Politica: la destra incespica, la sinistra barbaglia ed al centro si litiga
Fa notizia il dissidio Calenda/Renzi, di cui viene data rappresentazione come una simil commedia da torte in faccia o di una sceneggiata al lume di possibili riconciliazioni. Ma c’è chi le attribuisce, al di là del narcisismo dell’uno e del protagonismo dell’altro, una naturale animosità di chi vuol dare una casa comune ai cosiddetti centristi.
Nel PD tira aria di bonaccia dopo i marosi congressuali, ma spirano venticelli di disfide con cacicchi (“partito di Sindaci e Governatori”) e di contrasti sia in termini di diritti e di identità socioculturali e sia su scelte fattuali di cui sono spie i mal di pancia per il sostegno di armi all’Ucraina o per la realizzazione del termovalorizzatore di Roma.
Viaggiano in bassa frequenza, rispetto alle rivisitazioni delle loro bandiere, gli umori del M5S il cui leader è particolarmente attivo nel contendere consensi al PD, fino a rasentarne la provocazione su alcuni temi sensibili nella galassia della sinistra.
Travagliata la convivenza tra FdI, Lega e FI: competitivi e spesso scavalcanti nelle esternazioni delle voci di dentro, ma sodali, per necessità o convenienza esistenziale, nel sostegno alle iniziative del Governo condotto da Giorgia Meloni.
Sono quattro fotogrammi resi dai media nella lettura dell’attuale situazione delle relazioni politiche. In essa si configurano, da un lato, una maggioranza di Governo che commina sulla traiettoria di un programma preannunziato, ma condizionato da fibrillazioni per la tenuta dei conti pubblici ed emendato o corretto dalle sopravvenute emergenze da inflazione, deficit energetico e surplus di flussi migratori, e dall’altro lato c’è un insieme di opposizioni che non fanno cartello per un’alternativa politicamente sostenibile.
Ciascuna delle forze in campo sta coltivando propri obbiettivi in funzione delle prossime consultazioni elettorali europee nelle quali, con il sistema proporzionale, si fa la conta della consistenza delle singole forze, sia come verifica dei rispettivi stati di salute nel contesto nazionale e sia per le alleanze da approcciare in ambito comunitario europeo. Sul punto si gioca la configurazione politica degli organi di Governo dell’EU.
E non si tratta di una variabile indipendente neutra per il cammino di Giorgia Meloni, soprattutto, per i dossier che riguardano il patto di stabilità, l’attuazione del PNRR e le politiche relative al fenomeno epocale dell’immigrazione dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, attraverso coste, porti e corridoi italiani.
Sono temi le cui soluzioni non sono bandiere da issare a seconda del colore politico prevalente del momento perché
in essi si incrociano valori umanitari con la salvaguardia di interessi nazionali e comunitari. Sono preoccupazioni più volte esternate negli appelli del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’ultimo dei quali è indirizzato agli organi di Governo dell’EU perché si superino “norme preistoriche” sull’immigrazione. Ma non sembra che abbia riscosso il dovuto ascolto nel circuito politico e mediatico di casa nostra dove ci si attarda nell’interpretazione semantica dell’aggettivo “speciale” da mantenere o cassare per la protezione da accordare agli emigranti sbarcati, venendo meno, per ben legiferare sulla specifica materia, al principio “ex facto oritur ius”.
Un chiacchiericcio, peraltro, alimentato da locuzioni che si prestano a forme di discriminazioni ideologiche del tipo “sostituzione etnica” usata dal Ministro Lollobrigida che, pronunziata a proposito del deficit demografico, ha aperto un ulteriore botta e risposta tra una destra che inciampica sulle parole non sempre politicamente corrette per una sinistra che barbaglia.
Con l’augurio che si ritorni ad operare “ex facto”, buon lavoro ai nostri legislatori con o senza “dolce stil nuovo”.