La pandemia ha solo assopito, non cancellato, i nostri – sempre quelli – problemi. Nei mesi e nelle settimane in cui il morbo, ha infuriato, non abbiamo pensato a niente altro – giustamente – se non a salvare la pelle.
Ma adesso, tutte le contraddizioni e gli idiotismi del Paese vengono a galla come la melma quando piove e saltano le fogne. Sale la puzza di tutto quello che finora non ha funzionato e si sente di più perché questa pandemia sembra aver, ancora una volta, segnato una fondamentale, esiziale, divisione: tra chi ha e chi non ha, tra chi riuscirà ad uscirne perché ha le spalle grosse e chi invece no. È questo uno dei cambiamenti fondamentali, prima ancora di tante buonistiche considerazioni sul “tempo ritrovato” e sulla “scoperta delle potenzialità della rete” su cui porre attenzione.
Non è tutto da piangere ovviamente: laddove la pandemia ha distrutto c’è anche l’opportunità per ricostruire. Utilizzando un nuovo paradigma di vita e di lavoro dettato dal fatto che, a quanto pare, con questo virus dovremo abituarci a convivere.
Non ci sarà alcun dubbio sul fatto che l’essere umano avrà comunque la meglio, non a caso siamo l’essere vivente con la maggiore, vincente, capacità di adattamento.
Tuttavia, questo avverrà soltanto se riusciremo a dare vita a un modello capace di coniugare crescita economica ed inclusione sociale. In maniera concreta.
La pandemia ci da questa occasione, imperdibile, per farlo. Anche perché la situazione è talmente radicale che occorre prima di qualsiasi altra cosa attivarsi sul campo. Finita l’Estate, inizierà a languire la Cassa Integrazione che non potrà certo durare in eterno.
Prima che lo scontro sociale esploda, occorre intervenire, ciascuno per la propria parte, a cominciare da chi uno stipendio ancora ce l’ha.
Il punto, fondamentale, su cui intervenire è, più che mai come adesso, la Responsabilità: quella che ci ha portato con un certo ordine a sopportare e soffrire in silenzio nei mesi tragici della pandemia e che adesso è fondamentale.
In questo momento Responsabilità significa non solo buonisticamente mettersi la mascherina. Significa soprattutto pensare, ciascuno nel proprio piccolo, che bisogna ripartire e dare anche agli altri che ci stanno attorno la possibilità di farlo. Tornare a lavorare, ovviamente, se le condizioni lo permettono è un modo di essere responsabili perché attorno a chi lavora c’è un altro mondo di persone che lavorano. Pensate per esempio ai bar e ristoranti attorno alle aziende o agli enti.
Ecco quindi che pensare, egoisticamente, di restare a casa assume un tono non del tutto edificante. Tornare a lavorare, come tra hanno fatto e continuano a fare i trasportatori e gli operatori sanitari, dove e se le condizioni lo consentono è un gesto di Responsabilità. Verso gli altri.
Il secondo punto da cui ripartire, sono gli Altri. Nella pandemia, nei mesi in cui ci siamo trovati dentro casa abbiamo scoperto che il mondo è abitato anche dagli “altri”, strana creatura, oltre dal trionfo del Noi. Stando chiusi dentro casa, guarda un po’, abbiamo scoperto che, per quanto non ci piacciono, per quanto vogliamo essere migliori, gli “altri” sono necessari. Perché, terra terra, siamo animali sociali e così come mangiamo e respiriamo abbiamo bisogno degli altri con cui crescere, confrontarci e, magari, anche incazzarci.
Avvicinarci agli “altri” che vivono a fianco a noi e che, purtroppo, a causa delle conseguenze economiche della pandemia, saranno meno fortunati di Noi, è un qualcosa che ci servirà tanto a settembre, quando la situazione sociale potrebbe peggiorare e sarà necessario appellarsi a quella solidarietà che soltanto Noi, in questo paese, sappiamo creare nei momenti di massima difficoltà.
Ne usciremo, indubbiamente. Tutto passa come diceva un grande saggio qualche secolo fa “nessuno può bagnarsi per due volte nello stesso fiume”.
Ma stavolta, più che mai, siccome si prepara l’avvento di paradigmi sociali, economici e formativi nuovi, la differenza la farà il modo in cui ne usciremo.
E la Responsabilità di dove siamo e cosa facciamo unita al pensiero degli altri ci potrà, forse, far fare un passo in più.
Uscendo dalle solite rimuginanti lamentazioni che, finita l’emergenza, hanno ripreso a scorrere, come se nulla fosse successo.