Tutto sommato quel che sta accadendo nel M5S, per quanto prevedibile, non lo danneggia più di tanto, anzi, per certi aspetti, lo aiuta; da questo punto di vista non si può essere in disaccordo con quei pantastellati i quali, se da un lato promettono pulizia al proprio interno tra coloro che hanno fatto solo finta di restituire parte degli emolumenti incassati quali parlamentari, dall’altro giustamente fanno notare che ciò che è accaduto comunque evidenzia che il M5S è l’unico che ha avuto il coraggio e la buona volontà di autotassarsi e versare, nell’apposito fondo creato “ad hoc”, parte degli emolumenti parlamentari incassati per metterli a disposizione delle piccole imprese, come sembra sia avvenuto.
Qualcuno ha detto che Di Maio non poteva non sapere quanto è emerso: non è irrilevante in quanto se lo sapeva male ha fatto a girare la testa dall’altra parte, se non lo sapeva la dice lunga sull’affidabilità di un personaggio che si candida a governare l’Italia e che probabilmente non potrebbe nemmeno amministrare un Condominio, come sembra aver detto Piero Angela.
L’assunto che nel M5S vi fossero solo persone per bene è una baggianata che non vale la pena di commentare: non è che per diventare grillini ci si dovesse sottoporsi ad un esame pubblico di coscienza, né era prevedibile che tutti quelli che entravano nel M5S fossero tutti santi, asceti e filantropi in quanto, mai come per questo raggruppamento politico, molti hanno inteso entrare per “sistemarsi” giacché, da quel che si conosce, moltissimi erano solo “figli di famiglia”, nullafacenti e nullatenenti: forse non per colpa loro, in quanto la crisi delle occupazioni ha colpito tutti; ma molti di coloro che sono improvvisamente divenuti grillini l’hanno fatto per trovare una sistemazione che, per come sono fatte le vergognose norme che regolano i benefici presenti e futuri dei parlamentari italiani, è più che vantaggiosa. E pure il finto rimborso delle prebende parlamentari fa parte del gioco, peraltro semplice da fare, salvo poi ad essere scoperti perché qualche “Jena” ci mette lo zampino.
Il problema delle pecore nere grilline sta non solo nella carenza di controlli “a monte”, ma principalmente nella falsa democrazia della rete, attraverso la quale il popolo grillino designa, senza alcun controllo, i meritevoli di aspirare alle cariche pubbliche, salvo poi a scoprire che quelle “primarie virtuali” sono palesemente taroccate e, anche per questo motivo, del tutto inaffidabili.
In una democrazia trasparente e che vuole essere rispettata, chi si candida ad una certa carica, deve affrontare il pubblico degli elettori, farsi conoscere, spiegare chi è e cosa intende fare, e farsi accettare dagli elettori per poter poi partecipare alle elezioni.
Non risulta che alcun grillino, aspirante parlamentare o a cariche pubbliche, si sia sottoposto a tale democratico iter, da Di Maio in gù.
D’altronde, una organizzazione in mano a non si sa bene chi, che si inventa una democrazia web, già parte con l’idea che richiama il famoso detto del Marchese del Grillo “io so io e voi non siete un ca..o” da parte dello sconosciuto “Deus ex machina” per il quale è palese il disegno e l’interesse a “manovrare”.
Detto questo non posso non evidenziare una grandissima stupidaggine che i vertici del M5S vanno ripetendo, a cioè che i candidati alla prossime elezioni politiche del 4 marzo che si sono macchiati di qualcuna delle pecche e forzature evidenziate, si sono posti automaticamente non solo fuori del movimento (che ovviamente li può espellere) ma anche, qualora venissero eletti, fuori del Parlamento sia perché espulsi dal movimento, sia per aver sottoscritto davanti a un Notaio un impegno in tal senso, non si sa bene come e quando; un impegno del genere è incostituzionale e privo di qualsiasi fondamento logico, giacché, pure se assunto, non c’è garanzia che verrà rispettato.
In tal caso ci troveremo di fronte a un problema paradossale; un “mariuolo” grillino (per ricordare una famosissima frase Bettino Craxi del personaggio dal quale scaturì “tangentopoli”), potrebbe venire eletto e, pure se espulso dal movimento, sedere in Parlamento e, a meno che non si dimetterà spontaneamente, nessuno potrebbe cacciarlo né toccarlo.
E a questo punto scatta un’altra considerazione che bene esprime uno dei più popolari detti popolari partenopei: “ Cca nisciun è fesso ”, tante volte ripetuto dall’indimenticabile Totò.