A colloquio con Alfonso De Stefano: “C’è un decadimento di valori che si manifesta anche in politica”
“Sono saltati gli schemi di convivenza civile. Ognuno si sente autorizzato alla sopraffazione e alla violenza”
Il viaggio di Ulisse alla ricerca della buona politica continua incontrando il dottor Alfonso De Stefano, una personalità poliedrica che nella sua vita ha spaziato dall’attività molto intensa nella Pubblica Amministrazione al teatro e all’impegno politico.
Cavese doc, 69 anni, Alfonso De Stefano è stato per oltre quarant’anni Segretario in diversi comuni e province. È stato segretario generale, tra gli altri del Comune di Napoli e delle Province di Milano e di Salerno. Nello stesso tempo ha svolto un’ampia attività didattica e scientifica nelle materie di interesse degli enti locali e nella gestione dei servizi pubblici locali, nonché attività di formazione su tali materie al Formez e presso diversi enti di formazione per segretari comunali, dirigenti e funzionari comunali. Tra le altre cose è stato direttore regionale e poi nazionale della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale.
Negli anni novanta è stato impegnato direttamente in politica dove ha ricoperto il ruolo di segretario cittadino della Democrazia Cristiana e poi del Partito Popolare, nonché componente del Comitato provinciale della DC e del Comitato Regionale del PPI.
Sin da giovane si è occupato di teatro amatoriale e ha costituito la Cooperativa d’Arte e Spettacolo Lo Spazio, con cui ha prodotto diverse commedie teatrali. Ha curato nel 1989, su invito dell’allora Comitato di Monte Castello, la drammatizzazione della rievocazione del miracolo della peste del 1656. Ha organizzato una serie di stagioni teatrali anche professionistiche, nonché concerti di musica classica e concorsi di pittura estemporanea. In ultimo è stato Vice Presidente dell’Unione Italiana Libero Teatro e, per quasi un decennio, ne ha diretto la sezione regionale.
Attualmente svolge attività di consulenza manageriale e amministrativa agli enti locali ed è presidente della Commissione straordinaria del dissesto del Comune di Marano di Napoli.
Un giudizio sereno e spassionato sull’attuale Amministrazione in questi primi mesi del secondo mandato del sindaco Servalli.
È ancora presto per esprimersi. Certo che l’avvio non è stato dei migliori. La passata amministrazione aveva nel proprio programma il completamento delle opere incompiute. Adesso dovrebbero attuare il programma per cui sono stati votati. È da dire, però, che con la pandemia sono stati stravolti metodi e tempistiche. I tempi attuali richiedono nuove categorie di intervento ed occorre riprogrammare le condizioni di sviluppo del territorio.
“Cava vive un degrado in tutti gli aspetti della vita sociale. La volgarizzazione si è appropriata di tutte le espressioni del vivere civile. In ogni ambito prevale l’offesa ed il sopruso”
E un giudizio nel suo insieme sulla classe politica cittadina emersa dalle ultime elezioni comunali?
La classe politica rispecchia il popolo che l’ha eletta. Ed è da dire che Cava vive un degrado in tutti gli aspetti della vita sociale. La volgarizzazione si è appropriata di tutte le espressioni del vivere civile. In ogni ambito prevale l’offesa ed il sopruso. L’elettorato, si sa, sceglie la classe dirigente che sente più vicina ai propri interessi. Ma è poi alla prova dei fatti che va giudicata un’amministrazione. In questo momento Cava brilla per incapacità a gestire la pandemia. Non vi sono controlli. Assistenza sanitaria agli allettati pressoché nulla. Sembra che ognuno sia abbandonato a se stesso. L’organizzazione della vaccinazione fa acqua da tutte le parti. Non conosco chi dirige il Distretto sanitario ma la percezione che ho avuto anche per vicende personali è di grande incapacità a gestire l’emergenza.
“Penso che non ci siano più le condizioni per avere, almeno per i prossimi anni, un nuovo ospedale a Cava. Questo non significa, però, rinunciare ad avere servizi sanitari ed ospedalieri moderni ed efficienti”
Lei può essere annoverato tra coloro che rappresentano la memoria storica della politica cittadina di questi ultimi decenni. Per questo, Le chiedo: di chi è la responsabilità dello stato attuale del nostro ospedale, ritenuto non idoneo persino per ospitare un centro vaccinale?
L’Ospedale di Cava è situato in una costruzione risalente al secolo XVI. Da decenni ormai i massimi esperti in materia consigliano di realizzare nuove strutture ospedaliere anziché sperperare denaro pubblico per adeguare edifici vecchi e fatiscenti. Ricordo che dopo il sisma del 1980, l’amministrazione comunale individuò negli strumenti urbanistici l’area adiacente l’attuale Via delle arti e dei mestieri (per intenderci, l’area dove si trova attualmente la struttura ex ACISMOM) per l’insediamento di un nuovo e moderno complesso ospedaliero, comprensivo anche di una pista di atterraggio per l’elisoccorso. Ricordo che furono anche individuati i fondi per la costruzione di un primo lotto. Tutto si fermò per la netta opposizione di quanti, con in testa gli esponenti dell’allora comitato cittadino di carità, si intestardirono a mantenere l’ospedale nell’attuale struttura. Ora penso che non ci siano più le condizioni per avere, almeno per i prossimi anni, un nuovo ospedale a Cava. Questo non significa, però, rinunciare ad avere servizi sanitari ed ospedalieri moderni ed efficienti. A mio parere ci sono ancora spazi di azione e di intervento; basti pensare, per esempio, alla creazione di un punto nascita, che presupporrebbe l’attivazione di una serie di servizi sanitari connessi e complementari. Ma qui si innesta, poi, la capacità di visione della classe politica cavese e quanto questa conti nello scacchiere regionale….
E sull’abusivismo edilizio nella nostra città quanto ha pesato l’inserimento nel Put del territorio comunale metelliano?
Cava subisce dal lontano 1987 l’inserimento del suo territorio nel piano urbanistico territoriale della costiera amalfitana. Fu una scelta politica sbagliata, voluta fortemente dall’allora Partito comunista cavese, che riteneva in tal modo di bloccare la speculazione edilizia sul territorio cavese. Tale scelta fu caldeggiata anche dalla Democrazia cristiana salernitana, in quanto furono veicolati sui territori a sud di Salerno i futuri insediamenti urbanistici sia civili che industriali. Era facilmente immaginabile che il blocco delle costruzioni avrebbe comportato a Cava un abusivismo di necessità, che si è poi sviluppato sul territorio, con gravi danni sia all’ambiente che alle famiglie interessate poi dagli abbattimenti delle opere abusive. E anche in questa occasione ho visto e sentito tanti millantatori raccontare storie farlocche e promettere interventi impossibili da effettuare.
“Cava non ha un teatro comunale e l’aveva. Le città viciniori non l’avevano ed ora ce l’hanno!”
Torniamo ai giorni nostri. Se la classe politica non brilla non è che poi in città quella che un tempo si chiamava società civile sembra dare segni di vita. Un tempo l’associazionismo, di qualsiasi tipo, da quello ambientale a quello culturale o sportivo, si faceva sentire, ora è calato un preoccupante silenzio e l’emergenza pandemica ha accentuato un fenomeno che era già presente da tempo.
A Cava da sempre l’associazionismo è stato un motore che ha reso effervescente e vitale il tessuto territoriale. Ma è stato sempre troppo frammentario e soltanto sporadicamente è riuscito ad esprimere consensi politici. È mancata alla base una capacità di coordinamento e di leadership. Sembra ora che la tendenza stia cambiando ed i gruppi stiano trovando un amalgama che possa consentire una crescita comune con un conseguente arricchimento per il territorio. Basta ricordare a tal proposito l’opera meritoria che rendono le associazioni ed i gruppi storico-folcloristici nel mantenere viva le tradizioni cavesi nonché organismi di promozione sportiva come il CSI, che raggruppa tante associazioni che praticano le più disparate discipline sportive. Diciamo, però, che nel tempo le istituzioni non sempre hanno gradito questa vivacità espressa dalle varie componenti sociali. Non sono, poi da dimenticare i vari organismi artistico-culturali, che suppliscono alla grave mancanza di un’offerta culturale che riguardi la musica, la danza, la prosa e le arti in genere. Cava non ha un teatro comunale e l’aveva. Le città viciniori non l’avevano ed ora ce l’hanno! Intanto al riguardo si susseguono soltanto promesse. Una proposta interessante l’ho letta nel programma elettorale dei 5 Stelle, che propongono di convertire l’ex manifattura di viale Crispi a sede municipale e di restituire l’attuale municipio alla sua originale vocazione di teatro cittadino. Ma anche questa proposta va valutata in termini di costi/benefici. Forse converrebbe costruire un teatro nuovo. Ma c’è la volontà politica?
“Chiunque si sente in diritto di sentenziare su qualsiasi argomento e spesso si utilizzano i social per offendere ed insultare”
La crisi dei partiti e della politica è evidente, ma sembra andata in tilt l’intera società civile che si rifugia sempre più nell’agorà virtuale dei social, i quali hanno sì un ruolo e una loro indubbia forza, ma che alla lunga si limitano a dare voce alla protesta rivelandosi così spesso autoreferenziali, se non scadono addirittura in vomitatoi di inusitata violenza verbale…
Tutti noi ormai utilizziamo i social per comunicare. Facebook, Twitter, Linkedin hanno sostituito la piazza e non costano. La pandemia ha poi favorito questo metodo di comunicazione, che potrebbe avere anche dei lati positivi, se correttamente usato. La degenerazione porta che chiunque si sente in diritto di sentenziare su qualsiasi argomento e spesso si utilizzano i social per offendere ed insultare. Tale fenomeno denota non solo una volgarizzazione del dibattito ma una completa mancanza di educazione e di rispetto per le opinioni altrui. E poi non è un caso se molti di quelli che insultano sui social sono poi gli stessi che non rispettano i semafori, parcheggiano sulle strisce, usano il cellulare mentre guidano e non rispettano gli orari per il conferimento dei rifiuti…
“Cava non riesce ad avere una propria autonoma dimensione. Da questo poi deriva una perdita d’identità del territorio”
Nella nostra città come si può portare la politica, la buona politica, nuovamente al centro del dibattito cittadino e come strumento di confronto e di costruzione? Ammesso che questo sia possibile…
Vale la risposta precedente. C’è un decadimento di valori. Sono saltati gli schemi di convivenza civile. Ognuno si sente autorizzato alla sopraffazione e alla violenza. Tale decadimento si manifesta anche in politica. Nelle reti televisive nazionali e sui social imperversano personaggi che usano parole violente e toni esasperati. È chiaro poi che anche a livello locale tali costumi diventano abituali. Importante è non adeguarsi, anzi vorrei che si aprisse un dibattito sulla collocazione strategica di Cava nel contesto regionale. Non riuscendo ad avere una propria autonoma dimensione, Cava si trova costretta ad essere accorpata per alcuni servizi alla costiera, per altri all’agro nocerino, e per altri ancora all’area salernitana. Da questo poi deriva una perdita d’identità del territorio. Neanche nella recente campagna elettorale ho sentito affrontare questo argomento, che ritengo essenziale per lo sviluppo del territorio.
“I social, anziché favorire il pettegolezzo e il gossip, potrebbero svolgere un ruolo importante”
E, impresa forse ancora più ardua, come favorire la crescita e l’emergere di una classe politica cittadina che abbia un livello medio di maggiore competenza, preparazione, lungimiranza…
Occorrono compartimenti individuali responsabili. È necessario innanzitutto isolare le persone che usano anche nel linguaggio espressioni violente ed offensive. Occorre poi favorire i momenti di confronto e di riflessione. Ed i social potrebbero svolgere un ruolo importante. Anziché favorire il pettegolezzo e il gossip, creiamo gruppi che affrontino con serietà e consapevolezza le questioni che ci coinvolgono come cittadini ed utenti.
“Il tema più forte è la mancanza di una leadership che travalichi i confini cittadini. Oggi Cava non ha propri cittadini nei posti decisionali”
Secondo lei, quali requisiti di base, irrinunciabili, dovrebbe avere chi si propone come amministratore della nostra città, soprattutto in questi tempi bui e di vacche magre, dove c’è poco da distribuire e molto da chiedere alla comunità?
C’è un codice deontologico dell’amministratore locale elaborato dal Consiglio europeo dei poteri locali. Ricordo che il suo giornale lo propose ai candidati al Consiglio comunale nel 2015. Ma mi sembra che nessuno lo sottoscrisse. Questo denota una forte allergia a vincoli anche di natura propositiva ed etica. Ma il tema più forte è la mancanza di una leadership che travalichi i confini cittadini. Oggi Cava non ha propri cittadini nei posti decisionali. Cava da tempo non esprime un parlamentare o un consigliere regionale con il conseguente isolamento dal contesto extracittadino dove si fa fatica a trovare una propria identità. Come ho denunciato nella risposta precedente l’inserimento della Città nei vari ambiti di gestione dei servizi di area vasta risponde più a logiche di frammentazione della leadership locale che ad una visione organica di sviluppo territoriale. Ed è questo un tema che richiede un ampio dibattito sul futuro di Cava e della sua collocazione nei vari ambiti di gestione dei servizi pubblici locali. Caro Direttore, su questo tema il suo giornale potrebbe promuovere un confronto tra l’attuale classe politica e le espressioni culturali, economiche e sociali presenti sul territorio, sì da essere un vero pungolo per una visione condivisa del futuro di Cava e dei suoi abitanti”. (foto Aldo Fiorillo)