In tempi di incertezza come quelli che stiamo vivendo vincere, forse, non significa semplicemente vincere ma trovarsi di fronte a una serie di scenari complessi difficili da prevedere. Il vincitore, mai come oggi, ha una responsabilità fondamentale: quella di indicare la strada, il percorso migliore da seguire.
Per una serie di fattori strettamente connessi, gli scenari politici, economici e sociali con cui ci confrontiamo sono molto, molto, più complessi rispetto a quelli di dieci, venti, trenta anni fa. Si sono moltiplicate le variabili e le instabilità da tenere in considerazione, controllare, gestire.
Le recenti elezioni americane ci danno una misura di questa complessità attraverso una rapida lettura dei seguenti aspetti.
Innanzitutto, è emerso in modo abbastanza lampante che c’è bisogno di regole nuove per tempi nuovi e che nulla, per fortuna, rimane scritto e fermo per sempre. Per giorni siamo rimasti appesi a un filo.
Ora, aldilà del fatto che è del tutto normale trovarsi in una situazione in cui la differenza tra i candidati, in termini di voti, è molto risicata, non è normale che la prima potenza del mondo si sia trovata- per giorni – nella difficoltà di capire chi ha vinto realmente. Il sistema americano è tra i più complessi del mondo e, forse, è giunto il momento per poter mettere mano alle regole del gioco per renderle più adatte ai tempi che viviamo.
In secondo luogo, il sostegno che molti estremisti hanno offerto a Donald Trump è, forse, la conferma di un processo di progressiva estremizzazione della politica non solo americana ma mondiale. In molti contesti, infatti, da alcuni anni i partiti conservatori tendono ad attrarre le forzeche si trovano alle ali più estreme della scena politicaperché queste, per la loro proposta populista, hanno una forte capacità di raccolta voti soprattutto da parte delle fasce medio basse della popolazione; quelle che in questo momento stanno subendo le conseguenze più pesanti di questo periodo di incertezza e recessione.
In Italia lo abbiamo visto con gli episodi di violenza che si sono verificati all’inizio della seconda fase di lockdown.
Le fasce più deboli sono quelle più danneggiate e più inclini a essere trascinate nell’odio e nella rabbia. È qui che bisogna focalizzare l’attenzione per disinnescare tensioni sociali attraversol’inclusione e il rilanciodel senso di coesione e comunità.
In terzo luogo, in tanti, soprattutto gli animi democratici, quelli profondamente “radical chic”, hanno esultato e tuttora esultano per la vittoria del partito democratico americano. Come se tutto il mondo, e non solo una piccola – sebbene influentissima parte – venga governato da chi vince in USA.
Ci sono una serie di motivi che ci portano a essere realisti.
Anzitutto, l’età anagrafica del nuovo Presidente non consente di fare grandi previsioni su di un secondo mandato: essere il capo di una potenza mondiale richiede una prontezza di riflessi che, indipendentemente dall’esperienza, non è facile sostenere passati gli ottanta anni.
In secondo luogo, a livello più politico, la maggioranza che i democratici avranno nel Congresso sarà molto risicata, quindi, fatti salvi i casi di richiamo all’unità nazionale da parte delle forze politiche, sarà molto complicato per i democratici far passare e rendere operativi programmi e politiche ambizioso come quello sull’assistenza sanitaria ribattezza, post Obama, Bidencare. Sarà complicato ma non impossibile, ovviamente.
Inoltre, le recenti elezioni ci hanno fornito l’immagine di un paese spaccato anche e soprattutto a livello politico all’interno dei singoli partiti. Un partito democratico che ha faticato molto, moltissimo a individuare il suo candidato alla Presidenza, e un partito repubblicano incapace di trovare una leadership alternativa all’imprevedibile ma trascinante Donald Trump.
Sulla scena internazionale, è atteso un ritorno degli Stati Uniti al multilateralismo, alla ricerca di partnership e interlocuzioni con tutti i principali partner globali soprattutto in sede Nazioni Unite. Ma, nonostante i proclami della campagna elettorale, non è prevedibile, nel breve periodo una totale inversione di rotta rispetto alla politica della precedente amministrazione e, come detto in precedenza, il Presidente non avrà una maggioranza solida al Congresso tale da consentirgli il lancio e la leadership di programmi ambiziosi di impegno globale.
Ultimo aspetto, quello oggi più importante e l’unico per adesso a cui guardare con ottimismo è dato dal fatto che il Presidente Biden, come ha ribadito egli stesso, avrà due compiti fondamentali da portare a termine: lottare e vincere contro il Covid-19 e unire il popolo americano dopo anni di divisioni che hanno spaccato la nazione.
Anche noi, come gli americani e tutti gli altri, in questo momento abbiamo due nemici o, se vogliamo, uno solo con due facce: il covid-19 e la frammentazione ed emarginazione sociale che sono dietro l’angolo. Entrambi vanno affrontati con consapevolezza e responsabilità partendo da tre elementi:
primo: la consapevolezza che c’è qualcuno nel paese che lotta in prima linea al posto nostro e che, quindi, siamo privilegiati a rimanere a casa al sicuro;
secondo: la responsabilità di preservare la nostra salute e quella degli altri facendo attenzione alle regole di igiene e protezione prescritte dalle autorità sanitarie;
terzo: la consapevolezza che, in questo momento, c’è chi è danneggiato, pesantemente, dalle restrizioni e che quindi, nei limiti del possibile, va aiutato e supportato.
Andrà tutto bene, si. Ma soltanto se rimaniamo insieme e con i piedi per terra senza girare la faccia dall’altra parte.
Le elezioni americane e soprattutto le incognite che si aprono dicono chiaramente che non basta cambiare un presidente alla Casa Bianca per cambiare i problemi del mondo che sono molto più complessi della semplice dicotomia vinco / perdo.