scritto da Eugenio Ciancimino - 16 Marzo 2022 11:08

Ucraina, ring o cavia  di un conflitto mondiale?

Ucraina, ring o cavia  di un conflitto mondiale?

Arriverà la pace e si dovranno fare i conti con i lasciti di una guerra devastante che lascerà sul campo perdite umane, danni materiali e, sopratutto, lacerazioni di sentimenti.

La cessazione del fuoco, sotto qualsiasi forma, diplomatica o militare, non sanerà le ferite nella coscienza del popolo degli ucraini sospeso o costretto tra la resa e l’esodo.

Desertum fecerunt et pacem appellaverunt (Tacito) in una area nevralgica per gli assetti geopolitici e militari del continente Europa condizionati dalla necessità di prevenire rischi nucleari.

Tra le guerre combattute e non dichiarate nel mondo, dopo il 1945 ed in costanza della cosiddetta guerra fredda, la resistenza degli ucraini contro l’invasione della loro terra da parte dei carri armati russi è la più avvertita dall’opinione pubblica mondiale e la più raccontata dai mass-media. Se ne comprendono le motivazioni per gli effetti della reciprocità delle sanzioni, le cui attuazioni, nell’uno e nell’altro campo, sconvolgono il paradigma della globalizzazione del libero scambio dei mercati finanziari, delle materie prime dell’energia e dei prodotti alimentari le cui disponibilità  o penurie sono fonti di benessere o di povertà in ogni continente.

Lo spettro di un’incombente recessione non risparmia e colpisce tenori di vita e sensibilità esistenziali in vaste fasce sociali sia nei paesi industrializzati che in quelli poveri di sviluppo.

Si capisce, come è giusto che sia, la mobilitazione del sistema dei media sulle sorti dei combattimenti e sulle fibrillazioni delle cancellerie; nel contempo si comprende anche la divulgazione, attraverso i social, di fake news al fine di attivare influenze e/o denigrazioni a favore o contro l’uno e l’altro campo.

Il che non vuol dire per i mass-media, difronte alle crude immagini di guerra armata, venir meno ai criteri di “imparzialità, equità, compostezza, correttezza e pluralità di punti di vista” nel rendere informazioni, come ricorda il Presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Carlo Bartoli, nell’appello rivolto ai Direttori di Testate giornalistiche per il rispetto della Carta di Treviso nell’uso e trattamento di immagini dei minori, perché non siano strumenti suggestivi di propaganda costruiti alla stregua di set fotografici, come già visti in altri tempi e scacchieri del mondo.

Sul piano della violenza e delle angosce umane la guerra che si sta combattendo in Ucraina non è diversa da quelle in Corea, Vietnam ed a seguire del Kippur, Angola, Yemen e dagli effetti dei bombardamenti NATO su Belgrado, Tripoli e Bagdad, città di paesi non aggressori.

Viceversa, a Kiev e nelle città consorelle si combatte tra aggressori ed aggrediti, i quali resistono in difesa della identità della loro Patria e della libertà in un contesto storico e geografico di contrapposizione di interessi economici e di culture politiche le cui potenze di riferimento si fronteggiano con la cybernetica più insidiosa e  devastante della pioggia di bombe.

Per far tacere i cannoni, un compromesso, i potenti lo troveranno. Ma chi pagherà il conto all’Ucraina, prima stuprata dai carri armati russi e poi usata come ring per misurare muscoli o come cavia per una guerra che si chiude ed una guerriglia che cova sotto traccia? Fenomeno, quest’ultimo, negletto in Europa, a parte le parentesi basca ed irlandese del decennio 60/70 del novecento, ma non deflagrante in conflitti su orizzonti geopolitici carichi di tensioni non solo nucleari.

Si vis pacem para bellum, recita un antico detto latino, ma quale pace si può costruire sul deserto? Non solo materiale, ma di ideali e speranze liberate da ipocriti infingimenti politici immemori delle vittime umane e delle mutilazioni territoriali patite dal popolo ucraino a partire dal 2014.

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