Voglio commemorare la triste e dolorosa morte di Emmanuel, il povero nigeriano ucciso a Fermo da un energumeno, razzista, tale Amedeo Mancini, 38.enne ultrà di estrema destra, abituato a insultare i negri con lancio di noccioline, o apostrofandoli “sporco negro” o, rivolto alle donne, “sei una scimmia”: lo stesso fratello dell’assassino ha confermato che Amedeo Mancini era solito “divertirsi” così.
E a chi non gli stava bene, era pronto alla violenza.
D’altronde perché scandalizzarsi? A tale forma di divertimento sono avvezzi anche taluni politici (???) che non perdono occasione non solo di invocare chiusura di frontiere, respingimenti in mare, cannoneggiamenti di barconi stracolmi di profughi, ma anche di insultare perfino i loro colleghi che hanno il solo torto di avere la pelle scura; uno per tutti il senatore leghista on. Roberto Calderoli che il 13 luglio del 2013, nel corso di un comizio a Treviglio, definì un’altra donna africana, l’allora ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge, una scimmia.
L’on. Calderoli è anche Vice Presidente del Senato (sic!) e la “casta” ha negato per lui l’autorizzazione a procedere a seguito della querela porta dalla Kyenge: in quali mani sono cadute le nostre istituzioni!
Papa Francesco, nell’omelia di domenica 10 luglio, ha citato la parabola del “Buon Samaritano” concludendo: “Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti, i miei amici, i miei connazionali, quelli della mia stessa religione?”.
Non ha mai citato l’episodio di Fermo, ma il riferimento è chiarissimo: “quel migrante che volevano cacciare via – dice il Papa – è un esempio concreto di razzismo che allontana il prossimo, che separa”.
“Non devo catalogare gli altri – ha detto Francesco – per decidere chi è il mio prossimo e chi non lo è. Dipende da me essere o non essere il prossimo delle persone che hanno bisogno del mio aiuto. Fatti prossimo del fratello e della sorella che vedi in difficoltà”.
E ancora: “Fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento. Il baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri”. Il buon Samaritano è l’unico che “ebbe compassione dell’uomo a terra, gli si avvicinò, gli fasciò le ferite e si prese cura di lui”. Il buon Samaritano quindi è colui che “ha avuto compassione”.
“Fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento: mi viene in mente quella canzone ‘parole, parole, parole’…”, ha continuato. “E con il fare opere buone che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, che la nostra fede germoglia e porta frutto. Domandiamoci: la nostra fede è feconda? Produce opere buone? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto?”.
“Queste domande è bene farcele spesso – ha concluso il Pontefice – perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia; il Signore potrà dirci: ‘Ti ricordi quella volta, sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo mezzo morto ero io. Quel migrante che volevano cacciare via ero io. Quel nonno abbandonato ero io. Quel malato che nessuno va a trovare in ospedale ero io”.
Ma chi ascolta le parole del Vangelo, chi presta attenzione alle esortazioni del Papa, che son o quasi implorazioni?
Molti pensano che esse siano indirizzate ai cattolici, cristiani, credenti, ma non è così: questi già seguono, bene o male, il Vangelo, già sono orientati ad accogliere favorevolmente le esortazioni del Papa, non è ad essi che queste sono indirizzate, ma principalmente agli altri, a coloro che sono disposti a giustificare i razzisti, i violenti, i “burloni” alla Calderoli, purtroppo in buona compagnia.
Occorre un forte richiamo al senso di responsabilità di tutti, ma principalmente di coloro che rappresentano le istituzioni i quali, bene o male, sono un punto di riferimento per larga parte della popolazione.
Solo in tal modo, vale a dire ricostituendo il senso non dico dell’accoglienza, ma almeno della umanità e della tolleranza, potremo evitare in futuro altre simili tragedie, potremo sperare che tragedie come questa di Fermo non accadano più.
E’ un sogno, un’utopia?