Tre episodi hanno mantenuto viva l’attenzione degli italiani negli ultimi giorni.
Il primo è quello della nave “Sea Watch” di una ONG olandese con a bordo 47 migranti africani dispersi in mare e raccolti dinanzi alle coste libiche, rimasta per undici giorni in balia delle onde e per otto giorni ferma davanti al porto di Siracusa con il divieto di sbarco imposto dal Ministro degli interni Matteo Salvini il quale, dopo un lungo braccio di ferro con la Comunità europea, solo dopo che cinque paesi hanno acconsentito ad accogliere i migranti, ha autorizzato lo sbarco nel porto di Catania dove la nave è appena giunta “liberarsi” di quel carico umano sofferente che verrà poi diviso tra Germania, Francia, Portogallo, Romania e Malta.
Non ho simpatia per Matteo Salvini, il quale costantemente si vanta di aver ottenuto successi che non sono farina del suo sacco, perché frutto della politica del precedente governo Gentiloni e dell’allora Ministro Minniti; è solo un buon comunicatore che parla alla pancia dei suoi sostenitori e sa farsi propaganda elettorale sulla pelle di tanti poveri disgraziati, attraverso i quali ricatta l’UE, la quale dal suo canto non fa nulla per farsi amare.
Il secondo è il drammatico episodio di Cardito dove la mattina di domenica 27 gennaio scorso un giovane italiano di origini tunisine ha ammazzato di botte un bambino di sette anni e ha ferito gravemente la sorellina di otto anni, figli della sua compagna avuti da un precedente matrimonio e che è rimasta impassibile di fronte a tanta feroce violenza; i bambini sarebbero stati colpevoli di aver danneggiato un lettino acquistato pochi giorni prima e per questo sono stati massacrati.
L’assassino reo confesso dell’omicidio di Giuseppe, e aguzzino della sorellina Noemi, è Tony Essobdi Bedr, un venditore ambulante di 24 anni di nazionalità italiana, nato in Italia da padre tunisino e madre italiana che su Facebook si spacciava come un ottimo padre, ma scriveva anche “Vivo la vita come se fosse l’ultimo giorno: carpe diem”. Anni addietro era stato tolto alla madre con problemi di alcolismo, e, secondo le testimonianze dei vicini, non aveva mai dato problemi, la sua famiglia era perfettamente integrata nel territorio e nessuno avrebbe mai immaginato che avesse potuto compiere azioni di tale crudeltà.
La madre dei due bambini, compagna dell’assassino, ha assistito inattiva alla violenza; non ha assunto nessuna iniziativa a difesa degli stessi né ha allertato i soccorsi che probabilmente avrebbero potuto salvare anche il maschietto che, al sopraggiungere delle ambulanze, chiamate dopo ore, oramai giaceva già morto. E’ stato un miracolo che si sia salvata la sorellina di otto anni sulle condizioni della quale il Primario del Pronto soccorso dell’ospedale ha detto: “Lavoro in pronto soccorso pediatrico da trent’anni e credevo di averle viste tutte ma quello che ho visto ieri rappresenta la scena più raccapricciante a cui ho mai assistito”.
Il terzo episodio riguarda il processo per l’omicidio di Marco Vannini da parte di Antonio Ciontoli, che all’epoca scosse l’opinione pubblica perché il ventenne Vannini venne ammazzato con un colpo di pistola esploso dal suocero Ciontoli; l’omicidio avvenne il 15 maggio 2015 a Ladipspoli, nella villa del Ciontoli il quale se ne addossò la responsabilità, e che in primo grado venne condannato alla pena di 14 anni di carcere per omicidio volontario. Ma il 29 gennaio la Corte di appello del Tribunale di Roma ha ribaltato la sentenza riducendo la pena a soli 5 anni.
Il notevole ridimensionamento della pena in relazione alle circostanze dell’assassinio ha lasciato sconcertato tutto il paese che si è stretto intorno ai familiari del giovane che hanno urlato nell’aula la loro rabbia contro gli otto membri della corte. “Non può valere 5 anni la vita di mio figlio” ha urlato mamma Marina durante la lettura della sentenza,
Il dolore della madre e il disappunto di tutti i familiari del giovane sono stati condivisi da tutta l’opinione pubblica anche in relazione al fatto che l’omicida fece del tutto per depistare i soccorsi nonostante il giovane gravemente ferito urlasse per il dolore e supplicasse di essere salvato, urla che persino alla centrale del 118 erano giunte ma che l’omicida fece del tutto per minimizzare, addirittura giungendo ad annullare la prima chiamata nel mentre lui e i familiari si davano da fare per ripulire il sangue.
Ovviamente tutti attendono la pubblicazione della sentenza per rendersi conto dei motivi in base ai quali la Corte di appello ha ridotto notevolmente la pena, ma ciò che ha lasciato ancora più sconcertati coloro che hanno assistito alla lettura della sentenza è stato l’atteggiamento del Presidente della corte il quale, alla grida di disappunto della madre del giovane ammazzato, ha minacciato di farla processare per il reato di oltraggio: tutti hanno assistito alla minaccia anche i telespettatori nel corso della trasmissione televisiva “Chi l’ha visto” di mercoledì 30 gennaio condotta da una attonita Federica Sciarelli.
Ma ciò che ha colpito il pubblico è stata anche l’umanità mostrata dalle forze dell’ordine, in questo caso i Carabinieri, il cui compito, è notorio, è quello di mantenere la calma in aula e allontanare coloro che si agitano; ma anch’essi sembravano imbarazzati di fronte alle urla di quella mamma, che hanno cercato di contenere con estrema delicatezza.
Alla vista di queste cose mi chiedo se esistano ancora in questo paese sentimenti di umanità, comprensione, tolleranza, oppure se essi siano diventati solo termini oramai obsoleti
Mi chiedo se esiste ancora la “pietà”, la latina “pietas”, cioè quel sentimento che porta amore, compassione e rispetto per gli altri, che per i nostri antenati era non son solo devozione religiosa per gli dei, o per l’unico Dio, o il sentimento di patriottismo, o il rispetto per la famiglia, ma anche il senso di tolleranza e di comprensione verso gli altri; quella “pietas” che si rispecchia nel sentimento di misericordia che la nostra religione predica e chiede di praticare a chi si professa cattolico e cristiano e che sembra una grazia che Dio concede a chi crede in Lui.
Qualche giorno fa Papa Francesco a Panama, alla fine di una celebrazione religiosa, mentre percorreva con la “papamobile” l’affollato percorso del rientro, ha intravisto il cartello di una vecchina sul quale era scritto: “Ho 99 anni, sono cieca. Solo se mi abbracci conserverò anch’io un ricordo della tua presenza”.
Papa Francesco ha fatto fermare la macchina, è sceso, a piedi si è avvicinato alla vecchina, l’ha abbracciata e l’ha baciata.
Per il caso del bimbo ammazzato a Cardito, il Primario del Pronto soccorso dell’Ospedale dove è ricoverata è rimasto esterrefatto nel constatare le condizioni in cui è stata ridotta la sorellina massacrata di botte ma fortunatamente viva.
Questi due episodi mi riportano al titolo di queste mie considerazioni, aiutandomi nella risposta; fino a quando ci sarà un potente che si commuove dinanzi ad una vecchia o un Primario, abituato a vedere ferite di tutti i generi, che rimane addolorato dinanzi una bimba massacrata da un familiare, ritengo di poter affermare che, almeno qui da noi, le briciole dei sentimento di pietà e di umanità esistono ancora, pure se vi sono persone come Salvini e compagnia che fanno il possibile per cancellarlo definitivamente dai nostri cuori.
Ma dobbiamo essere sempre più presenti in questa società per contrastare, col nostro comportamento e le nostre testimonianze, coloro il cui cuore è divenuto come quello di Reinhard Heydrich, il potente gerarca nazista responsabile della ideazione e organizzazione della deportazione e dello sterminio di milioni di esseri umani, non solo ebrei, denominato “cuore di ferro” per la freddezza con la quale pianificava avvenimenti tanto crudeli, come è stato ricordato anche in un recentissimo film in circolazione.
Abbiamo ricordato qualche giorno fa gli orrori della shoah, abbiamo riascoltato le testimonianze di tanti che si sono salvati dalla morte, abbiamo letto le testimonianze di tanti che hanno lasciato tracce scritte di quegli orrori, ci siamo convinti che quegli avvenimenti non sono iniziati con le retate di ebrei, polacchi, o zingari, ma quando abbiamo girato la faccia dall’altra parte fingendo di non vedere e non sentire.
Se abbiamo maturato questa coscienza, non giriamo nuovamente ora la faccia dall’altra parte, non cediamo ai ricatti delle redivive illusioni del sovranismo, dell’uomo forte al comando, dell’ordine a qualsiasi costo; non imbocchiamo il sentiero che porta verso una nuova dittatura mascherata con proclami “prima gli italiani”, “costruiamo muri”, “chiudiamo le frontiere”, ”padroni in casa nostra”: non sono sentieri che conducono ad altre strade, ma solo vicoli ciechi.
Non ci lasciamo suggestionare dalla visione del “Vangelo” sventolato dal Salvini di turno, e dai maglioncini della Polizia o dei Vigili del fuoco che indossa questo giullare impenitente.
Occorre che tutti noi facciamo la “periodica manutenzione della nostra umanità”, come ha detto nella trasmissione “L’aria che tira” su La.7 del 31 gennaio Ascanio Celestini.