Politica, il largo campo senza idee è un vaneggiamento
Non decolla l’allargamento del “campo” del PD, a parte occasionali convergenze di tattica parlamentare o per esigenze di piazza.
Ci ha provato Enrico Letta, senza conseguire gli esiti sperati, e ne ha raccolto il testimone Elly Schlein che, finora, non ha raccolto successi sia negli appuntamenti elettorali che nei sondaggi.
Il PD, nato nel 2007 dalla fusione dei Democratici di Sinistra e Margherita, eredi politici di PCI, PSI e DC, ha colto un successo elettorale nel 2013 e due sconfitte nelle seguenti consultazioni politiche. La sua vocazione maggioritaria si è infranta nel 2018 quando il M5S, su un’onda anti PD, è divenuto forza di maggioranza relativa in Parlamento e poi nel 2023 in cui gli elettori hanno consegnato la conduzione del Governo del Paese al leader della Destra politica, che era stata minoritaria nell’arco della storia repubblicana, ed alla guida di una coalizione risultata autosufficiente, in termini di seggi conseguiti sia alla Camera che al Senato.
In entrambe le consultazioni si è andato al voto con una legge elettorale, cosiddetta Rosatellum, promossa dal Governo Renzi ed articolata in un sistema di collegi a misura di un presunto appeal del notabilato di centrosinistra proveniente da culture ed esperienze coltivate e vissute nelle file delle diverse declinazioni dell’ex PCI ed ex DC.
A parte il facile richiamo all’ironia della sorte, riferibile a chi voleva gabbare ne è rimasto gabbato, il messaggio, per ben due volte in un decennio forte e chiaro, ha investito, sopratutto, l’establishement del PD percepito come apparato amministrativo politicamente più sensibile alle alleanze di palazzo a prescindere dai risultati elettorali.
Con questa impostazione i suoi vertici sono rimasti insediati o comodi nelle stanze dei bottoni delle istituzioni di governo e relativi apparati nella XVII Legislatura con il concorso dei berlusconiani del Patto del Nazzareno ed in quella successiva negli Esecutivi del Conte2 e di Draghi con Lega e Forza Italia.
Su questi crinali di condivisioni indifferenziate si spiegano scissioni, fughe dalla militanza e diserzioni dalle urne. Ma è meno comprensibile la scalata di Elly Schlein alla guida del partito con i voti di esterni prevalenti sugli iscritti, ed è poco rassicurante che una forza politica che ha un suo retroterra culturale e sociale sia esposta alla conquista di alieni.
Può essere la fine di una stagione o l’inizio di una avventura? La neo segretaria promette una nuova militanza più in armonia con i colori arcobaleno dei diritti civili che con quelli delle rivendicazioni delle tutele sociali. Coerente o incongrua con l’ideologia progressista della politica si apre una nuova pagine di riflessione che “tocca un punto essenziale della sinistra” (copyright di Aldo Schiavone) sia dal punto di vista concettuale che etico. Ed è preminente rispetto all’aritmetica delle alleanze elettorali praticate o promesse per battere le destre. Come dire che senza idee non c’è campo di semina di buone speranze, largo o stretto che sia, non solo per la rigenerazione della sinistra ma per la buona salute della democrazia.
Nel sapiente gergo partenopeo si suole dire di faticare (lavorare) “ ‘a terra quanno ‘o tiempo è asciutto” per mettere a frutto le buone occasioni. Il primo banco di prova, ma non ultimo, sarà l’appuntamento delle prossime consultazioni europee in cui si giocano sorti ed indirizzi della governance dell’Unione. Ed è un momento per uscire dalla supponente ipocrisia del politicamente corretto. Lo favorisce lo spirito del tempo e ne è strumento il sistema di voto proporzionale.
Buon vento per i liberi e forti faticatori della politica del fare e delle idee.