Liberi di perdere, uguali nella sconfitta
A Roma è nata ieri la nuova sinistra. Si chiamerà «Liberi e uguali» la lista che unisce tre formazioni politiche, ovvero Mpd, Sinistra Italiana e Possibile, rispettivamente guidate da Roberto Speranza, Nicola Fratoianni e Pippo Civati. L’ex sindaco di Milano Pisapia è fuori e va con Renzi.
La domanda sorge spontanea, ma adesso a sinistra c’è davvero motivo di festeggiare? Dipende dai punti di vista, ma l’impressione è che abbiano qualche motivo di far festa più che altro nel centrodestra. Berlusconi, che avrà molti difetti e non poche colpe, ha il pregio della chiarezza e della sintesi: la sinistra si è fatta fuori da sola. Difficile dargli torto. Se lo dice lui che dovrebbe trarre profitto da ciò e che già fin d’ora è stato politicamente resuscitato e beneficiato dagli errori della sinistra, perché mai non dovremmo credergli?
Sia chiaro, è comprensibile e legittima l’aspirazione di quanti guardano a questa nuova entità politica, portatrice di una nuova proposta, per “offrire una nuova casa a chi non si sente rappresentato”.
Ciò non toglie che alcune delle cose sentite e scritte ieri da alcuni dei leader di «Liberi e uguali» lasciano a dir poco perplessi.
“La sinistra ha ora il dovere di contendere il futuro del Paese alla destra fascista, al M5S e al Pd” ha scritto in un twitt Fratoianni. Comprensibile il proposito, ma possibile mai che tutti gli altri partiti e movimenti, nessuno escluso, vanno messi politicamente nello stesso calderone, o meglio nel girone degli infetti, dei paria, degli intoccabili? E con quali realistici numeri si vuole contendere a chicchessia il futuro? Sembra più che altro il ragionamento di un folle piuttosto che quello di un leader cui affidare le sorti del Paese.
E ancora Fratoianni: “La destra si è lanciata nella costruzione di una rivoluzione liberista ma ha concimato il terreno su cui oggi crescono i fascisti”. Che bello, non c’è che dire, bell’armamentario ideologico del tempo che fu, rispolverando slogan che sanno di naftalina. Peccato che mai come adesso, a chi lavora in fabbrica, a chi studia, a chi fa parte di quel che rimane del ceto medio, interessa altro: meno tasse, più lavoro, un futuro per i loro figli, più danaro da spendere, più sicurezza, più stabilità. Insomma, cose concrete e non i fantasmi di un passato morto e sepolto che una sinistra rissosa e parolaia rischia davvero di far tornare in vita.
Il più pretenzioso, però, è stato Pippo Civati: “Il nostro progetto non è solo mettere insieme la sinistra, che è un’impresa titanica mai riuscita, il nostro progetto è cambiare l’Italia, la sua politica, i suoi rapporti di potere”. Anche questo un bel proposito, un sogno, peccato però che non faccia i conti con la realtà, quella dei numeri e delle alleanze politiche ed elettorali necessarie per governare e tentare di cambiare il Paese.
La verità, tuttavia, la dice proprio Civati, nel senso di dispiegare la vera ragione che ha determinato la nascita di «Liberi e uguali»: “Renzi e Berlusconi sono facce della stessa medaglia, sono l’uno il Crozza dell’altro. Le cose che Berlusconi promette, Renzi le realizza…”.
In conclusione, le premesse del suicidio elettorale la sinistra le ha poste tutte. E non è da escludere, anzi, è assai probabile, che gli italiani si convinceranno alle prossime elezioni politiche che forse l’unico voto utile sarà quello di non votare la sinistra sia quella rappresentata dal Pd che quella di «Liberi e uguali».
Insomma, liberi di perdere, uguali nella sconfitta.