In un articolo su “Il Post”, Alessandro Baricco afferma che per affrontare e, prima ancora, comprendere la realtà che stiamo vivendo, occorre sviluppare una “nuova intelligenza”.
Il mondo che viviamo e, soprattutto, l’effetto delle nostre azioni ci dimostrano chiaramente che siamo non siamo adeguati a quello che abbiamo di fronte. Anzitutto perché, molte volte, non lo comprendiamo e non riusciamo quindi nemmeno a capire quali strumenti utilizzare.
Il più delle volte facciamo affidamento a schemi di lettura e comprensione che appartengono al passato e che si rivelano del tutto inefficaci.
Si tratta di strumenti, metodi e approcci che costruiti sulla presunzione, fallace, che la realtà sia statica e immutabile.
Gli avvenimenti del Covid-19 ci hanno dimostrato che siamo di fronte a uno spartiacque storico. Non abbiamo di fronte una “semplice” pandemia bensì una crisi globale determinata da complessità sanitarie, sociali ed economiche.
L’attuale crisi ci dimostra quanto la nostra capacità di comprendere e reagire sia del tutto inadeguata alla portata del cambiamento.
Le Istituzioni, la scuola, l’economia, il mondo del lavoro: in questi settori, il nostro più grande ragionamento è consistito nel “traslare”, per quanto possibile, la vita reale in una dimensione virtuale. Passando semplicemente da un contenitore ad un altro. Senza che questo però abbia generato un cambiamento di approccio e di cultura. Con il rischio di “svuotare di senso” molte delle attività che svolgevamo in precedenza.
Il lavoro, per esempio, senza le attività di relazione e di aggregazione tipiche degli uffici, si è trasformato in un mero automatismo a distanza.
L’aumento delle diseguaglianze, inoltre, fa emergere la necessità di nuovi modelli economici in grado non di spiegare ma di agire generando coesione contro frammentazione.
La nuova intelligenza di cui c’è bisogno deve recuperare il valore della persona umana e rimetterlo al centro.
La scienza, a cui ci in questo periodo ci siamo cecamente affidati, deve fornirci gli strumenti per risolvere i problemi concreti ma non può fornirci altra sicurezza perché, come sottolineava Karl Popper, è una pura ipotesi e procede di falsificazione in falsificazione.
Allo stesso modo, la tecnologia è uno strumento e non un fine.
Può renderci la vita più semplice ma non può sostituire l’essenza di quello che siamo e la sensibilità che portiamo dentro.
La scienza e la tecnologia, non possono sostituire e nemmeno annullare quella propensione naturale alla relazione sociale, al rapporto con gli altri che ci portiamo dentro da quando nasciamo e che è una componente fondamentale del nostro sviluppo.
Come sostiene Yuval Noah Harari nel suo “Sapiens. Da Animali a Dèi”, la storia umana coincide con l’evoluzione dell’intelligenza ed è l’immagine di una straordinaria capacità di adattamento ad ambienti e contesti ostili.
Indubbiamente raggiungeremo una nuova intelligenza e un nuovo schema di lettura e comprensione del reale.
Per farlo però, dobbiamo anzitutto riconoscere che il modo in cui vediamo e giudichiamo oggi le cose, è del tutto inadeguato e inefficace.
Il cambiamento avrà opportunità e significato solo rimettendo al centro la nostra natura di esseri umani.