A colloquio con l’Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli: “Il grande nemico è l’indifferenza”
Vaticano, Family Day, emarginati, giovani disoccupati, migranti, donne, omosessuali, divorziati. Ne parliamo con Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Orazio Soricelli, Arcivescovo della Arcidiocesi Amalfi-Cava.
A Monsignor Soricelli chiediamo, innanzi tutto, cosa spinge e in particolare cosa ha spinto il giovane Orazio Soricelli a vestire gli abiti sacri?
“Ho avuto la grazia di nascere e di crescere in una famiglia di sani principi cristiani. Fin da adolescente ho partecipato alla vita della parrocchia, alla scuola di un bravo parroco ed ho frequentato l’Azione Cattolica. Come tutti i giovani mi sono interrogato sul senso da dare alla mia vita ed ho scoperto che seguire il Cristo ed il Vangelo era la strada più impegnativa ed affascinante. Sono entrato in Seminario per frequentare il ginnasio, il liceo classico e gli studi filosofici e tologici, fino all’ordinazione sacerdotale. Per ventitré anni ho svolto attività pastorale in una popolosa e vivace parrocchia e poi sono stato chiamato a responsabilità maggiori”.
Nella società odierna impregnata di relativismo, sia etico che culturale, l’uomo sembra aver smarrito l’immagine del ‘’Deus semper maior’’ di Sant’Ignazio de Loyola. Interrogandoci come Papa Leone Magno, come riconosciamo il Cristo nel nostro quotidiano? E chi è oggi il Cristo?
“Già Benedetto XVI etichettava la nostra epoca come «realtà dominata dalla dittatura del relativismo» dove l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. La vita moderna lascia poco spazio alla trascendenza e alla ricerca di Dio, Dio non più punto di riferimento dell’esistenza. Ma la grandezza di Dio è che Egli sta nel limite di ogni esperienza! C’è bisogno di più che mai di testimoni credibili di Cristo e del Vangelo, risposta alle attese dell’Uomo. Cristo è la speranza dell’Uomo, riconoscibile secondo il capitolo XXV del Vangelo di Matteo, nel forestiero, nel carcerato, in qualunque fratello in cerca di aiuto. Oggi incontriamo Cristo nel volto del fratello”.
“La politica è la forma più alta di carità’” . Partendo dalle parole di Paolo VI riprese oggi da Papa Francesco, come la diocesi da Lei guidata vive il rapporto con le istituzioni politiche e il territorio?
“Alla luce dei Patti Lateranensi il nostro primo impegno ed obiettivo è quello di rispettare la legittima autonomia di competenze e quindi di agire con discrezione nel rispetto delle istituzioni civili. Il servizio all’uomo ci impegna socialmente, mentre il recente avvio della Scuola alla formazione sociale e politica parla dell’impegno della Diocesi in questo campo. In un momento di grave crisi valoriale, di difficoltà economiche, di incertezza del futuro dei giovani, in cui la politica stenta a dare risposte concrete abbiamo ritenuto importante esprimere l’attenzione della Chiesa locale con un percorso di sensibilizzazione all’impegno politico. Con tale proposta intolata ‘’Amo la mia Città’’ organizzata assieme alla Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale di Napoli, desideriamo accompagnare i cittadini alla consapevolezza che la costruzione del Bene Comune sia un dovere di tutti. In generale, con le istituzioni politiche del territorio intercorrono buoni rapporti guidati dal rispetto reciproco. In ultimo, rivolgo un augurio alla Magistratura della Repubblica Italiana di riuscire nell’intento di raggiungere una giustizia sempre più perfetta”.
Quanto e come è concretamente aperta la Chiesa di Amalfi-Cava alla società, ai più deboli, agli emarginati, ai giovani disoccupati, ai migranti?
“Questi sono problemi che hanno raggiunto livelli insostenibili ma indefessi nello spirito e nel corpo le Parrocchie, gli Uffici Diocesani della Caritas, l’Ufficio Migranti e quello della Pastorale del Lavoro si adoperano per una risposta netta e concreta alle esigenze mostrateci”.
Eccellenza ci può tracciare a grandi linee l’evoluzione della Chiesa cattolica dal quarto di secolo vissuto da Giovanni Paolo II al Soglio Pontificio, passando dal teologo Benedetto XVI, al Giubileo della Misericordia indetto da Francesco?
“Lei ha citato tre grandi Uomini e Pontefici, diversi in quanto a genesi culturale e personalità, che hanno dedicato e dedicano la vita al messaggio del Cristo. Siamo dinanzi sempre alla stessa Chiesa, unica ed immutabile, che ancora nell’ottica del Concilio Vaticano II, cerca di porsi come Cristo, sulle vie dell’Uomo affinché trovi la pace, la giustizia e la verità. Giovanni Paolo II è stato il Papa missionario, viaggiatore, devoto alla Madonna, il Papa dei Giovani. Tutti ricorderanno le parole con cui esordì il suo pontificato, «Aprite le porte a Cristo», aprendo di fatto nuove frontiere di dialogo ecumenico ed interreligioso. Benedetto XVI il Papa teologo, forse non sempre compreso nel suo valore intellettuale, ha rischiarato con i suoi saggi interventi il cammino della Chiesa. Papa Francesco ha inaugurato un nuovo stile pastorale, spogliando degli abiti regali la figura del Papa Sovrano. Semplicità, sobrietà, tenerezza, dialogo, misericordia. Ci sospinge ad «uscire», a farci prossimi, a raggiungere le «periferie esistenziali», a custodire il creato.
ìLa figura femminile nella Chiesa cattolica resta secondaria rispetto a quella maschile. Ci sarà mai un prete donna?
“E’ vero che nei posti di responsabilità c’è una maggioranza di uomini; tuttavia ci sono dei settori della vita ecclesiale, come la catechesi, la carità e la liturgia, dove le donne svolgono ruoli fondamentali e sono protagoniste. Papa Francesco sta lavorando per dare il giusto riconoscimento alle donne nella Chiesa”.
Dalle righe del ‘’De Pastorali personarum homosexualium cura’’ del 1986 la tendenza omosessuale viene classificata ‘’disordinata’’, la Chiesa condanna ogni forma di discriminazione e al contempo si dichiara nettamente contraria a qualunque riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso. E’ tuttora questa e per quanto ancora la posizione della Chiesa?
La «Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale» pubblicata nel 1975, dalla Congregazione della Dottrina della Fede, teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali; questi ultimi «non possono essere approvati in nessun caso». La «lettera» della Congregazione della Dottrina della Fede del 1986, precisa che la particolare inclinazione della persona omosessuale «benché non sia peccato, costituisce una tendenza verso un comportamento intrinsecamente cattivo da un punto di vista morale. Per questo motivo etichettata come «inclinazione oggettivamente disordinata». La critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali viene considerata dal movimento omosessuale come ingiusta discriminazione, ma non è così, in realtà l’attività omosessuale è considerata equivalente o almeno altrettanto accettabile quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale. Quando la Chiesa respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona. Riconoscere la dignità di ogni persona non implica il riconoscimento di ogni inclinazione. Non si discrimina la persona ma si vuole salvaguardare l’ordine naturale. La «tendenza omosessuale» non costituisce una qualità paragonabile ad una razza, origine etnica, ecc… rispetto alla non discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo e richiama una preoccupazione morale. La Chiesa considera la famiglia fondamento della società e non ammetterà mai il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Non è un seguire rigide regole di scienza, la famiglia è dove c’è amore, ma noi Cristiani Cattolici non potremmo mai accettare un’argomentazione del matrimonio diversa da quella riportata nelle Sacre Scritture”.
Perché il reo omicida pentito e regolarmente confessato può accedere al sacramento della comunione mentre il divorziato risposato, ottimo padre non può farlo?
“Il reo omicidia pentito, che confessa il proprio peccato inizia una vita nuova e può ricevere il sacramento dell’Eucaristia. Il divorziato risposato civilmente, si trova oggettivamente «in uno stato di peccato grave manifesto» (CIC n. 915), in una situazione che contrasta con la Legge di Dio e per questo non avrà accesso all’Eucaristia per tutto il perdurare della situazione. Allo stesso modo non potrà esercitare certe responsabilità ecclesiali. «La Chiesa ribadisce la sua prassi fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. La loro condizione di vita contraddice oggettivamente quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata ed attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore circa la dottrina della Chiesa sulla indissolubilità del matrimonio» (S.Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 84). Inoltre, il Sinodo sulla famiglia fortemente voluto da Papa Francesco, ha indicato di valutare le singole situazioni di vita familiare. Spetta al singolo pastore, in comunione con il vescovo, di discernere sulle diverse realtà coniugali.
Come è possibile realizzare un dialogo interreligioso con l’Islam, ed anche con le sue frange più estremiste?
“Per quanto riguarda l’Islam moderato il dialogo è possibile, purtroppo con gli Islamici estremisti, fondamentalisti sembra quasi impraticabile. Il fanatismo è la barriera più ostica da superare per il dialogo. Nonostante tutto, un futuro di pace lo si potrà ottenere solo con il dialogo, tenendo fisso lo sguardo sulla verità”.
Una domanda finale. A suo avviso, chi è o cos’è il più grande nemico della Chiesa del terzo millennio?
“Il grande nemico è senz’altro «l’indifferenza», la mancanza della fede. Riprendo le parole di Madre Teresa di Calcutta che sarà canonizzata il prossimo mese di Settembre: «il grande male è l’indifferenza». Lo stesso Papa Francesco nel messaggio per la Pace del primo gennaio ha invitato a sconfiggere l’indifferenza per riconquistare la Pace. Ricordando la parabola evangelica del grano e della zizzania, si evidenzia che la zizzania cresce insieme al grano e al momento della mietitura sarà estirpata e bruciata. Quindi, non bisogna aver paura del male perché il Signore ci ricorda che è con noi sempre, fino alla fine. (Mt.28,20). (foto di copertina di Angelo Tortorella)