scritto da Nino Maiorino - 28 Febbraio 2017 11:38

Migranti: una questione seria tra polemiche sterili e prese in giro

Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, che l’avv. Alfonso Senatore fa parlare di se e delle sue iniziative sul problema della sicurezza a Cava.

Il problema della sicurezza è un “pallino” che Alfonso Senatore ha sempre avuto, e da quando è stato Assessore nella giunta del Sindaco Gravagnuolo gli è rimasto appiccicato addosso, tant’è che ne parla in continuazione; in verità non ne parla solamente, ma assume anche iniziative e fa proposte concrete.

L’opera di Alfonso Senatore nel settore della sicurezza cittadina è stata meritoria, e tutti ancora ricordano i risultati ottenuti quando è stato Assessore.

Oggi Alfonso Senatore è nuovamente sulle prime pagine dei giornali cittadini per una ulteriore iniziativa, sempre collegata con il problema della sicurezza (che, nonostante le smentite di Servalli e della sua amministrazione, qui a Cava esiste): una petizione popolare indirizzata al Sindaco e al Presidente del Consiglio comunale di discutere, in una prossima riunione di consiglio, della ventilata possibilità che Cava debba accogliere altri 150 extracomunitari, oltre i 20 già ospitati nel Convento dei Frati Cappuccini.

Ovviamente si sono “aperti i cieli”, e si sono immediatamente formati due schieramenti, quello favorevole e quello contrario, e radio portico fa da sostegno ad entrambi.

Ma, prima di affrontare la problematica locale riteniamo opportuno fare una rapida disamina della problematica a livello generale.

Il problema generale dell’accoglimento dei migranti è talmente grande e complesso da non poter essere affrontato con leggerezza e faciloneria, come da più parti avviene.

E’ stato calcolato che entro 20-30 anni ci sarà un flusso migratorio di circa 50 milioni di migranti, provenienti dai paesi poveri, sottosviluppati e disastrati del mediterraneo e non solo, flusso che si dirige verso i paesi ricchi dell’Europa; 50 milioni sta a significare che una popolazione quasi pari a quella italiana, si sposterà dall’Africa, dai Balcani e dal medio e dall’estremo oriente verso l’Europa in cerca di condizioni di vita migliori.

L’Italia, per la sua posizione geografica è uno dei paesi più esposti, per le sue estesissime coste che costituiscono il confine meridionale dell’Unione europea, e per questo è molto più vulnerabile, in ogni senso, rispetto agli altri.

La questione della gestione di tali flussi migratori, com’è ovvio, è molto complessa, considerando prima di tutto che i paesi dai quali provengono i migranti sono retti da governi, o pseudo tali, instabili, spesso da regimi dittatoriali, intolleranti delle influenze esterne e non disponibili ad alcun confronto con i paesi che subiscono l’immigrazione; quasi sempre quei paesi vivono in una situazione anche di precarietà interna, talvolta spaccati i due o più parti, ciascuna delle quali retta da un “suo” governo, nella maggioranza dei casi non eletto democraticamente ma eletto e sostenuto da bande armate che lo supportano fino a quando fa loro comodo, pronte a farlo cadere per appoggiarne un altro.

Su tutto ciò incombono le guerre e le stragi provocate prima dalla invasione, nell’ultimo quindicennio, degli Stati forti spinti dalla stravagante idea di esportare la democrazia (ma più realisticamente, dalla esigenza di controllare attraverso governi pilotati le fonti energetiche o gli scambi internazionali), ora dal sedicente Califfato che, anche con i proventi derivanti dal commercio del petrolio degli stati che le milizie armate hanno occupato, hanno costituito eserciti e bande molto agguerrite e fortemente ideologizzate, alle quali molto spesso si sono aggiunti elementi convertitisi all’Islam il cui fanatismo li ha portati a compiere, spesso in maniera autonoma, stragi sanguinarie che hanno fatto centinaia di vittime specialmente nei paesi meno ostili ad accogliere i migranti; e i paesi membri dell’Unione Europea hanno pianto centinaia di vittime sacrificate a questo fanatismo.

Questo è lo scenario, una enorme questione che non può essere affrontata dall’Italia con la faciloneria cialtronica dei leghisti, dei grillini e di quanti ad essi, stupidamente, si accodano.

Tante sono le soluzioni proposte dai faciloni della politica politicante, come i respingimenti, lo schieramento della marina militare, l’aiuto nei paesi d’origine, e altre baggianate varie.

Una minima riflessione fa comprendere come queste idee e suggerimenti siano enormi sciocchezze dette da chi vuole turlupinare le masse solo per accaparrarsene i voti, specialmente degli elettori più umili, incolti e impauriti.

Dire che il problema si risolve con i respingimenti è una delle più grosse sciocchezze che circolano; il respingimento presuppone che i migranti sbarcati vengano respinti nei loro paesi di origine; chi propone questa soluzione dovrebbero chiarire come si fa a respingere, ad esempio, un gruppo di africani giunto sulle coste italiane su precarie imbarcazioni che hanno navigato per miglia e miglia senza sapere nemmeno da quali porti o spiagge sono partiti.

L’idea folle di schierare le navi della marina militare per bloccare le imbarcazioni dei profughi partite da porti e spiagge africane verso l’Italia è un’altra amenità (per non dire altro) ricorrente; gli ideatori dovrebbero spigare come è possibile realizzare una rete protettiva di navi da guerra che dovrebbe sorvegliare tutte le coste del nord Africa e anche di qualche paese del medio oriente.

Dei cannoneggiamenti delle imbarcazioni degli immigrati non è nemmeno il caso di parlare; già senza cannoneggiamenti il Mar Mediterraneo è divenuto un grande cimitero nel quale non si contano i morti.

E poi c’è l’ultima baggianata, ammantata di pseudo scientificità: andiamo ad aiutare i paesi di origine; giusto, ma ci vorrebbero governi stabili con i quali parlare, stabilire collegamenti, concepire piani di aiuti e firmare accordi; nella foga di dire sciocchezze ci si dimentica che i paesi di origine dei migranti sono o mal governati, oppure in preda a bande armate che non costituiscono una autorità che abbia presa sulla intera popolazione, spesso vittima di soprusi e violenze, e che, probabilmente, sono quegli stessi “governanti” ad alimentare e magari lucrare sul fenomeno.

Quindi le proposte dei respingimenti e dei cannoneggiamenti sono solo assurdità; mentre l’idea dell’aiuto nei paesi di origine può essere valida solo per quei paesi che abbiano governi il più possibile stabili, e fino a quando dureranno.

Evidenziato questo enorme problema, non è facile trovare adeguate e immediate soluzioni, almeno da parte del nostro Governo il quale, fino a questo momento, si è barcamenato tra una politica di accoglienza largamente umanitaria, e le pressioni sull’unione europea affinché intervenisse non solo con contributi economici, ma anche, anzi principalmente, a livello normativo, giacché molti dei problemi che abbiamo all’accoglienza, nella fase di identificazione derivano principalmente dagli errori normativi della comunità.

Tanto per citare una, tra le norme contestate vi è quella che prevede che il migrante, registrato nel paese di approdo, debba rimanere lì e chiedere lo status di rifugiato, senza poter proseguire verso un altro paese membro. Questa regola ha generato due perverse conseguenze: la prima è il congestionamento delle strutture di accoglienza, nelle quali i migranti sostano mal volentieri (giacché la maggior parte di essi non vuole rimanere in Italia ma andare altrove in Europa): se viene identificato e registrato non può più muoversi dall’Italia; la seconda conseguenza, più deleteria, è che i migranti, consci di tale vincolo, non facilmente si fanno identificare proprio per evitare di finire bloccati in Italia, e fanno carte false per non farsi censire o, per farlo, danno dati errati; nell’uno e nell’altro siamo costretti a tenerceli.

Ovviamente a queste difficoltà oggettive si aggiungono quelle derivanti dall’improvvisazione e dal pressapochismo con i quali siamo abituati ad affrontare ogni serio problema, con l’aggravante che la gestione delle strutture di accoglienza è stata delegata ad organizzazioni molte delle quali hanno intravisto solo un grosso “business”, ed hanno operato, senza alcun serio controllo, solo nell’ottica di aumentare il loro guadagno a discapito dei malcapitati.

Inquadrato così sommariamente il problema generale, giacché non è nostro compito suggerire soluzioni a livello nazionale o internazionale, veniamo ora alla vicenda cavese scoppiata dalla petizione di Alfonso Senatore.

La petizione popolare promossa parte dall’assunto, ovviamente da dimostrare, che più sono gli immigrati più può aumentare la criminalità o, almeno, la insicurezza dei cittadini, già preoccupati per i numerosi episodi di violenza ai quali sono sottoposti.

La ventilata eventualità che a Cava vengano assegnati altri 150 migranti in aggiunta ai 20 ufficiali, già ospitati nel Convento dei Frati Cappuccini, ha scatenato un putiferio e la petizione popolare ne è uno degli aspetti.

La prima reazione è stata quella di Padre Giacomo Santarsieri, Presidente dell’ Accoglienza Cappuccina, il quale ha scritto che presso il convento cavese sono stati accolti 20 profughi, di cui 18 donne e un bambino, come iniziativa privata del convento e con un accordo diretto col Prefetto di Salerno, per un fine altamente umanitario in questa città che si è sempre distinta per l’accoglienza e l’assistenza dei deboli e dei bisognosi.

Hanno subito fatto seguito, con un comunicato congiunto, le Associazioni La Rosa di Gerico, Frida, Agorà e Rossetto, per segnalare che Cava, negli ultimi 15 anni, ha ospitato, ogni anno, oltre 1000 extracomunitari, “che si sono perfettamente integrati”; queste Associazioni, pertanto, ritengono che eventuali nuovi arrivi, coordinati dalle autorità competenti, non costituirebbero un problema; e, ovviamente, non hanno omesso di tacciare l’iniziativa della petizione di Alfonso Senatore come razzista.

A noi sembra eccessiva la reazione delle Associazioni, sia per i toni aspri assunti nei confronti del promotore della petizione, sia anche per quell’accenno ai 1000 migranti già ospitati ogni anno, e da quindici anni, qui a Cava; un tale numero non passerebbe inosservato e, in verità, nessuno ha mai notato tale affluenza di migranti, al di là dei vari venditori di fazzoletti, accendini, deodoranti e minuterie varie che stazionano fissi a tutti i semafori o all’ingresso dei vari supermercati.

Certo è che la notizia di tali ulteriori ospiti, certamente non facilmente graditi, qui a Cava, ha fatto balzare anche nella nostra città il problema generale a livello locale.

Ed è ovvio che ciascun Comune o comunità tenta di risolvere il “suo” problema a prescindere da leggi e direttive nazionali e comunitarie, vale a dire quello di evitare che il proprio territorio venga invaso da folle di migranti che possano alterare gli equilibri, già precari, della esistenza dei cittadini.

E in questo ambito si colloca l’iniziativa di Alfonso Senatore il quale ha sempre dichiarato, sin da quando fu Assessore con Gravagnuolo, il suo dispiacere per le attività cittadine di contrasto all’accoglimento di migranti a Cava, conscio che tale contrasto avrebbe ottenuto solo l’effetto di dirottarli nelle città limitrofe; “ma io debbo occuparmi dei problemi della mia città, non mi posso far carico dei problemi di altre zone”.

Qualche settimana prima della iniziativa della petizione popolare, Alfonso Senatore il 6 febbraio, tramite WhatsApp, diffondeva il seguente messaggio:

“”La soluzione alla immigrazione invasiva pericolosissima è unica: fermarla e rimpatriare tutti gli immigrati clandestini aiutandoli nei loro paesi nativi. L’Europa chiacchiera, chiacchiera, spende miliardi per pagare europarlamentari inutili. Bisogna rimpatriare tutti gli immigrati che in pochi sono profughi e aiutarli nei loro paesi dove ci sono focolai di guerre, questi vanno spenti velocemente, costruendo vivibilità e progresso tale da consigliare, anche a coloro che regolari hanno lasciato i loro paesi natii, di ritornare com’è capitato a noi italianI. Apriamo un dibattito e i contrari mi spieghino perché ciò che sostengo non sia praticabile ed è meglio, invece, continuare così come stiamo facendo, causando morti in mare, disagi, confusioni, insicurezza, disparità di trattamento con gli italiani, vergogne mondiali, ultra-popolazione carceraria insostenibile, guerre tra poveri””.

Parole chiare che però contengono auspici al momento irrealizzabili per i motivi esposti innanzi.

Rimpatriare tutti gli immigrati… : come?

Dove ci sono i focolai di guerre questi vanno spenti velocemente…: come?

Costruire vivibilità e progresso (nei paesi di origine degli immigrati – n.d.r.): come?

La mia risposta fu di perplessità, con la riserva di approfondimento che anche con questo mio scritto ho inteso fare.

In conclusione, a mio avviso nulla di concreto e definitivo qui a Cava possiamo fare, giacché noi cavesi, come gli abitanti di tutti i Comuni coinvolti, siamo impotenti

Le petizioni, come quella in discorso, lasciano il tempo che trovano in quanto le Autorità locali, magari con ipocrita accondiscendenza, faranno pure finta di aderire a programmi di ostacolo all’accoglimento, ben sapendo che tutti hanno le mani legate, dal Sindaco, al Prefetto, al Ministro dell’Interno, all’intero Governo nazionale: tutti impossibilitati a decidere il da farsi per il quadro normativo comunitario esistente, per il sostanziale disinteresse delle autorità europee e per la mancanza di volontà politica seria del nostro governo di organizzarsi con strutture e strumenti che abbiano un minimo di decoro, gestite con un minimo di razionalità e di coscienza umanitaria, e con criteri di economicità che sembrano una meta irraggiungibile.

Classe 1941 – Diploma di Ragioniere e perito commerciale – Dirigente bancario – Appassionato di giornalismo fin dall’adolescenza, ha scritto per diverse testate locali, prima per il “Risorgimento Nocerino” fondato da Giovanni Zoppi, dove scrive ancora oggi, sia pure saltuariamente, e “Il Monitore” di Nocera Inferiore. Trasferitosi a Cava dopo il terremoto del 1980, ha collaborato per anni con “Il Castello” fondato dall’avv. Apicella, con “Confronto” fondato da Pasquale Petrillo e, da anni, con “Ulisse online”.

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