 miliardi di euro. In totale, si tratta di 3,3 miliardi di euro: una riduzione di opportunità per quei territori che hanno contribuito a formare un capitale potenzialmente strategico per il futuro.
E segnala l’urgenza di interventi che ristabiliscano le chance di competizione del sistema universitario meridionale e aumentino il grado di attrattività degli atenei del Mezzogiorno. Ma il Sud non è un deserto e ha molti asset sui cui puntare per sottrarsi a un destino di inesorabile impoverimento. Per sfuggire a questa deriva occorre preservare la dimensione e il valore dei fattori di sviluppo, evitando dispersione e dissipazione. Il sistema dell’istruzione, dell’università e della ricerca è imprescindibile se si persegue l’obiettivo di collocare un territorio sulla frontiera tecnologica e dell’innovazione. (fonte Censis)