La politica italiana, tra scissioni, colpi bassi, bizze e pettegolezzi vari
Sarebbe il caso di dire, se le condizioni meteo lo consentissero, che “tanto tuonò che piovve”.
Qualche giorno fa questo auspicio si è avverato, almeno in tutte le regioni del nord, in alcune delle quali si è dovuto ricorrere agli spazzaneve per rimuovere i chicchi di grandine che avevano invaso le strade: mentre al centro sud non sappiamo dove rifugiarci per sfuggire alla canicola, lì sembrava inverno.
Un segno del destino?
Possiamo interpretarlo pure così, anche perché, stando ai risultati delle ultime elezioni amministrative, proprio il nord Italia sembra sia stato il più penalizzato, specialmente per la Lega di Matteo Salvini e per Forza Italia.
Ma mentre FI ha retto l’urto, tant’è che gli stessi esponenti di quel partito hanno candidamente ammesso che c’è stato “qualche” errore, che le divisioni e le spaccature tra i tre patiti di destra non ripagano, che solo uniti si vince (cosa risaputa), la Lega ha tentato di correre ai ripari, e poco c’è mancato che, alla chetichella, gli “amici” leghisti di Salvini non lo facessero fuori cancellando perfino il suol nome dal simbolo del partito, togliendo il motto “La Lega Salvini Premier” e tornando al vecchio slogan “Lega Nord”, e solo l’intuizione del Capitano ha evitato che venisse platealmente estromesso.
Ma se facciamo un giro d’orizzonte ne vediamo di belle.
Partiamo, per esempio, dal primo evento che ha tenuto incollati i telespettatori alle TV, la scissione di Luigi Di Maio, ufficializzata il 25 giugno scorso, con la quale inizialmente “Giggino” s’è portato dietro almeno 60 parlamentari (50 Deputati e 10 Senatori), ed ha subito denominato il nuovo gruppo parlamentare “Insieme per il futuro”; qualche buontempone aveva suggerito di denominarlo “Polvere di stelle”, tanto per individuarne l’origine, pure se, a nostro parere, sembra che Di Maio la polvere l’abbia lasciata a Conte e a Grillo.
Qualcuno ha definito questa scissione la più grande di sempre, non è così, ma certamente è stato un duro colpo per il M5S e per Giuseppe Conte il quale sembra un pugile sul ring, confinato in un angolo, che prende sberle senza sosta.
In verità questa maxi-scissione non è una cosa dell’ultima ora, se ne sta parlando da almeno un anno, la grande stampa già a giugno del 2021 faceva pronostici.
Ora non si sa bene quanti siano gli scissionisti che hanno seguito Di Maio (si parla di una nutrita pattuglia, alla quale parteciperebbero parlamentari anche di altri partiti), staremo a vedere nei giorni prossimi come si stabilizzeranno i due gruppi, ma intanto tante bottiglie di veleni sono state aperte.
La più pericolosa possiamo, senza ombra di dubbio attribuirla alla diatriba scoppiata tra Draghi, Grillo, Conte, ufficializzata dal sociologo Domenico De Masi, nel cui cuore sembra ci siano le 5 stelle, il quale alla fine ha spifferato tutto a Marco Travaglio il quale l’ha ampiamente divulgata.
Sembra che Draghi abbia chiesto a Grillo di rimuovere Conte dalla struttura del M5S, quella rimasta dopo la scissione, ripetendo a Grillo lo stesso giudizio che qualche tempo fa Grillo aveva espresso su Conte, non all’altezza, non adeguato.
Draghi ha smentito, Grillo si è defilato, Conte si è arrabbiato ed è corso da Mattarella, passaggio importante sul quale è il caso di fare qualche considerazione.
Purtroppo la politica è una malattia molto contagiosa, quando ti prende non ti lascia più, e neanche i “tecnici” ne sono immuni, è avvenuto con Monti, ora con Conte, pensiamo che accadrà pure con Draghi: volutamente parliamo di tre persone di livello che non sono mai state elette, quindi non si sa quale forza elettorale potrebbero avere alle spalle: a parte la vicenda di Mario Monti, che era stato chiamato da Giorgio Napolitano, Conte venne chiamato, tramite Bonafede, dal M5S per superare l’impasse Di Maio – Salvini (entrambi volevano fare il Premier) Draghi è stato chiamato da Sergio Mattarella.
Torniamo alla vicenda Conte: una persona normale, a quel punto, avrebbe tirato i remi in barca e sarebbe tornato a fare il Professore universitario, invece ha pensato bene di ricorrere al Presidente Mattarella, facendo finta di andarsi a lamentare, ma certamente per rimanere a galla; Mattarella mai avrebbe potuto avviare una crisi, l’astuzia di Conte, se così vogliamo chiamarla, è stata proprio questa.
E infatti Conte è rimasto a guidare il pezzo di partito che la scissione gli ha lasciato, vedremo quanto conterà.
Contrariamente a quanto qualche detrattore ha sostenuto, riteniamo che Di Maio abbia fatto una cosa intelligente: è rimasto un “draghiano” di ferro, a Draghi sarà sempre fedele, e Draghi su questo conta, rimarrà Ministro degli esteri, i parlamentari che stanno con Di Maio assicurano il sostegno al Governo, quindi per entrambi nulla cambierà; ma con l’aggravante che, probabilmente, ciò che rimane del M5S potrebbe essere non determinante per la stabilità del Governo, quindi è possibile che Draghi, sebbene abbia smentito tutto, abbia tentato veramente di liberarsi, tramite Grillo, della spina nel fianco che Conte costituisce.
Ora si attende l’incontro chiarificatore tra Draghi e Conte, fissato per lunedì 4 luglio, staremo a vedere, anche se siamo convinto che il tutto finirà a “tarallucci e vino” come suol dirsi.
Gli altri partiti non coinvolti nella vicenda, stanno alla finestra e quasi tacciono in attesa degli eventi.
L’unico leader venuto allo scoperto, proprio ieri 2 luglio, è stato Matteo Renzi il quale ha rilasciato al Corriere della Sera una lunga intervista pubblicata dal Corriere della Sera, riportata anche da Ansa e poi da Huffingtonpost.
Di Matteo Renzi si può dire di tutto, di bene e di male, ma non che non abbia idee chiare e facilità di espressione.
In questa intervista Matteo Renzi ha affrontato principalmente il discorso della governabilità del paese, almeno per quel che rimane della legislatura (meno di un anno).
Renzi propone a Draghi un “patto per l’Italia” sul modello Ciampi per i prossimi dodici mesi: “mettere tutti insieme: partiti, associazionismo, sindacati, categorie e imprese, perché è il paese a rischiare”: potrebbe essere un toccasana per lo stesso Draghi.
A proposito di Giuseppe Conte Matteo Renzi ha esplicitamente detto che se rimane ad appoggiare il Governo Draghi e a guidare quel che resta del M5S, quest’ultimo crollerà mese dopo mese fino ad estinguersi.
Se uscirà dal M5S resterà la candidatura di Alessandro Di Battista, il quale potrebbe tentare di riportare quel che resta del partito agli ideali originari dello stesso.
“Il grillismo -dice Renzi- è nato contro la casta e muore perché i suoi dirigenti si sono rimangiato tutto, addirittura litigano sul terzo mandato; adesso vedere questi ex idealisti tenere un Paese fermo per le loro ansie personali è indecente”.
Sui possibili accordi di Luigi Di Maio e Beppe Sala, Renzi precisa: “Beppe Sala sta nel centrosinistra. Vedremo se darà una mano alla politica nazionale. Per adesso lasciamogli fare il sindaco.”
Su una possibile intesa tra “Italia Viva” e “Insieme per il futuro” conclude: “Di Maio è quanto di più lontano ci sia da me, sotto tanti punti di vista: dal reddito di cittadinanza alle politiche per la scuola noi parliamo lingue diverse”.