Attenti ai cantori dell’antimafia attivi nei mesi di Maggio e di Luglio in occasione degli anniversari delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, in cui 30 anni fa persero la vita, rispettivamente, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, insieme ai componenti delle loro scorte.
Prolifici nel citare frasi pronunziate dai due magistrati il cui uso strumentale, anche a scopo commemorativo, ne banalizza e ne stravolge il senso se non contestualizzate nel tempo e non attualizzate con devianze e/o reticenze in atti giudiziari finora compiuti.
Su quella stagione stragista di Maggio e di Luglio, che comprende anche le autobombe fatte esplodere negli stessi mesi del 1993 a Roma, Milano e Firenze, ci sono molte verità storiche non disvelate e su di essa pende ancora la ricerca del nesso della tessitura di una strategia, complessa ed eversiva. Che non poteva essere alla portata di Totò Riina, per il quale Vito Ciancimino, presunto promotore del “papiello” per la trattativa con pezzi degli apparati dello Stato, stimava scarse attitudini intellettive: “zittu nun capisci nenti”, così soleva redarguirlo nelle riunioni della “cupola”.
Perciò, si cercano responsabilità di menti più raffinate, i cui bracci operativi compaiono e scompaiono come meteore nel firmamento degli apparati dell’amministrazione per la sicurezza e/o giudiziaria.
Nella ricerca di menti più raffinate si potrebbero configurare sia le perquisizioni effettuate nei domicili di Marcello Dell’Utri, ex Senatore di FI, disposte dalla Procura di Firenze che indaga sull’attentato di Via dei Georgofili, e sia l’apertura di un fascicolo da parte della Procura di Caltanissetta che sta lavorando su un possibile ruolo dell’eversione nera nella strage di Capaci.
E qui il condizionale è d’obbligo, non tanto per le stimmate che la Procura nissena si ponta appresso in materia di depistaggi avallati e smentii, quanto per lo strabismo di iniziative più attente ad intercettare millantatori di amicizie a destra, i quali avrebbero esternato idee di dossieraggi “sulle toghe sgradite”, e meno interessate a riesumare il carteggio delle inchieste su mafia, appalti, politica, grandi imprese, tra cui anche cooperative rosse, sulle quali avevano lavorato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Oppure di far luce sulle legittime richieste dei tre figli di Paolo Borsellino circa le numerose anomalie denunziate dal padre davanti al CSM e mai riversate nei quattro processi celebrati sulla strage di Via D’Amelio.
Ed ancora lo scambio di informazioni tra Antonio Di Pietro e Paolo Borsellino interrotte dal tritolo.
Dopo trent’anni ci si aspettano notizie alla base di indagini a prova di Cassazione, come lo furono le istruzioni di Falcone e Borsellino, e non spifferi utili per sillogismi politologici dei cantori dell’antimafia in servizio permanente sui media.
È cosa buona e giusta non abbassare la guardia dell’informazione sulla mafia, purché non sia strumento di potere di scambio politico/mediatico.
Sul punto è motivo di riflessione l’iniziativa dell’ex Ministro Andrea Orlando (PD) di portare la sospensione di Roberto Saviano dai palinsesti RAI all’attenzione della Commissione parlamentare antimafia, piuttosto che a quella più appropriata della Vigilanza, prefigurando o condividendo una sorta di sillogismo “savianesco”: io interpreto la volontà di Paolo Borsellino di parlare di mafia in tutti i mezzi di comunicazione di massa “ergo” chi mi cancella dagli schermi della TV del servizio pubblico esercita un potere politico mafioso.
Opportuno il richiamo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, reso durante la cerimonia della consegna del ventaglio, sulla necessità ed obbligo costituzionale che ciascuno, Parlamento, Governo, Magistratura e Stampa, faccia “il proprio mestiere”.
Come dire che la dialettica fra i poteri dello Stato non proceda sui binari dello scontro e che le facoltà e libertà di critica dei media non si traducano in propaganda. Perché, gli operatoti della Stampa libera ed indipendente non hanno bisogno di lavorare sugli spifferi o di ricorrere a sillogismi per rendere un’informazione di qualità.