Il linguaggio muscolare di Vincenzo De Luca, familiare per i salernitani che lo hanno avuto Sindaco per un ventennio, ha suscitato scalpore appena è entrato nel circuito nazionale della comunicazione politica.
Le parole sotto accusa sono quelle usate nei confronti di Rosy Bindi, alla quale ha rimproverato “la sua esistenza”. Non si pretendevano gentili parole da parte di chi aveva subìto la qualifica di “impresentabile” a 48 ore di una consultazione elettorale che lo aveva in corsa per la Presidenza della Regione Campania. Quello che non torna è la reazione indignata di esponenti nazionali del PD defilatisi prima sulla candidatura di Vincenzo De Luca o poi sulla sua presentabilità contestata, sia pure con atto monocratico, dal Presidente della Commissione Antimafia.
Era noto il suo modo di far politica e di esprimersi al punto da guadagnarsi il titolo di “Sindaco sceriffo” e da rompere ogni regola di obbedienza alle gerarchie del PD da lui, in più di una occasione, appellate come “anime morte”. Si può condividere o meno, ma gli va dato atto che il suo modo di fare politica non ha nulla in comune con l’ambiguità del linguaggio cifrato e criptico per addetti ai lavori. Contrariamente alle consuetudini di altri politici ha osato sfidare il potere della burocrazia fino a beccarsi una condanna per abuso d’ufficio, mentre per lui si tratta solo di “reato linguistico”; ha forzato procedure amministrative finite sotto osservazione della magistratura, ma ha definito “pinguini” i giornalisti che gli hanno mosso critiche; ha contestato la legge Severino perché è una “idiozia” da cancellare in poche ore, con buona pace per il Parlamento e la Corte Costituzionale e con tanti saluti per politologi e salottieri della politica.
Si capisce, così, lo sconvolgimento all’interno della sinistra che predilige il linguaggio sopraffine dei “maestri di violino”, come lui spesso ha definito i sofisti del suo partito. Dà fastidio il suo linguaggio ruvido o la sua aspirazione a riscrivere il mondo della politica, nonostante gli “imbecilli”? Anche questo aggettivo riferito a quelli che lo contestano fa parte del suo repertorio mediatico e non è una invenzione del comico genovese Maurizio Crozza.
9.11.2015 – By Nino Maiorino – ***Si può condividere o meno, ma gli va dato atto che il suo modo di fare politica non ha nulla in comune con l’ambiguità del linguaggio cifrato e criptico per addetti ai lavori. Contrariamente alle consuetudini di altri politici ha osato sfidare il potere della burocrazia fino a beccarsi una condanna per abuso d’ufficio, mentre per lui si tratta solo di “reato linguistico” ***: grande De Luca, bravo Ciancimino.