scritto da Eugenio Ciancimino - 17 Gennaio 2017 09:08

SVALUTATION – L’acquitrino dei social e le bufale giornalistiche

Le bufale dei media o sono abbagli o notizie divulgate per disinformare. Nel primo caso sono frutto di superficialità accoppiata ad insipienza, nel secondo caso si tratta di operazioni più o meno raffinate per depistare o per orientare tendenze politiche, di mercato o di costume. In entrambe le situazioni ne sono comune denominatore le fonti, la cui autorevolezza ed affidabilità spetta al giornalista scandagliare.

Una funzione professionale resa sempre più problematica con l’avvento del web, aperto a chiunque abbia voglia di comunicare opinioni, gossip, insulti o veicolare immagini o notizie di fatti accaduti o costruiti a bella posta.

Nell’acquitrino dei social non è facile, anzi quasi impossibile, prevenire e rimuovere le “bufale”; altra cosa è il loro trasferimento sul terreno solido dei media tradizionali (carta stampata, radio e tv) la cui gestione risponde a norme di legge sull’editoria ed a codici deontologici della professione giornalistica.

Sul punto la polemica sull’asservimento dei media tradizionali ai poteri forti accesa dal leader di M5S, Beppe Grillo, apre un capitolo diverso che non ha nulla a che fare con le “bufale”. E’ più appropriato parlare di narrazioni politiche più o meno militanti, che comunque rispecchiano spazi di libertà incompatibili con l’idea di istituire organi di  controllo preventivo o punitivo sull’attività di informazione.

Si tratta di salvaguardare uno dei fondamenti della convivenza democratica, al di là dei legami delle testate giornalistiche, più o meno influenti, con i centri di potere politico e/o economico. Il loro ruolo può essere di compiacenza o di critica, assimilabile o al cane da guardia delle istituzioni costituite o al cane che in esse intravede i lampioni su cui scaricare i propri bisogni idraulici.

Il dato di fatto è il cambiamento del ruolo del giornalista “gatekeeper”, nel senso di sentinella della notizia o di guardiano dell’informazione, cui, prima dell’avvento di Internet, era riservata la funzione esclusiva di valutare i materiali da pubblicare.

La realtà è andata avanti con la rivoluzione digitale che consente partecipazione ed accesso al mondo dell’informazione e del sapere senza limiti di mediazione. I suoi canali, i cosiddetti social, costituiscono nuovi spazi per il racconto dei fatti e per il confronto di opinioni, che non declassano il ruolo del giornalista ma ne esaltano  le capacità di investigazione della realtà e delle idee.

E’ una questione di aggiornamento culturale, perché, le tecnologie per loro natura non sono buone, né cattive, sono neutre; il loro valore dipende dagli uomini che le utilizzano, a prescindere dalle bufale divulgate o per carenza di conoscenze o per dare colore alla politica disarmata rispetto alle pulsioni sociali ed esistenziali del tempo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.