Naufragio Cutro, evento tragico non strage di Stato
L’interrogativo è d’obbligo rispetto alla caratura e capacità di fare opinione dei media che ne hanno fatto uso nelle loro titolazioni.
È appropriato parlare di strage di Stato a proposito del naufragio di Cutro, così come si è letto su alcuni giornali?
L’interrogativo è d’obbligo rispetto alla caratura e capacità di fare opinione dei media che ne hanno fatto uso nelle loro titolazioni. Se ne comprendono le convulsioni redazionali della prima ora a fronte di notizie frammentarie sull’attivazione di possibili soccorsi, ma non giustifica una scelta comunicativa che associa lo Stato, come istituzione, all’idea di una volontà omissiva foriera di un’eventuale tragedia. Pertanto, o si tratta di uno svarione semantico di entità istituzionale, tra Stato e Governo, o di un intento, politicamente strumentale, mirato a suscitare indignazione verso gli inquilini pro tempore di Palazzo Chigi.
E questa sembra essere la citata linea editoriale sfociata nella richiesta di dimissioni del Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per avere detto, a caldo, che “la disperazione non può giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei nostri figli”.
Una frase non aulica per un uomo delle istituzioni, che sa di predicozzo o sermone familiare; si può configurare come reazione umana, non politica, ma oggettivamente non sufficiente per mettere in fibrillazione o in crisi una compagine governativa.
“Mi infastidisce – commenta il Sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, intervistato dall’Agenzia DIRE – che i riflettori si siano puntati su quello che ha detto il Ministro”, riconoscendogli anche attenzione e correttezza di comportamento. Come dire che l’utilizzazione di frasi che non rientrano nel decalogo dei fautori del politicamente corretto è un modo di distrarre le dovute riflessioni sul fenomeno della navigazione di migranti nel Mediterraneo che spesso si traduce in tragici eventi e su cui incombono traffici di esseri umani.
Sul punto si incrociano l’appello di Papà Francesco (basta ai traffici di esseri umani ed ai viaggi della speranza che si trasformano in viaggi della morte); il monito del Capo dello Stato, Sergio Mattarella (il cordoglio deve tradursi in scelte operative da parte di tutti: Italia, UE e dei paesi che ne fanno parte); il favore della Commissione EU, preannunziato dalla portavoce Anita Hipper, per la trattazione dell’emergenza migranti sollecitata dalla Premier Giorgia Meloni.
Se nella notte del 26 febbraio ci sono stati errori di valutazione dei rischi nell’interpretazione dei messaggi intercorsi tra Frontex, Guardia di Finanza e Guardia Costiera o anche omissioni di interventi di salvataggio sarà la magistratura ad accettarne l’esistenza, ma non è eticamente corretto prefigurarla, a prescindere, in chiave di convenienza politica o di linea editoriale.
Chi sbaglia non può non pagare e vale anche democraticamente, senza privilegi di casta, sia per gli operatori politici che per gli addetti all’informazione giornalistica che non si attengono alla verità sostanziale dei fatti accertati e raccontati.
Si tratta di un corretto rapporto con il pubblico dei fruitori di notizie, peraltro disposto nella legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. La sua osservanza non è una limitazione alla libertà di pensiero e di opinioni, ma è un canone professionale che si chiama deontologia: un valore incompatibile con professioni ideologiche o con le regole di ingaggio della militanza politica.