Media e politica: le vele di Salvini gonfiate da critiche vacue
I risultati usciti dalle urne consentono una lettura in più rispetto al racconto dei vincitori e dei vinti ed ai travagliati rapporti interni al Governo e con gli organismi dell’Unione Europea.
C’è qualcosa che va oltre il travaso di voti da un’area all’altra e che riguarda la capacità e la qualità di comunicare messe in campo dai protagonisti. Si tratta della mobilità del corpo elettorale che di volta in volta premia una parte politica piuttosto che un’altra. E’ un fenomeno che si manifesta, sia pure in forma e dimensioni diverse, dal 1994.
A seguito della disintegrazione dei partiti tradizionali che avevano governato l’Italia nei precedenti 50 anni è cambiato il modello di marketing politico elettorale, meno legato al richiamo ideologico e più attento all’attualità dei problemi e dei bisogni avvertiti nelle diverse comunità sociali e territoriali. Saltata la mediazione dei partiti, il nuovo modello lo ha sperimentato per primo Silvio Berlusconi, facilitato dal sistema elettorale maggioritario e favorito dalla disponibilità e dall’uso pervasivo della TV che ha cambiato il modo di comunicare la politica e di divulgarne i messaggi.
E’30 l’avvio del rapporto diretto con gli elettori che premia l’attualità dei temi trattati e la credibilità dei leader che ne intercettano istanze e problematiche.
L’alternanza centro-destra/centro-sinistra delle cosiddetta seconda Repubblica è stata il prodotto di questo modello di comunicare, nuovo rispetto ai tradizionali canali della carta stampata e degli uffici propaganda dei partiti, ed ha avuto come leader su fronti opposti Silvio Berlusconi e Romano Prodi. Dopo la parentesi renziana e del patto del Nazzareno, ne hanno determinato l’esaurimento la riduzione ai minimi termini delle propulsioni ideologiche e l’avvento di un sistema mainstream di comunicazione favorito dai social network, la cui tecnologia aperta a tutti è neutra rispetto all’assunzione di informazione del pensiero politicamente corretto o critico. Il che in termini elettorali ha stravolto le tradizionali categorie politiche e sociali identificabili in destra e sinistra, in conservatori e progressisti, le cui distinzioni nella realtà odierna sono più nominali che di contenuti.
Una lettura sul campo del cambio di paradigma può essere offerta dai risultati elettorali della città di Napoli, dove il PD ha avuto più consensi nei quartieri borghesi, la Lega ha sfondato in quelli del disagio e dell’immigrazione ed il M5S, nonostante il dimezzamento dei voti, ha conservato il primato nelle ex aree operaie.
Allargando la lettura ai dati nazionali la Lega è apparsa più capace nel coinvolgere gli elettori sui propri temi (immigrazione, tasse, sicurezza ed infrastrutture), mentre il M5S si è fermato a contrastare ed a contestare iniziative e reputazione dei colleghi di Governo ed il PD non è andato oltre l’agitazione di ombre xenofobe, razziste e di insorgenze reazionarie dell’ultra destra.
Una certificazione di quanto detto sul diverso approccio comunicativo dei tre citati soggetti in campo lo fornisce una ricerca dell’Osservatorio di Padova condotta in collaborazione con le Università di Milano, Torino e Siena.
“Salvini – afferma Franca Roncarolo docente a Torino – è stato capace di costruire una relazione tra leader e follower, offrendo agli elettori il coinvolgimento in un progetto politico” e, per paradosso, le critiche che gli sono state rivolte “sono state il vento che ha soffiato le vele che lui aveva già teso”.
Quando si dice che il troppo stroppia può dare anche una spiegazione dello sfondamento della Lega nel Mezzogiorno rispetto all’incongruenza e vacuità del linguaggio dei suoi competitori.