Leggi e chiacchiere
Chi non ricorda il Premier Giuseppe Conte che, all’inizio di quest’anno, nonostante le quotidiane diatribe dei suoi due vice, spargeva miele a palate sulla tenuta del governo, sul radioso futuro, sulla fiducia che godeva la suo compagine; il 1° febbraio profetizzava su Rai 2 “Ci sono tutte le premesse per un bellissimo 2019 e per gli anni a venire. L’Italia ha un programma di ripresa incredibile. C’è tanto entusiasmo e tanta fiducia da parte dei cittadini e c’è tanta determinazione da parte del governo”. “Andiamo tutti d’accordo; non litighiamo. Noi ci confrontiamo. Non ci sono motivi di divergenza, assolutamente”, aggiungeva con riferimento ai rapporti con Di Maio e Salvini.
Tutti sanno com’è finita: crisi di governo in pieno agosto, la corsa a formare una nuova compagine con il PD, il varo del governo M5S – PD, l’affanno per la messa a punto della nuova manovra, ancora in corso.
Evidentemente l’anno bellissimo lo intravedeva solo il Premier Conte il quale per quattordici mesi ha tribolato con Di Maio e Salvini, ma comunque ha fatto l’esperienza che prima non aveva, tanto da venire poi premiato con il secondo incarico.
Tutto sommato, nonostante la pochezza della politica attuale, tra lui, Zingaretti, Di Maio e Renzi, quello più presente sullo scenario nazionale è proprio Conte: Zingaretti è alquanto defilato, Di Maio non è da meno, Renzi appare e scompare come una meteora e ogni volta che ricompare ci fa incavolare sempre di più.
Alla fine rimane solo Conte, ogni giorno presente sui vari scenari, la crisi dell’ex Ilva, l’alluvione di Venezia, le tempeste e le nevicate, e così, pure tra le ambasce della nuova legge di bilancio che sembra stentare a partire, fa la trottola affidandosi, per la stessa, alla ostentata sicurezza di Roberto Gualtieri, attuale Ministro dell’Economia e delle Finanze, che sembra bene addestrato a fare da calmiere.
E la “manovra che guarda al futuro”, come si affannano a dire Conte e Gualtieri, sembra che lo sia veramente, ma certamente non nel senso che essi fanno intendere, in quanto è proprio sul futuro che essa si basa, rinviando l’entrata in vigore dei vari provvedimenti… proprio agli anni futuri.
Infatti, il taglio del cosiddetto “cuneo fiscale” è rinviato a luglio prossimo; il “super ticket sulle visite specialistiche” verrà abolito ma solo tra un anno; l’introduzione dell’obbligo di pagare con bancomat e carta di credito per spese di oltre 100.euro oltre mille auro diventerà operativo solo nel 2022; scatteranno le manette per i grandi evasori, ma non si sa quando; e via dicendo.
E pure le preoccupazioni per il futuro dei giovani sono ben presenti, infatti è previsto un tavolo di lavoro tra governo e sindacati per la riforma del sistema previdenziale che terrà particolarmente presenti le esigenze delle classi giovanili; come dice la Ministra del Lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo “si studieranno misure di pensionamento flessibile che possano sostituire in maniera strutturale le attuali forme sperimentali di uscita anticipata…”.
Insomma, politichese puro, tutto precario, tutto rinviato al futuro, tutto nella mente di Dio, e facendo un patto con non si sa chi per rimanere al governo almeno per i prossimi tre o quattro anni in quanto, tra controverse opinioni dei vari leader e con la lentezza del sistema, in meno tempo si potrà fare solo un “fico secco”.
La verità è che quest’anno la manovra è appesantita in parte da tre handicap: necessità di bloccare l’aumento dell’Iva (23.miliardi) e la impossibilità di bloccare di modificare le due misure di bandiera del precedente governo, utili solo elettoralmente, e cioè il “reddito di cittadinanza” e la “quota 100”, che hanno ricadute costose nel 2020 e negli anni a venire. Il “reddito di cittadinanza” è un guazzabuglio di norme che avrebbero dovuto accompagnare per circa tre anni i senza lavoro verso uno sbocco lavorativo, grazie agli oramai famosi “navigator” che però non sono ancora entrati in funzione, e circa un anno è già trascorso, e in presenza di una stagnazione economica, che potrebbe portarci ad una recessione, non si vede dove potrebbero essere collocati. La “quota 100” invece costerà all’Inps, e quindi alle finanze statali, 20.miliardi per avvantaggiare solo 150/200 mila privilegiati.
Parte dell’attuale maggioranza avrebbe voluto rimettere questi due provvedimenti in discussione, ma il gruppo 5Stelle si è messo, ovviamente, di traverso perché non avrebbe potuto rinnegarle avendole imposte, unitamente alla Lega, solo lo scorso anno.
Qualche risparmio l’attuale governo lo ha realizzato, ad esempio minori interessi sul debito pubblico per effetto del ridotto spread tra i nostri bond e quelli tedeschi, ma non è certo con la riduzione dello spread che si risolvono i grossi problemi economici dell’Italia.
In sostanza, occorrerebbero dai trenta ai trentacinque miliardi per attuare subito quello che la riforma prevedrebbe: il condizionale è obbligatorio in quanto quello sul tavolo è solo un progetto che dovrà passare sotto la tagliola dei due rami del parlamento, e se, come è previsto, subirà modifiche nelle aule, due soli passaggi sono una pura illusione, i tempi si allungheranno, e giacché la proposta di manovra è già stata completata con notevole ritardo (la scadenza era fissata per il 20 ottobre), rischia di giungere con affanno alla fine dell’anno, e dovranno essere fatti i salti mortali per evitare l’esercizio provvisorio.
Ma c’è pure un’altra incognita che come un macigno pesa su questo governo già in bilico, perché non si sa cosa potrà accadere per la preparazione delle elezioni regionali del prossimo gennaio nell’Emilia Romagna in considerazione della circostanza che il capo politico del M5S, dopo la batosta elettorale avuta in Umbria, ancora non assorbita, potrebbe decidere di non allearsi con il PD, attuale partner di governo, che pure ha subito un bel KO. Cosa farebbe il M5S ancora non si capisce: correrebbe da solo? col rischio di avere una ennesima batosta elettorale. O cos’altro?
Intanto, la campagna elettorale delle prossime elezioni in Emilia-Romagna è già partita, con toni accesi, a Bologna che ha duramente contestato la Lega e Salvini, il che farebbe sperare bene per i partiti di sinistra, a meno che proprio la contestazione di Bologna non dovesse produrre l’effetto opposto di portare consensi proprio a Salvini, il che rimetterebbe in gioco tutto, e comunque non gioverebbe minimamente al M5S né al PD.
Ma a gennaio 2020 si terranno anche le elezioni regionali in Calabria, delle quali adesso non si parla, ma che pure potrebbero avere il loro peso: la Calabria non è l’Emilia Rossa che Salvini vuole conquistare, comunque prima o poi dovrà pure prepararsi alla competizione.
Orbene, se questo è il bellissimo 2019 preannunciato da Conte, non c’è da stare sereni; ognuno ha le sue preferenze, probabilmente Conte si accontenta, ma il paese è comunque in sofferenza e siamo tutti preoccupati.
Probabilmente sarebbe auspicabile, dopo l’approvazione della legge di bilancio, di tornare al voto, pure se proprio non sarebbe questo il momento di una crisi, in quanto sono aperti dossier importanti, uno fra tutti l’ex Ilva, per i quali sono in ballo decine di migliaia di posti di lavoro: cosa accadrebbe se il governo cadesse e si andasse al voto? che fine farebbero i dipendenti dell’Ilva, della Whirlpool, e delle tante imprese in bilico?
Questi sono i problemi più pressanti per i quali nessuno è in condizione di ipotizzare una soluzione.
18.11.2019 – By Nino Maiorino – C’è un refuso tipografico derivante dal mio testo; col copia/incolla queste cose purtroppo succedono.
La frase “…spese di oltre 100.euro oltre mille auro…” deve essere corretta in “… SPESE OLTRE 1000.EURO…”.
Scusate. Grazie.