Chissà se Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio dei Ministri, prima di esprimere solidarietà e sostegno ai gillet gialli francesi, abbia pensato che il suo governo aveva appena varato una legge, la 132/18, che in Italia punisce con la reclusione fino a 12 anni chi “ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata”. E già che i suoi agognati sodali d’Oltralpe sono pluridecorati in tale modalità di manifestazione del proprio dissenso, praticandola sistematicamente ogni sabato, a Parigi e nelle principali città della Francia, da due mesi a questi parte. Con annessi atti di vandalismo e violenze, che finora hanno causato sei morti e circa millecinquecento feriti, al punto che il Parlamento della Francia per fronteggiarli si è spinto a considerare l’opportunità di introdurre la legge marziale.
Al di là delle coerenze di chi ci sta governando, la pena del carcere pluriennale per chi pratica un blocco stradale, prevista nel Titolo II è la parte del Decreto Sicurezza che lascia più perplessi. È utile tuttavia di precisare che su questa misura non c’è neanche un fumus di presunta incostituzionalità. Il reato di blocco stradale era stato infatti recepito nella legislazione penale dell’Italia repubblicana col DLgs 66 del gennaio 1948, immediatamente dopo la promulgazione della Costituzione. Nel 1999 il legislatore lo aveva depenalizzato, derubricandolo a reato amministrativo. Ora viene di nuovo configurato come reato penale; niente di stravolgente. Culturalmente abbinerei a questa norma quella volta a sanzionare penalmente l’occupazione abusiva di immobili da parte di non aventi diritto, contenuta nello stesso Decreto Sicurezza. È difatti facilmente leggibile la volontà di mettere fine a pratiche, quali i blocchi stradali o le occupazioni delle case, introdotte nel nostro Paese con il sessantotto.
Non si tratta però solo della volontà ideologica di chiudere con quella stagione. Di mira ci sono anche i nuovi fenomeni legati all’immigrazione, che vedono in alcuni casi gli immigrati occupare immobili abbandonati o degradati, eleggendoli a propria dimora, ed anche – aspetto tutt’altro che secondario – la gestione mafiosa e camorristica delle case popolari, spesso occupate abusivamente e cedute ai loro clienti, irridendo così ai poteri legittimi.
Nello stesso Titolo II sono introdotte poi norme più severe e di veloce applicazione per la punizione di chi si macchia di maltrattamenti in famiglia. Doveroso.
Vengono altresì estesi i poteri dei sindaci in materia di sicurezza e di tutela del decoro urbano, consentendo ad essi di poter sottoscrivere patti per la sicurezza della propria città con i prefetti. La legge prevede anche di investire risorse per l’assunzione di nuovi agenti delle polizie municipali. Quest’ultimi, nei Comuni superiori a centomila residenti, potranno sperimentare i famosi taser, ovvero le pistole ad impulsi elettrici.
Né è trascurabile l’impegno finanziario per complessivi 267 milioni di euro di qui al 2025 per il potenziamento della Polizia di Stato in uomini e mezzi e di ulteriori 92 milioni per il corpo dei Vigili del Fuoco per lo stesso lasso di tempo.
Infine e non ultimo per rilevanza, vengono introdotte misure volte a prevenire la locazione di furgoni da parte di potenziali terroristi e disposte misure obbligatorie di scambio di informazioni tra le Forze dell’Ordine, ivi comprese le polizie municipali. Nel caso di soggetti segnalati per simpatie verso i terroristi, sarà obbligatoriamente disposto nei loro confronti il divieto di accesso ai luoghi pubblici particolarmente affollati o di interesse turistico.
Dal mio punto di vista, questo secondo Titolo della Legge 132/18 – fatte salve le perplessità sopra enunciate sulla ri-penalizzazione del blocco stradale – risponde ad esigenze non solo avvertite fortemente dall’opinione pubblica, ma anche legittime sotto il profilo della tutela della sicurezza e della vita democratica del nostro Paese. 3/continua