L’attesa
Attese di eventi che non possiamo determinare. Forse dovremmo chiamarle speranze, e invece le chiamiamo attese, forse per convincere noi stessi che avranno felice esito
Non so se è successo anche a voi di mettere il timer del forno: un conto alla rovescia per evitare che si bruciasse l’ultimo esperimento culinario.
Quel ticchettio che accompagna scene di vita ordinaria, la routine. Alzarsi; il lavoro o la scuola; lo shopping diurno, quello che compare nei TG quando si parla di economia; preparare i pasti, che dura più del consumarli; rassettare; pigre serate in casa.
Quel ticchettio che ti ricorda di aspettare. Aspettiamo ospiti: si riordina, come minimo; se si mangia insieme, anche tavolo da allungare, piatti da tirar fuori dalla credenza…
Piacerebbe parlare del gran trambusto che precede(va) i matrimoni. Si deve mettere su casa: si va in giro per il mobilio. Sta per nascere un bambino: si deve approntare il corredino. Manca poco al diciottesimo compleanno: si va per negozi, cercando l’abito giusto per la festa.
E c’è una piccola verità che tutti conosciamo: qualunque cosa si stia facendo, si prende un passo diverso se siamo in attesa di qualcosa o qualcuno. Ma poi ci sono altre attese, attese indefinite, per le quali non si può fare un conto alla rovescia.
Attese di eventi che non possiamo determinare. Forse dovremmo chiamarle speranze, e invece le chiamiamo attese, forse per convincere noi stessi che avranno felice esito.
Fino a qualche decennio fa, come prototipo di una speranza il cui compimento sfugge al nostro controllo, avremmo citato l’attesa una nuova vita; nonostante tutti i progressi nel campo biomedico, ancora oggi non è cosa di cui disponiamo pienamente. E, dopo questa prima, ancora attese…. Cosa attendiamo o chi attendiamo?